Con 49 voti a favore e 36 contrari, la Knesset ha approvato ieri gli emendamenti alla legge sul “servizio uguale” che estenderanno al 2023 l’esenzione dalla coscrizione militare per gli “haredim”
di Roberto Prinzi
Roma, 24 novembre 2015, Nena News – Il parlamento israeliano (La Knesset) ha approvato ieri in seconda e terza lettura un emendamento alla legge del “servizio uguale” che ritarderà, almeno fino al 2023, l’ingresso obbligatorio nell’esercito degli ultraortodossi (haredim in ebraico). Le modifiche al alle legge varata nel 2014 sono passate con 49 voti a favore e 36 contrari. Non ha partecipato al voto la Lista Unita, il raggruppamento dei palestinesi d’Israele.
Le nuove disposizioni estenderanno il “periodo di aggiustamento” che era previsto nel testo precedente. Con tale formula si indica il lasso di tempo in cui un giovane ultraortodosso ha l’esenzione dal servizio militare. La versione originale della legge poneva come data limite il 2017, mentre la nuova bozza non solo allunga l’esonero al 2020, ma prevede anche un “secondo periodo di aggiustamento” che va dal 2020 al 2023. Ancora poco chiaro è cosa accadrà nel 2023 quando sarà terminata l’estensione. A quel punto gli scenari possibili potrebbero essere due: o il parlamento israeliano (la Knesset) deciderà di allungare ancora il “periodo di aggiustamento” o procederà ad applicare le sanzioni contro i trasgressori della legge. Queste punizioni verranno applicate sia ai giovani ultraortodossi che agli altri settori della popolazione chiamata a compiere il servizio di leva obbligatorio.
Con i nuovi provvedimenti, inoltre, scompariranno anche le pene che sarebbero scattate automaticamente per i disertori ultraortodossi. Se dovesse essere votato il testo emendato, infatti, le pene saranno comminate a discrezione del ministro della difesa. Immutate, invece, restano alcuni aspetti della “vecchia” legge: tra questi vi è la quota di reclutamento dei religiosi che deve aumentare anno per anno. Entro il 2020 saranno quasi 15.000 gli ultraortodossi che dovranno compiere il servizio militare.
A promuovere le modifiche è stata la ministra della giustizia Ayelet Shaked (Casa Ebraica) che si è avvalsa dei suggerimenti dei ministro della difesa Moshe Ya’alon e degli esponenti dei partiti ultra-ortodossi. Le nuove disposizioni hanno mandato su tutte le furie il partito centrista Yesh Atid (“C’è futuro”) che, allora al governo, aveva fatto della legge del “servizio uguale” un suo cavallo di battaglia durante la scorsa legislatura. “In una settimana con molti incidenti riguardanti la sicurezza, in un periodo in cui ci sono funerali e le persone vengono ricoverate in ospedale, la Knesset ha oggi votato contro i soldati dell’esercito di difesa d’Israele” ha tuonato il leader Yair Lapid. Critico anche l’ex ministro degli Esteri Avigdor Liberman che ha accusato il governo di “cedere” alle istanze ultraortodosse per ottenere un sostegno politico.
Alle critiche piovutegli addosso, il governo si è difeso: l’arruolamento della comunità ultraortodossa nell’esercito non può essere obbligatorio. Yoav Kisch del partito di governo Likud – che prima di essere eletto alla Knesset era un sostenitore della legge sul “servizio uguale” – ha detto la scorsa settimana che l’esecutivo non vuole “arruolare con la forza”. “Noi – ha spiegato Kisch – abbiamo bisogno di un processo [politico] e del dialogo”.
Gli ultraortodossi hanno storicamente goduto in Israele del diritto di essere esentati dal servizio militare per potersi dedicare agli studi religiosi. Secondo un rapporto della Commissione della Difesa e degli Affari Esteri, per cinquant’anni le esenzioni dall’esercito israeliano sono state prerogative del ministero della Difesa. Nel 1998, però, la situazione cambia: la Corte Suprema israeliana (Csi) decide che ogni esonero dall’esercito deve essere stabilito da una apposita legge sottoposta al giudizio del parlamento. Nasce così la “Legge Tal”, una misura ad interim della durata di cinque anni che permette agli studenti delle yeshiva (scuole religiose ebraiche) di non essere arruolati. La Corte Suprema ha una posizione ambigua: da un lato sostiene la nuova direttiva, dall’altro sottolinea come essa leda il principio di uguaglianza dei cittadini israeliani. Indifferente al parere di incostituzionalità espresso dal Csi, l’anno successivo la Knesset estende la “Legge Tal” per altri cinque anni fino al 2014 anno in cui subentra la già citata legge sul “servizio uguale” di Yesh Atid.
Gli emendamenti votati ieri rientravano negli accordi di coalizione che il premier Netanyahu e i partiti ultraortodossi avevano raggiunto durante le trattative di aprile per la formazione della nuovo coalizione governativa e prima del voto di bilancio della scorsa settimana. Il premier ha infatti una maggioranza risicata di 61 seggi (sui 120 complessivi della Knesset) ed è costretto pertanto a mediare costantemente con i suoi partner di coalizione pur di mantenere in piedi l’esecutivo. I tentativi in corso da mesi per allargare le fila del governo (si parla con insistenza dell’ingresso dei laburisti nell’esecutivo) devono essere letti avendo ben presente la forza ricattatoria che, attualmente, ciascun partito ha con il primo ministro. Netanyahu deve inoltre limitare la forza delle componenti oltranziste nazionaliste religiose ormai sempre più forti (come gli emendamenti passati ieri dimostrano). Questi, capeggiati da Casa Ebraica, si oppongono sia ad un compromesso con i palestinesi che ad un “Eretz Yisrael” troppo laico. Non i migliori alleati, dunque, per Bibi il quale, pur non discostandosi tanto politicamente da loro, non vuole (e può) arrivare alla rottura definitiva con Washington e Bruxelles. Nena News