In un tweet di qualche giorno fa il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha ringraziato una serie di paesi che stanno sostenendo Israele nella sua guerra contro i palestinesi. Commettendo però un errore
di Marco Siragusa
Roma, 22 maggio 2021, Nena News – Qualche giorno fa, il premier israeliano Netanyahu ha pubblicato un tweet (https://twitter.com/netanyahu/status/1393691936192712707) dal suo account ufficiale in cui ringraziava venticinque paesi per il sostegno ricevuto e per il riconoscimento al “diritto all’autodifesa” di Israele. Tra questi anche alcuni paesi dei Balcani come Slovenia, Albania, Macedonia del Nord e Bosnia Erzegovina.
Il riferimento alla Bosnia, però, ha creato subito imbarazzo e polemiche. Come è noto infatti, la Bosnia riconosce già dal 1992 lo Stato palestinese e le posizioni dei tre rappresentanti della presidenza bosniaca verso Israele sono diverse tra loro. Da un lato i bosgnacchi (bosniaci musulmani) più vicini alla causa palestinese e fortemente critici verso le azioni compiute da Israele, dall’altro croati e serbi che hanno mostrato in maniera palese la loro vicinanza allo Stato ebraico.
Il presidente bosgnacco Sefik Dzaferovic ha subito reagito al tweet di Netanyahu dichiarando che “la Bosnia-Erzegovina non sostiene l’uccisione di civili innocenti a Gaza” chiedendo al premier israeliano di interrompere immediatamente le operazioni militari e lavorare per una pace tra i due popoli. Una presa di posizione ben distante dal supporto sbandierato da Netanyahu e confermata anche dalla vice presidente del Consiglio dei Ministri e Ministro degli Affari Esteri Bisera Turkovic. Proprio Sarajevo era stata una delle prime città a mostrare solidarietà e vicinanza alla Palestina illuminando la Vijecnica, il monumento simbolo della capitale e sede della biblioteca nazionale e del governo cittadino, con i colori della bandiera palestinese. A questo aveva fatto seguito una piccola manifestazione per le vie del centro, organizzata però dal gruppo “Fede, Popolo, Stato” di ispirazione islamista. Vicinanza al popolo palestinese è stata espressa anche dal leader del partito multietnico di sinistra BOSS, Mirnes Ajanovic, che ha ricordato come in Palestina si stiano compiendo crimini contro l’umanità come già successo in Bosnia negli anni Novanta.
Un’enorme bandiera palestinese è stata fatta sventolare anche nel famosissimo Ponte Vecchio di Mostar dopo che il sindaco Mario Kordić si era rifiutato di illuminarlo come fatto con la Vijecnica a Sarajevo. A indurre in errore Netanyahu sono state probabilmente le azioni di sostegno a Israele compiute dai rappresentanti degli altri due gruppi etnici, croati e serbi. Nelle vicinanze di Mostar è apparso uno striscione con l’hashtag #UnitedAgainstTerrorism e le bandiere dell’Herceg-Bosna, area a maggioranza croata, e Israele.
Pieno sostegno a Israele è giunto anche dalla Republika Srpska (RS), l’entità a maggioranza serba della Bosnia. La notte del 14 maggio, la sede governativa di Banja Luka e le mura della città vecchia di Trebinje sono state anch’esse illuminate ma questa volta con i colori della bandiera israeliana. Il presidente serbo Milorad Dodik, noto fervente nazionalista, ha espresso pieno sostegno a Israele sottolineando come la vera causa del conflitto sia l’esistenza di Hamas, dichiarata organizzazione terroristica a livello globale. Non contento si è spinto a sostenere, in piena linea con la sua idea di costruire Stati etnicamente omogenei, che “ovunque ci sia un tocco di civiltà diverse, in termini di fede e religione, quello è sempre un luogo di attrito, ed è solo una questione di tempo e si accenderà una scintilla, che diventerà una torcia”.
Netanyahu ha quindi considerato irrilevante l’opposizione del membro bosgnacco alle azioni militari del suo governo e ha deciso comunque di inserire la bandiera della Bosnia nel suo tweet. L’altra ipotesi è che il premier israeliano abbia confuso la bandiera bosniaca con quella del Kosovo che ha recentemente riconosciuto Gerusalemme come capitale dello Stato d’Israele in cambio del riconoscimento della sua indipendenza come previsto dall’accordo firmato a Washington nel settembre 2020. In entrambi i casi questo episodio mostra come Israele stia tentando in tutti i modi di silenziare il sostegno internazionale in favore della causa palestinese che, nei Balcani come nel resto del mondo, viene espresso più dalle società civili che dai governi.
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