In questi giorni il paese sta affrontando una doppia crisi: da un lato la diffusione del coronavirus che ha già provocato la prima vittima, dall’altra la caduta del governo di Albin Kurti dopo neppure due mesi di vita
di Marco Siragusa
Roma, 28 marzo 2020, Nena News – Mentre i governi di buona parte del mondo sono alle prese con l’emergenza coronavirus e con lo studio di misure efficaci per limitarne la diffusione, in Kosovo il partito della Lega Democratica del Kosovo (Ldk) guidato da Isa Mustafa ha deciso di far cadere l’esecutivo di cui faceva parte.
Nato lo scorso 3 febbraio dopo lunghe trattative, il governo guidato da Albin Kurti del partito nazionalista di sinistra Vetevendosje (Vv) ha ricevuto mercoledì sera il voto di sfiducia del parlamento con 82 favorevoli e 32 contrari. Alla base del conflitto tra gli alleati vi sono due questioni principali. La prima, quella scatenante e la più politicamente rilevante, è relativa al ritiro dei dazi nei confronti delle merci provenienti dalla Serbia e dalla Bosnia-Erzegovina intodotte nel novembre 2018.
L’ormai ex primo ministro Kurti era intenzionato ad attuare un ritiro graduale delle imposizioni mentre l’Ldk, totalmente appiattito sulla posizione degli Stati Uniti, sosteneva una loro completa e immediata cancellazione. Una linea sostenuta anche dal presidente della Repubblica Hashim Thaci del Partito Democratico del Kosovo (Pdk), da sempre nemico di Kurti.
La seconda questione, presa a pretesto per la fine dell’alleanza, ha riguardato il sostegno espresso dal ministro dell’Interno Agim Veliu, appartenente all’Ldk, alla proposta di Thaci di dichiarare lo stato di emergenza a causa del coronavirus. La dichiarazione di emergenza permette al presidente della Repubblica di esercitare poteri più ampi rispetto a quelli previsti, limitando di fatto quelli del primo ministro. Thaci si è spinto addirittura a suggerire ai cittadini kosovari, in una conferenza stampa convocata ad hoc, di non rispettare il coprifuoco imposto dal governo tacciando di incostituzionalità le nuove misure. Lo scorso 18 marzo, subito dopo il licenziamento del ministro Veliu, il leader della Ldk Mustafa ha comunicato la fine definitiva dell’esperienza di governo.
L’irresponsabilità di alcune forze politiche, capaci di dare vita a una crisi nel pieno dell’emergenza coronavirus, ha provocato la reazione dei cittadini. Impossibilitati a uscire di casa per via delle limitazioni imposte dalle autorità, si è presto diffusa una forma di protesta nuova: quella dai balconi. Sin dal giorno successivo all’inizio della crisi di governo, dalla pagina Facebook “Replike” è stata lanciata l’idea di una settimana di proteste, soprannominate proprio “Protesta sul balcone”, contro tutta la classe politica. Così, fino al 25 marzo, ogni giorno centinaia di cittadini kosovari si sono ritrovati affacciati ai propri balconi battendo pentole, in stile cacerolazo argentino.
La critica mossa da questo nuovo gruppo di protesta ha coinvolto tutti i partiti politici accusati di non concentrarsi sull’emergenza sanitaria ma sui classici giochi di potere. Al partito dell’ex premier Kurti veniva criticato l’aver fornito l’assist perfetto per la crisi con il licenziamento del ministro Veliu. Le accuse più forti erano però rivolte all’Ldk, ai partiti di opposizione e al presidente della Repubblica Thaci. Il partito guidato da Mustafa, veniva accusato di “turbare il governo per interessi di partito” in maniera completamente irrazionale e “mettendo in pericolo e spaventando i cittadini”. L’opposizione veniva invece criticata per il tentativo di fare campagna elettorale e di voler approfittare della confusione del governo per favorirne la caduta.
Infine, dure accuse venivano mosse anche alla proposta del presidente Thaci di dichiarare lo stato di emergenza. Per il movimento è infatti impensabile superare la crisi senza il coordinamento tra le due figure più importanti del sistema istituzionale kosovaro.
La protesta è stata sostenuta anche da alcune organizzazioni della società civile che in una lettera pubblicata il 24 marzo scrivevano: “Votare una mozione di sfiducia nei confronti del governo rischia di mettere il paese in una crisi politica e istituzionale e alimentare il malcontento civico, di cui ora il paese non ha bisogno”.
Purtroppo però, ancora una volta, gli interessi politici e le pressioni internazionali (nello specifico quelle statunitensi) hanno avuto il sopravvento sulla salute dei cittadini che si sono ritrovati a dover subire l’assurda situazione di una doppia crisi, politica e sanitaria. I politici kosovari hanno perso un’altra buona occasione per mostrarsi davvero responsabili e pronti a lavorare per il bene del paese, lasciando spazio a meri calcoli politici.
Per il futuro rimangono aperti tutti gli scenari: dal voto, da organizzare una volta passata l’emergenza coronavirus, ad un governo di coalizione tra l’Ldk e i partiti di opposizione (compreso il Pdk di Thaci), fino ad un governo di unità nazionale. Nena News