Intervista a Muhanned Qafesha, commentatore sportivo palestinese e attivista dei diritti umani con YAS di Hebron: “La Federazione ha preso una decisione azzardata, ora si esprima al più presto”
di Giovanni Vigna
Roma, 11 maggio 2017, Nena News – Muhanned Qafesha, 24 anni, commentatore della tv sportiva palestinese, laureato in giornalismo all’Università di Hebron, non riesce ad accettare la scelta della Fifa, la federazione internazionale del calcio, di rimandare la decisione sulle squadre israeliane che hanno sede negli insediamenti illegali dei Territori Occupati.
Dalle sue parole traspare un sentimento di rabbia e frustrazione. Emozioni condivise da tanti suoi connazionali. “Credo – afferma Qafesha – che la Fifa abbia preso una decisione molto azzardata. Ci vuole molto coraggio a sostenere una posizione di questo tipo: la Federazione Calcio Palestinese ha fornito numerose prove riguardo alle violazioni commesse da Israele contro il mondo dello sport palestinese. Devono esprimersi al più presto sulla questione delle squadre israeliane che si trovano nelle colonie perché ogni giorno che passa aumentano le sofferenze degli sportivi palestinesi”.
La mozione, sulla quale doveva esprimersi la Fifa, era finalizzata, secondo gli oltre 170 club palestinesi che l’hanno sottoscritta, a ottenere la sospensione della Federazione Calcio Israele per violazione del regolamento, che prevede l’esclusione delle squadre che si sono registrate e giocano all’interno del territorio di altre associazioni calcistiche.
Alcune settimane fa il movimento Bds (Boicottaggio Disinvestimento Sanzioni) ha lanciato a livello internazionale la campagna #RedCardIsrael per spingere la Federazione Calcio Israele a escludere le squadre che hanno sede nelle colonie e per convincere la Fifa a prendere provvedimenti contro la stessa federazione israeliana qualora si rifiuti di collaborare. Tuttavia le pressioni del governo israeliano hanno convinto i dirigenti della Fifa a sospendere il giudizio sulla mozione palestinese.
Ma la lotta degli attivisti non si ferma. Qafesha, membro dell’organizzazione Youth Against Settlements (Giovani contro gli Insediamenti), appoggia l’iniziativa organizzata dal movimento Bds: “È una campagna molto importante e credo che tutti i gruppi che si occupano di solidarietà debbano essere coinvolti in questo progetto. Le forze militari israeliane hanno commesso tante violazioni contro gli sportivi palestinesi, all’interno dei nostri impianti. È ora che Israele finisca di compiere questi crimini”.
Secondo Qafesha, sarebbe importante che la Fifa prendesse una posizione chiara contro i team che si trovano nelle colonie costruite sulla terra dei palestinesi. “Questa non è solo la mia opinione, è ciò che dovrebbe essere fatto per rispettare le norme internazionali”, sottolinea il giornalista.
Qafesha punta il dito contro la federazione israeliana che “sta facendo del suo meglio affinché non venga presa alcuna decisione. Gli israeliani lavorano assiduamente perché la Fifa blocchi la mozione palestinese, per consentire alle squadre delle colonie di continuare a giocare nella lega israeliana. Israele ha inviato numerose lettere alla Fifa e ad altre associazioni calcistiche in tutto il mondo per convincerle a seguire la propria linea”.
I palestinesi vogliono che le leggi internazionali vengano applicate nella vita quotidiana. E anche nello sport. Chiedono che Israele ponga fine agli insediamenti, dichiarati illegali dal diritto internazionale. I coloni, spiega Qafesha, stanno combattendo una battaglia perché non vogliono che le loro squadre di calcio vengano escluse. “Le posizioni all’interno dell’opinione pubblica israeliana sono variegate: c’è chi appoggia i coloni, chi li contrasta e altri che non ne vogliono parlare”, osserva il commentatore.
Un’eventuale decisione della Fifa contro le squadre israeliane che si trovano negli insediamenti illegali potrebbe aiutare la causa palestinese? “Una decisione di questo tipo – risponde Qafesha –certamente contribuirebbe a consolidare la tesi secondo la quale anche Israele deve sottostare alle norme internazionali. Ciò avrebbe l’effetto di diminuire le violazioni. Lo sport offre ai palestinesi la possibilità di viaggiare liberamente e giocare partire di calcio negli stadi senza avere la paura di essere colpiti dai gas lacrimogeni sparati dai soldati israeliani”.
Qafesha lavora come commentatore per la tv sportiva palestinese, che appartiene alla federazione calcistica locale da quattro anni. Di recente si è laureato all’Università di Hebron con una tesi sul giornalismo. Fa parte del gruppo media e comunicazione dell’organizzazione Youth Against Settlements e dirige i tour politici e storici organizzati a Hebron.
Partecipa in Palestina a conferenze sul tema dell’occupazione israeliana e su come essa colpisce i palestinesi e la loro vita. Insegna inglese ai giovani palestinesi e arabo agli attivisti internazionali. Periodicamente tiene degli incontri in Europa per parlare della situazione in Palestina e nella sua città.
In base alla sua esperienza Qafesha è convinto che esista un forte collegamento tra lo sport e i diritti umani. Attraverso lo sport è possibile aiutare la gente che non ha diritti a inviare un messaggio al mondo e a urlare la propria sofferenza. “Come palestinesi – ricorda il giornalista – di recente abbiamo attirato l’attenzione della comunità internazionale grazie ai risultati che le nostre squadre di calcio e pallacanestro hanno raggiunto nelle coppe asiatiche. Molti quotidiani in tutto il mondo ne hanno parlato. Grazie allo sport, in definitiva, è possibile difendere e promuovere i diritti umani”. Nena News