La stampa iraniana reagisce in maniera diversa all’intesa sul nucleare siglata la scorsa settimana a Losanna: a monte lo scontro ideologico tra pragmatici, che vorrebbero difendere gli interessi più ampi del paese, e “principalisti”, che invece privilegiano gli interessi della filosofia rivoluzionaria di governo.

Il ministro degli Esteri iraniano Mohammad Javad Zarif accolto a Teheran dopo il ritorno da Losanna (Foto: AP/Ebrahim Noroozi)
Articolo ed analisi: Giuseppe Provenzano
Traduzioni materiali: Carmen Urselli
Roma, 9 aprile 2015, Nena News – I media iraniani reagiscono con un giorno o due di ritardo all’intesa epocale di Giovedì Santo tra il sestetto diplomatico (che venga chiamato 5+1 o E3+3 poco importa) e l’Iran a causa delle festività per il nuovo anno persiano, il Nowruz. In virtù di questo intervallo temporale, è il ritorno trionfale del Ministro degli Affari Esteri Javad Zarif all’indomani dell’accordo ad essere sulle copertine della maggior parte dei giornali come su quelle di Ebtekar, Jomhurry-e Eslami e Qanun.
Le manifestazioni di massa in Iran sono un argomento sensibile. Sebbene la Repubblica Islamica sia stata fondata sulla scia di proteste di piazza, negli ultimi anni il cambio di clima ha reso lo stato sempre più cauto nei confronti di grandi assembramenti pubblici, specialmente dopo le manifestazioni del 2009 di quello che venne definito il Movimento Verde.
La restrizione dello spazio pubblico ha fatto sì che si riuniscano grandi numeri di persone solo in alcuni momenti non sanzionabili come sovversivi come valvola di sfogo, ad esempio come in occasione dell’elezione di Rohani, del lutto per un cantante pop e, in questo caso, per il raggiungimento di una intesa politica per l’accordo nucleare. In questo contesto i grandi festeggiamenti avvenuti la notte dell’annuncio di Losanna sono da leggere come momento di sollievo collettivo e di speranza riguardo al futuro, alle sanzioni ma soprattutto riguardo a un possibile riposizionamento dell’Iran nella regione e nel mondo.
Non sfugge a nessuno degli attori interni che il grande dibattito sui negoziati sia collegato alla possibilità di apertura dell’Iran al mondo esterno rispetto a un suo isolamento strategico di preservazione culturale. Bivio che si ripete nello scontro ideologico tra pragmatici, che vorrebbero difendere gli interessi più ampi del paese, e “principalisti” (nota 1), che invece privilegiano gli interessi della filosofia rivoluzionaria di governo, una dicotomia efficacemente stilizzata da Kissinger come la scelta che l’Iran debba compiere tra essere una nazione oppure una causa.
È interessante come invece questo scontro non si riproduca nel dibattito nucleare, dove tutti i principali attori iraniani hanno investito un significativo capitale politico e dove i pragmatici continuano a sostenere di poter far conciliare l’interesse della nazione con quello della causa, permettendo al paese di preservare i propri interessi esteri con il proprio orgoglio nazionale. Non vi è dunque da stupirsi se gran parte della legittimazione dell’attuale governo Rohani sia legato al successo di questi negoziati viste le premesse e se l’effervescente panorama dei media iraniani si schieri ed esprima il proprio contrastante parere riguardo la riuscita della prima parte del negoziato nucleare, la cosiddetta “intesa politica.”
Il moderato e più istituzionale Ettela’at, sottolinea come l’accordo garantisca secondo Zarif il proseguimento del programma nucleare mentre, secondo il capo negoziatore Araghchi, il punto più importante dell’intesa è lo status di “ufficialità” raggiunto dal programma nucleare. Viene citato un discorso del presidente Rohani che nota come le negoziazioni nucleari siano il primo passo per le interazioni costruttive con il mondo e allo stesso tempo ringrazia il Leader Supremo, Ayatollah Khamenei, per i “preziosi consigli” offerti durante le trattative, schermandosi in questo modo dalle critiche dei conservatori tradizionalmente vicini a quest’ultimo.
Il giornale sottolinea come il presidente Obama abbia riconosciuto il diritto dell’Iran all’energia nucleare. Il punto non è secondario in quanto la precedente amministrazione di Ahmadinejad aveva fatto suo cavallo di battaglia i “diritti nucleari” dell’Iran, concentrando su questo argomento lo scontro tra il paese e Stati Uniti e Unione Europea. Sottolineare questo riconoscimento è quindi un modo di indicare il successo della linea governativa rispetto ai passati fallimenti.
Shargh, importante giornale dell’ala riformista, celebra l’accordo e dedica spazio e rilevanza al discorso di annuncio di Rohani. In questo discorso viene dichiarato come il governo voglia “la fine delle ostilità” dicendo che “una delle promesse fatte dal governo alla gente è che le centrifughe possano girare insieme con la vita della gente. Il funzionamento delle centrifughe ha valore per la nazione solo se anche l’economia è in grado di funzionare.” Un perseguimento, cioè, sia del benessere sociale ed economico dei cittadini iraniani sia della difesa dei “diritti nucleari” del paese. Rohani ha dunque riaffermato come “questa tecnologia [nucleare] non sarà contro nessuna nazione, né della regione, né del mondo. Oggi il mondo ha opportunamente riconosciuto che l’Iran persegue semplicemente i propri scopi pacifici.”
È interessante notare come la difesa pubblica del team di negoziazione da parte dell’Ayatollah Khamenei (che li ha definiti “figli della nazione iraniana”) abbia costretto l’ala estrema conservatrice a un atteggiamento più moderato nei confronti dei negoziati, limitandosi a criticarne gli esiti e a rimanere scettici sulla buona fede altrui. È facile pensare che in mancanza di tale schermatura non mancherebbero le accuse di essere traditori della nazione e quinte colonne delle potenze straniere.
Tra gli oppositori dell’attuale politica di distensione nei confronti dell’Occidente spicca il quotidiano Kayhan. L’editorialista principale del giornale, Hossein Shariatmadari, è stato grande sostenitore del governo Ahmadinejad ed è considerato vicino al Leader Supremo. In maniera critica, il giornale interpreta l’accordo in prima pagina scrivendo “il nucleare se ne va, le sanzioni restano”.
Un articolo analizza in grande dettaglio e polemicamente le discrepanze tra gli annunci del Ministro degli Affari Esteri Zarif e il sunto per il pubblico rilasciato dal governo americano, notando inoltre come l’accordo includa “punti oscuri, sollevi molte preoccupazioni e interrogativi relativi alla natura e al risultato di questo negoziato; sembra inoltre che si sia andati oltre molte linee rosse (ndr le linee rosse sono i limiti invalicabili negoziali indicati dal leader supremo).” Nonostante quindi Zarif abbia dichiarato che le soluzioni trovate siano win-win, “la conclusione che si profila è che ciò che l’Occidente ha ottenuto nel corso di questo negoziato è chiaro, limpido, numerabile e vincolante; al contrario ciò che noi abbiamo ottenuto è piuttosto oscuro e passibile di interpretazione.”
Anche le prime pagine degli altri giornali iraniani si dividono secondo queste linee principali: Ebtekar titola “gli iraniani felici e speranzosi celebrano il ritorno vittorioso del team nucleare” e che secondo Zarif “nessuno dei nostri impianti nucleari sarà dismesso”. Per E’temad “la diplomazia ha riso!”, mostrando una foto di Zarif che sorride al ritorno da Losanna. Iran invece cita in prima pagina Rohani che ringrazia il popolo iraniano per il suo supporto, annunciando che sarà un giorno che resterà nella memoria di tutti.
Vatan-e Emruz, testata conservatrice, insiste invece sul tema del cosiddetto cattivo accordo, replicando a specchio l’atteggiamento dell’opposizione repubblicana negli Stati Uniti e di Netanyahu, sottolineando come vi sia una “evidente mancanza di equilibrio” nelle concessioni e nei traguardi raggiunti dall’Iran.
Lo spettro politico e le sue tensioni si riproducono quindi nella reazione iraniana agli accordi, il bilancio sembra tuttavia essere quello di una risposta tutto sommato positiva all’intesa. Se qualche grossa opposizione bloccherà l’ultima fase, sembrerebbe improbabile che possa venire dall’Iran. Nena News
Note:
1. Il Principalismo è una corrente conservatrice della politica iraniana che si basa sulla fedeltà ai principi fondanti della Repubblica Islamica, primo fra tutti il principio della “tutela del giurisperito” alla base della teocrazia istituzionale.