Dopo decenni di asservimento al potere, dalla Costituzione del 2010 il sistema giudiziario si è ritagliato la propria autonomia, costantemente messa in pericolo dal presidente. L’ultimo confronto in atto ha al centro i poteri del Jsc, l’ufficio che sceglie i giudici del paese
di Federica Iezzi
Roma, 26 giugno 2021, Nena News – Il conflitto latente tra il presidente kenyano Uhuru Kenyatta e la magistratura del paese riguardo la supremazia della Costituzione è detonato ancora una volta. Lo scontro è stato accelerato dal tentativo del presidente di usurpare i poteri del Judicial Service Commission (Jsc), imputato a scegliere giudici e ufficiali giudiziari da assegnare ai tribunali periferici distribuiti nel paese.
Negli ultimi due anni, rivendicando risultati negativi, collezionati dai servizi di intelligence, Kenyatta si è rifiutato di nominare formalmente le 41 persone selezionate dalla Jsc per ricoprire varie posizioni, tra cui quelle in Corte d’Appello. Ciò è in netto contrasto con la Costituzione, che non concede alcuna discrezionalità in materia, appoggiata inoltre da numerose sentenze del tribunale. Il presidente ha in parte ottemperato, assegnando 34 posizioni, ma continuando a bloccarne altre.
La condotta di Kenyatta è stata duramente condannata da gruppi della società civile, parlamentari e persino dall’ex capo della giustizia, Willy Mutunga. Ma non è la prima volta che Kenyatta si scontra con la magistratura la quale, soprattutto dopo la promulgazione della Costituzione 11 anni fa, è diventata molto più decisa nel pretendere il rispetto della legge da parte della classe politica.
Per gran parte della storia del Kenya, l’indipendenza giudiziaria è stata un mito. In epoca coloniale, i giudici mancavano di autonomia. Come ha osservato lo stesso Mutunga, i giudici erano essenzialmente un servizio civile, legato all’amministrazione coloniale. Sebbene all’indipendenza nel 1963, la Costituzione proteggesse i giudici, isolandoli deliberatamente dal potere esecutivo, non si è dimostrata all’altezza di strappare le abitudini radicate di sottomissione giudiziaria e tirannia esecutiva, cresciute sotto il colonialismo.
Nel corso dei successivi 47 anni, i tribunali non sono stati solo in silenzio, ma apparentemente complici volontari mentre la classe politica ha demolito tutte le garanzie e le restrizioni costituzionali. La magistratura è diventata poco più di un dipartimento nell’ufficio del procuratore generale, gravemente sottofinanziato e con insufficiente personale. L’apice di negatività per la magistratura kenyana è arrivato durante la disputa sulle elezioni presidenziali del 2007, quando la mancanza di fiducia nella sua indipendenza ha visto l’opposizione protestare nelle piazze. Le manifestazioni provocarono la morte di oltre 1300 persone, lo sfollamento di centinaia di migliaia e il quasi collasso del paese. All’indomani delle violenze, una magistratura indipendente era una priorità assoluta per i riformatori, che da oltre 25 anni si battevano per la riforma costituzionale e giudiziaria.
Per molti versi, la Costituzione emanata nel 2010 è stata un azzeramento di quella promulgata all’indipendenza e ha annullato molti degli emendamenti rovinosi che la classe politica aveva inflitto ai kenyani. La Costituzione indipendentista fallì in gran parte perché fu imposta dagli inglesi, la classe politica kenyana che l’aveva ricevuta non la supportava e, dopo quasi un secolo di repressione coloniale, erano poche le istituzioni esistenti in grado di difenderla.
Al contrario, la Costituzione del 2010 è stata il prodotto di decenni di lotte locali, ampie consultazioni nazionali e un esercito di attivisti della società civile, avvocati e comuni cittadini disposti a difenderla. Liberata dalle catene dell’esecutivo, la magistratura sta rapidamente affermando il proprio ruolo di garante del governo costituzionale.
Nel complesso, la magistratura ha guadagnato una certa fiducia nel popolo kenyano, abbattendo, in numerose occasioni, la legislazione che violava la Costituzione. Senza dubbio, il culmine è arrivato con l’annullamento delle elezioni presidenziali nel 2007.
Nonostante abbia alla fine guadagnato il suo secondo mandato, Kenyatta ha continuato la sua guerra alla magistratura e alla Costituzione, collaborando con il suo ex rivale, Raila Odinga, per lanciare l’iniziativa Building Bridges, un tentativo sottilmente mascherato di tornare indietro nel tempo modificando la Costituzione per creare nuovamente un esecutivo onnipotente. L’iniziativa è sfociata in un disegno di legge con la proposta di diverse modifiche costituzionali. Nena News
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