In piazza centinaia di laureati che hanno manifestato ieri contro la disoccupazione, la corruzione e la mancanza dei servizi. Per il governo, la colpa delle violenze è di un “gruppo di istigatori”. Il premier Abdul Mahdi, intanto, ammette: “Ci sono indicazioni che i raid che abbiamo subito ad agosto sono stati compiuti da Israele”
della redazione
Roma, 2 ottobre 2019, Nena News – Almeno una persona uccisa e oltre 200 feriti: è il bilancio delle proteste antigovernative che hanno avuto luogo ieri nelle principali città irachene. Alla testa dei cortei tanti giovani laureati che hanno protestato contro la disoccupazione, la corruzione e la mancanza di servizi. Per il governo la responsabilità delle violenze di ieri ricade interamente su un “gruppo d’istigatori” che hanno provocato il ferimento di 40 agenti. La situazione è stata particolarmente tesa a Baghdad dove la polizia ha sparato pallottole vere quando 3.000 dimostranti hanno provato ad attraversare il ponte che porta nella Zona verde, l’area fortificata della capitale dove sono presenti edifici governativi ed ambasciate straniere. Secondo le ricostruzioni ufficiali, le forze dell’ordine hanno usato granate stordenti e cannoni ad acqua nel tentativo di disperdere i manifestanti, ma di fronte alla determinazione di quest’ultimi a non indietreggiare avrebbero aperto il fuoco ferendone a decine.
Intervistato da al-Jazeera, Mustafa Saadoon, il direttore dell’Osservatorio iracheno per i diritti umani, ha accusato la polizia per “l’eccessivo uso di forza e di gas lacrimogeni contro i manifestanti che ha causato la morte di 3 persone e il ferimento di altre 250”. Il governo, invece, parla di una sola vittima nella città di Nassiria, 320 km a sud della capitale Baghdad.
Proteste simili – sebbene con un maggior numero di morti – si sono verificate anche lo scorso anno. A monte c’è l’incapacità del governo di rispondere alle esigenze dei cittadini: più posti di lavoro, elettricità e acqua potabile. Per migliaia di iracheni la colpa delle condizioni in cui versa il Paese ricade interamente sui politici. “Questo non è un governo, ma solo un ammasso di partiti e milizie che hanno distrutto l’Iraq” ha sintetizzato alla Reuters un manifestante che ha preferito restare anonimo. Tra i principali problemi che lacerano l’Iraq per molti cittadini c’è la corruzione del mondo politico: il clientelismo e l’ampio uso di tangenti impediscono allo stato iracheno di riprendersi dagli anni sanguinosi del settarismo, frutto avvelenato della “liberazione” degli Usa e dei suoi alleati occidentali nel 2003. Senza poi dimenticare gli effetti devastanti della recente guerra contro lo Stato Islamico, in particolar modo nella provincia nord occidentale dell’Al-anbar.
Nel corso del consueto vertice governativo settimanale, ieri il primo ministro Adel Abdul Mahdi ha provato a calmare gli anni promettendo nuovi posti di lavoro per i laureati. Ma sono dichiarazioni che lasciano il tempo che trovano perché il problema è strutturale: è il settarismo interno, amplificato dal fatto che ciascuna forza politica dipende da un suo protettore all’estero, a impedire qualunque uscita del Paese dall’impasse politica, sociale ed economica.
Ma a preoccupare l’Iraq sono anche le minacce esterne. In un’intervista messa in onda lunedì dalla tv qatariota al-Jazeera, il premier ha infatti puntato per la prima volta il dito contro Israele per i raid aerei avvenuti ad agosto contro le forze paramilitari sciite irachene sostenute dall’Iran (le Forze di mobilitazione popolare – Pmf). “Alcune indagini compiute dalle autorità irachene danno importanti indicazioni che Israele sia dietro a questi attacchi” ha detto Ablud Mahdi nel corso dell’intervista. Gli attacchi – che sarebbero i primi compiuti da Israele dal 1981, da quando cioè l’aviazione di Tel Aviv colpì un reattore nucleare costruito dall’allora presidente Saddam Hussein – sono stati compiuti con droni vicino al confine siriano e hanno preso di mira basi e depositi di armi delle Pmf causando la morte di 2 loro combattenti. Nena News