L’allontanamento di Pechino dallo sviluppo delle infrastrutture in Africa potrebbe essere il cambiamento più significativo per quel riguarda il suo impegno nel continente. Resta però in crescita la finanza commerciale: qui i cinesi hanno raddoppiato il loro impegno, sostenendo le esportazioni di prodotti e servizi africani, con l’obiettivo di aumentarne il valore aggiunto
di Federica Iezzi
Roma, 5 febbraio 2022, Nena News – L’ottava edizione del Forum sulla cooperazione Cina-Africa (FOCAC) dello scorso novembre, ospitato nella capitale del Senegal, Dakar, ha toccato temi sempre più caldi come commercio e investimenti. Sorprendente è stata la richiesta del ministro degli esteri senegalese, Aïssata Tall Sall, di coinvolgere la Cina nel conflitto del Sahel.
Proposta tanto allettante quanto pericolosa per la Cina. Ridurre il conflitto in corso potrebbe elevare il gioco della pace e della sicurezza della Cina in Africa a un nuovo livello. Ma potrebbe anche finire bloccato in un conflitto fangoso senza fine in vista.
La continua emarginazione di alcuni gruppi, elementi criminali transnazionali e la rapida ascesa di movimenti estremisti islamici, alimentano il conflitto in corso.
L’Unione Africana, così come gli stati del Sahel e le potenze straniere, hanno lottato per più di un decennio per il controllo della regione. La Francia è intervenuta nel 2013 con l’Opération Serval, cui è succeduta nel 2014 una missione più ampia di 5.100 soldati denominata Barkhane. Dall’altro lato, gli Stati Uniti hanno fornito un’assistenza di sicurezza sostanziale nell’ambito del loro strumento di politica antiterrorismo transahariano, inteso ad aiutare i Paesi del Sahel ad affrontare le minacce terroristiche interne.
Secondo l’International Crisis Group, la militarizzazione del Sahel appare molto difficile da frenare oggi, poiché accanto a ideali jihadisti sono sorti gruppi di autodifesa civile. Ciò è aggravato dalla crisi di governo nella regione, evidenziata dalla rimozione del presidente maliano Ibrahim Boubacar Keita, dopo settimane di proteste antigovernative, e dal successivo ulteriore allontanamento dei leader civili, dalla morte del capo di stato del Ciad Idriss Déby Itno, impegnato in prima linea contro i ribelli.
Pechino ha spesso criticato l’intervento militare come forma di imperialismo e ha dichiarato la sua preferenza per iniziative politiche regionali e mediazione, come armi per risolvere il conflitto civile. La Cina manca di esperienza militare in Africa e le sue capacità di spedizione all’estero sono deboli, da qui l’attenzione sulle operazioni di mantenimento della pace. Il Financial Times ha lamentato la riduzione quantitativa degli impegni finanziari della Cina da 60 miliardi di dollari nel 2018 a 40 quest’anno. Tuttavia, sono i cambiamenti qualitativi che sollevano interrogativi più grandi – la Cina sembra lasciare l’Africa dopo due decenni di impegno solido e sempre crescente.
Sebbene il cambiamento sia reale, resta da vedere se si tratta di un cambiamento tattico a breve termine o di un riorientamento strategico a lungo termine.
La Cina sta visibilmente ridimensionando le attività pianificate in Africa. Per l’assistenza agricola, il clima e l’ambiente, la salute, la pace e la sicurezza e la promozione commerciale, il numero di progetti per ciascuna categoria è sceso da 50 progetti nel 2018 a 10 progetti quest’anno. Sono diminuite anche le opportunità di istruzione e formazione, da 50.000 borse di studio governative e 50.000 opportunità di formazione proposte nel 2018, oggi i seminari formativi sono stati ridotti ad appena 10.000.
Infine, l’allontanamento della Cina dallo sviluppo delle infrastrutture in Africa, potrebbe essere il cambiamento più significativo dell’impegno cinese nel continente. L’unica categoria in crescita resta la finanza commerciale. Pechino ha raddoppiato il suo impegno, sostenendo le esportazioni di prodotti e servizi africani, con l’obiettivo di aumentarne il valore aggiunto.
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