Il 12 maggio gli iracheni sono chiamati alle urne per le parlamentari. Lo Stato Islamico promette attacchi, mentre i partiti definiscono le alleanze. Ma gli ostacoli rimangono: nella quasi totale assenza di ricostruzione fisica e politica, l’Iraq resta spaccato tra identità etniche e confessionali
della redazione
Roma, 23 aprile 2018, Nena News – A venti giorni dalle elezioni parlamentari irachene a farsi sentire è lo Stato Islamico. Dato per sconfitto a dicembre dal primo ministro al-Abadi, ma ancora protagonista di attentati nel paese, in un messaggio audio del portavoce Abu al-Hassan al-Muhajer, recapitato ieri sera, ha minacciato attacchi contro i seggi.
“Vi avvertiamo, voi sunniti dell’Iraq, che queste persone (gli sciiti) stanno prendendo il potere. I seggi saranno un target per noi, per cui stategli lontano. Chiunque partecipi alle elezioni, candidati o elettori, sono infedeli e devono morire”. Una minaccia diretta a elettori e urne che di certo non aiuta un processo già destabilizzato dall’interno: nonostante gli annunci di vittoria sullo Stato Islamico, l’Iraq non è uscito dalla guerra e non è stato ricostruito né fisicamente né politicamente e socialmente.
Le zone liberate, alcune da anni, come Ramadi, Fallujah e Sinjar, non hanno visto piani di ricostruzione. Gli sfollati restano tali – due milioni e mezzo di persone, difficile dunque che possano votare – e campagne serie di pacificazione interna, politica, non sono state lanciate. Eppure si va alle urne, tentativo di ricucire gli strappi senza un effettivo lavoro alla base di ricostruzione dell’identità irachena, spezzettata su linee etniche e confessionali.
Si voterà il 12 maggio prossimo: 24,5 milioni di aventi diritto al voto – di cui quasi 300mila sfollati che sono stati registrati – dovranno eleggere i 329 membri del Consiglio dei Rappresentanti, che a loro volta nomineranno presidente e primo ministro. A fine dicembre, quando si è chiusa la registrazione dei candidati, 6.982 di cui 2.014 donne, si sono registrati 204 partiti; l’11 gennaio sono state annunciate 27 coalizioni.
La coalizione al governo al momento, la State of Law, si è spaccata e si presenterà con due candidati e due liste diverse: da una parte l’Alleanza della Vittoria dell’attuale primo ministro, Haider al-Abadi, e all’altra il suo predecessore e oggi vice presidente, Nouri al-Maliki. Correranno anche le Hashd al-Shaabi, le unità di mobilitazione popolare, ovvero le milizie sciite che hanno combattuto accanto all’esercito regolare lo Stato Islamico conquistandosi enorme potere militare e politico: l’organizzazione Badr (legate a doppio filo all’Iran), le Kata’ib Hezbollah, le Kata’ib al-Imam Ali e le Asa’ib Ahl al-Haq, si presenteranno con la coalizione Fatah Alliance, l’Alleanza della Conquista, uscita a dicembre da quella di governo.
Nell’alleanza Fatah sono entrati anche alcuni membri della Citizen Alliance, terzo blocco parlamentare al momento, dopo che a luglio il suo leader, Ammar al-Hakim, aveva annunciato l’uscita dal partito sciita Islamic Supreme Council of Iraq, e la creazione di un movimento non islamico, National Wisdom Movement. Un atto anti-confessionale simile al percorso che da anni il leader religioso sciita Moqtada al-Sadr sta portando avanti nel tentativo di ergersi a figura nazionale e non settaria: al-Sadr si presenterà alle elezioni del 12 maggio con l’alleanza dei Rivoluzionari per le Riforme, coalizione a cui aderisce anche il Partito Comunista iracheno.
Frammentato il fronte curdo, soprattutto a seguito della scomparsa di Jalal Talabani, lo scorso anno, il leader storico del Puk, secondo partito del Kurdistan iracheno: i due partiti di governo, Puk e Kdp, correrranno insieme. Dal Puk è uscito l’ex premier di Erbil, Barham Salih, che ha fondato una nuova formazione, la Coalizione per la Democrazia e la Giustizia in cui tenta di fare entrare il partito di opposizione Goran.
Tra i sunniti si ripresenta Muttahidoon, da cui è uscito il Partito Islamico iracheno dell’attuale presidente del parlamento Salim Jabouri che ha dato vita all’alleanza al-Wataniya. Dalla società civile invece emerge la coalizione Civilized Alliance, di cui fanno parte formazioni liberali, non settarie e indipendenti. Nena News