Più di 59 milioni di iraniani sono chiamati oggi al voto: il gran favorito è l’ultraconservatore Raisi dato per vincente al primo turno. Ma a trionfare dovrebbe essere soprattutto il “partito” dell’astensione
della redazione
Roma, 18 giugno 2021, Nena News – Urne aperte oggi in Iran dove oltre 59 milioni di persone (su una popolazione complessiva di 83 milioni) sono chiamati ad eleggere l’ottavo presidente della Repubblica islamica. I seggi (scuole, moschee ed edifici statali) sono circa 72.000 e saranno aperti fino alle 2 della notte di sabato: il prolungamento è stato scelto per evitare rischi di assembramenti in un Paese già duramente colpito dal Covid. A votare saranno anche gli iraniani residenti all’estero. I risultati sono attesi nella giornata di sabato e saranno convalidati dal Consiglio dei Guardiani. Verrà eletto al primo turno il candidato che otterrà la maggioranza assoluta delle preferenze altrimenti si terrà un ballottaggio il prossimo 25 giugno tra i due aspiranti presidenti più votati.
Oltre al presidente, dalle urne saranno scelti anche i nuovi membri dei consigli comunali, alcuni deputati per seggi rimasti vacanti e sei membri all’Assemblea degli Esperti che nomina la Guida suprema.
I candidati rimasti in lizza sono solo tre. Tra i 592 aspiranti presidenti, infatti, il Consiglio dei Guardiani ne ha selezionati alla fine solo 7, ma alla vigilia del voto 4 si sono ritirati. Secondo i commentatori e sondaggi, il grande favorito è l’ultraconservatore Ebrahim Raisi, capo della magistratura e soprattutto l’uomo della Guida Suprema Khamenei. Raisi – le ultime rilevazioni lo danno al 64% – è direttore della ricca fondazione religiosa di Mashhad e ha un curriculum non immacolato in quanto fu colui che firmò la condanna a morte di migliaia di oppositori politici nel 1988 al termine della guerra contro l’Iraq. Raisi, inoltre, fu anche responsabile di tante impiccagioni negli anni novanta. Il suo principale rivale è il moderato Abdolnaser Hemmati, il governatore della Banca Centrale.
Secondo la maggior parte dei commentatori, qualora Raisi non dovesse vincere al primo turno, potrebbe rischiare di perdere le elezioni perché i riformatori, che hanno chiesto al momento al loro elettorato di astenersi dal voto, potrebbero sostenere al ballottaggio Hemmati. Ma a vincere dovrebbe essere soprattutto il “partito” dell’astensione. Gli iraniani sono stanchi dei loro leader politici: pesano la corruzione, l’incapacità nel governare il Paese, la crisi economica, l’inflazione giunta al 50% a causa delle sanzioni internazionali volute dall’ex presidente Usa Donald Trump. Senza dimenticare poi la repressione del dissenso che non lascia molti margini di cambiamento. L’affluenza potrebbe essere minore addirittura a quello delle legislative dello scorso anno quando si presentò ai seggi solo il 42% degli aventi diritto. Un numero nettamente inferiore a quello delle ultime presidenziali del 2017 quando l’affluenza fu del 73%.
Il grande vantaggio di Rais e del mondo ultraconservatore iraniano è dovuto in gran parte alla scelta statunitense di ritirarsi dall’accordo sul nucleare. L’intesa era stata il successo politico dell’uscente presidente moderato Rouhani. Ma il ritiro di Washington (sotto l’amministrazione Trump) dai patti sul nucleare ha dato un duro colpo alle voci riformiste iraniane, rafforzando quelle conservatrici che sin dall’inizio avevano chiesto di non firmare alcun patto con il grande “Satana”. La mossa di Trump è stata così letta loro in Iran come l’ennesima conferma che non bisogna fidarsi dell’Occidente. Una posizione condivisa da molti in Iran: basti pensare al successo schiacciante dei conservatori alle parlamentari del 2020 e che potrebbe essere bissato nelle prossime ore. Anche perché anche la nuova amministrazione americana guidata da Biden e l’Unione Europea hanno fatto finora poco o niente per non permettere che Teheran finisse nelle mani degli ultraconservatori. La sudditanza di Bruxelles nei confronti dell’alleanza atlantica è stata palese: l’Europa è infatti venuta meno al rispetto dell’accordo sul nucleare. E così a perdere è stato soprattutto il popolo iraniano sempre più impoverito e dilaniato da una dura crisi economica che la pandemia da Covid 19 ha soltanto peggiorato. A pagare il costo più alto delle mosse occidentali è stata la classe media e quella dei giovani istruiti, cioè le voci che chiedono da anni un cambiamento nel loro Paese. Nena News