Dopo l’interruzione a causa dell’epidemia da Covid-19, le piazze tornano a riempirsi. Il neo premier cerca di avvicinarsi al movimento, che però contesta la natura stessa della formazione del governo, già lottizzato dai partiti. Alta tensione a Bassora dopo l’uccisione di un ragazzo di 20 anni
di Chiara Cruciati
Roma, 12 maggio 2020, Nena News – Il Covid-19 aveva solo rallentato le proteste popolari in Iraq. Arrivata nel paese quando la mobilitazione era al suo apice, l’epidemia aveva costretto a ridurre i numeri nelle piazze: pur mantenendo i presidi a Baghdad, in piazza Tahrir, e nelle città meridionali, le manifestazioni si erano rarefatte e l’attenzione dei manifestanti si era concentrata su sostegno ai poveri e alla distribuzione di mascherine e gel disinfettante.
A smuovere le acque è stata la fiducia accordata dal parlamento, la scorsa settimana, a un nuovo governo guidato da Mustafa Khadimi. Fiducia che i partiti non hanno però concesso a una serie di ministri chiave dell’esecutivo, dagli Esteri alla Difesa, dal Petrolio alle Finanze, auto-attribuendosi il diritto di nominarli in base alla nota lottizzazione del potere iracheno.
Kadhimi ha provato a fare qualcosa ordinando la liberazione dei manifestanti arrestati in questi mesi di protesta totale, annunciando l’apertura di una vera inchiesta sulle violenze contro il movimento e risarcimenti per le famiglie delle vittime e promesso di pagare le pensioni e gli stipendi dei dipendenti pubblici nei prossimi giorni. Così nella stessa giornata di domenica, il Consiglio supremo della magistratura ha dato ordine di procedere con i rilasci sulla base dell’articolo 38 della costituzione che tutela il diritto di manifestare liberamente.
Ma le manifestazioni non cessano e tornano a occupare le piazze. Già domenica Baghdad e il sud erano stati teatro di cortei e tentativi di riprendersi i ponti sul fiume Tigri per ribadire le richieste del movimento, non un mero cambio al governo ma una destrutturazione del sistema di potere iracheno, basato su clientelismo, settarismo e corruzione. La mancata fiducia ai ministri di Kadhimi e la modifica della lista dei capi dei dicasteri per ben tre volte su ordine dei partiti politici gli hanno dato ragione e in piazza hanno chiesto le dimissioni del nuovo governo.
Di nuovo ieri a infiammarsi è stata Bassora, uno dei cuori della mobilitazione e non solo in questi mesi. Da anni Bassora, la città più ricca di petrolio dell’Iraq, manifesta con regolarità contro disoccupazione, mancanza di servizi e blackout elettrici, inconcepibili vista la presenza di importanti giacimenti petroliferi, gestiti però da compagnie straniere.
Qui si va oltre: non si chiedono solo le dimissioni di Kadhimi, ma anche quelle del governatore, Assad al-Eidani, e dei suoi vice, Mohamed al-Timimy e Dorgham al-Ajwadi. Eidani era stato nominato primo ministro lo scorso dicembre, dopo le dimissioni di Abdul Mahdi, ma era durato poco, nonostante avesse dietro di sé l’appoggio dei principali partiti sciiti, dalla Law Coalition dell’ex primo ministro al-Maliki alle milizie sciite riunite nell’alleanza Fatah.
بيان لمتظاهري البصرة يعلنون فيه إقالة محافظ البصرة “أسعد العيداني” ونائبه الاول “محمد التميمي” ونائبه الثاني “ضرغام الاجودي”….نقلا عن المربد pic.twitter.com/YPKyeHFtfi
— Adnan Awadh (@AdnanAwadh) May 10, 2020
A Eidani la piazza contesta l’incapacità di creare posti di lavoro, pagare gli stipendi, fornire servizi di base. E, soprattutto, di aver ordinato gli spari sulle manifestazioni che dal primo ottobre scorso hanno ucciso oltre 600 persone, per mano dell’esercito e delle milizie filo-iraniane. Domenica notte l’ultima vittima: una marcia verso il quartier generale di una milizia sciita, Thaa’r Allah, si è conclusa con un ucciso, un 20enne, dice Aly al-Bayat, della Iraqi Human Rights Commission.
La risposta di Kadhimi non si è fatta attendere. Nell’idea di dover conquistare il consenso della piazza, lunedì ha ordinato l’arresto dei miliziani responsabili dell’uccisione e questa è davvero una novità: in un tweet dall’account ufficiale del governo, è stato annunciato ieri il raid sulla sede di Thaa’r Allah a Bassora e la confisca di fucili e proiettili. In passato inchieste sulle violenze e gli abusi delle forze di sicurezza sono state promesse ma di arresti non ce ne sono mai stati.
Kadhimi mostra buona volontà, ma ai manifestanti non basta: chiunque ne sia il premier, non vogliono un governo figlio della spartizione del potere tra i partiti che hanno ridotto l’Iraq a un vassallo, a un paese corrotto la cui incapacità politica è stata dimostrata una volta di più dall’epidemia da Covid, impossibile da affrontare dopo lo smantellamento di un sistema sanitario, un tempo modello di efficienza, seguito alle sanzioni internazionali e alla guerra ma su cui nessun governo ha mai investito. Nena News