Dopo i massacri di lunedì sera a Baghdad e Muqdadiya, a pagare per gli attacchi dell’Isis sono le comunità sunnite: le milizie sciite incendiano moschee, case e negozi e giustiziano tre persone.
della redazione
Roma, 13 gennaio 2016, Nena News – Ha perso Tikrit, ha perso Kobane, ha perso Sinjar, ha perso Ramadi, ma l’Isis non arretra e porta avanti la sua politica di divisione in Iraq. Gli effetti si vedono in questi ultimi giorni: ai tre attacchi simultanei a Baghdad e Muqdadiya, nella provincia di Diyala, che hanno ucciso 50 persone in quartieri sciiti, le milizie sciite irachene hanno risposto vendicandosi contro la comunità sunnita.
Ieri a Diyala sette moschee sunnite sono state date alle fiamme, 36 negozi sunniti sono stati attaccati a est del paese, mentre con i megafoni i miliziani sciiti minacciavano i civili e imponevano loro di andarsene. Secondo media locali, avrebbero anche giustiziato tre persone dentro le loro case e fatto saltare in aria sette abitazioni nel distretto al-Asiri a Muqdadiya. Si tratterebbe di membri delle Forze di Mobilitazione Popolare, le Hashed Shaabi, strettamente legate all’Iran. Uno dei membri della milizia, intervistato dalla Bbc, ha parlato chiaramente di “punizione”.
Come se gli attacchi islamisti fossero imputabili alla minoranza sunnita, già discriminata e marginalizzata nel post-Saddam. In tal senso la strategia del sedicente califfato funziona, in un periodo in cui il governo di Baghdad tenta di ricucire le divisioni interne mettendo insieme soldati sciiti e volontari sunniti per combattere l’avanzata islamista. Nella provincia sunnita di Anbar, per la ripresa di Ramadi e l’attuale operazione su Fallujah, il premier al-Abadi ha voluto la partecipazione delle unità armate sunnite e tribali, inviando in seconda fila quelle milizie sciite che permisero di riprendere Tikrit ma che poi si macchiarono di odiosi abusi contro i civili.
Le autorità locali hanno dichiarato il coprifuoco martedì pomeriggio per impedire ulteriori violenze: “La provincia di Diyala ha assistito all’uccisione di innocenti da quando, la scorsa notte, le milizie sciite hanno preso il controllo di Muqdadiya – ha detto a Middle East Eye Omar al-Gharaqi, membro del consiglio provinciale – Stiamo cercando di mettere in sicurezza la zona dopo che case, negozi e moschee sono state bruciati”.
La rappresaglia sciita arriva dopo i massacri di lunedì sera: nella capitale gli islamisti hanno attaccato il centro commerciale al-Jawhara e un cafè nel quartiere sciita di al-Jadida, uccidendo 29 persone. Poco dopo a Muqdadiya ne massacrava altre 20 in un cafè frequentato da giovani. La dinamica degli attacchi mostra un’evoluzione della strategia militare dell’Isis: a Baghdad a compiere le stragi non è stata un’autobomba o un singolo kamikaze, ma almeno quattro miliziani che hanno aperto il fuoco sulla folla, preso ostaggi e fatto esplodere un’automobile.
Di certo a guadagnare terreno dagli scontri settari iracheni è proprio lo Stato Islamico che fin dall’inizio dell’occupazione dell’ovest del paese ha sfruttato il risentimento sunnita verso il governo centrale. A garantirne l’avanzata sono stati ex membri del partito Baath e ex soldati dell’esercito di Saddam Hussein che, pur non condividendo l’ideologia islamista, hanno visto nel “califfato”lo strumento per tornare al potere.
Lo sa bene Baghdad che cerca di porre fine alle frammentazioni interne ma con scarso successo, sia a causa dell’autorità guadagnata sul terreno dalle milizie sciite, che operano in maniera indipendente dall’esercito governativo, sia per la limitata partecipazione sunnita alle operazioni di controffensiva. Nena News