Nel 2011 il Paese diventava indipendente. Da allora corruzione, conflitti, crisi umanitaria e accordi politici mai concretizzati hanno messo in ginocchio 12 milioni di persone. Un altro “successo” della diplomazia americana
di Federica Iezzi
Roma, 10 luglio 2021, Nena News – Un feroce conflitto, che ha ucciso almeno 400mila civili, segna il decimo anniversario per il Sud Sudan dall’ottenimento dell’indipendenza. Una radicata corruzione, una crisi umanitaria in peggioramento e fragili accordi di pace incorniciano il Paese. Vanificate le imponenti speranze del 2011, dopo il voto schiacciante per la secessione, che avrebbero dovuto liberare il Paese da decenni di guerra con il Sudan.
Il Sud Sudan oggi ospita circa 12 milioni di persone, provenienti da più di 60 gruppi etnici, le cui culture, religioni e lingue sono distinte dal governo arabo islamico del Sudan.
Il giorno dell’indipendenza del Sud Sudan ha rappresentato uno dei più grandi successi della diplomazia americana in Africa, fortemente sostenuta dai cristiani evangelici, offrendo un raro esempio di cooperazione bipartisan. Oggi, il Sud Sudan è diventato un simbolo dell’arroganza e dell’esagerazione americana, il grande successo politico frantumato di fronte alla violenza e alla paralisi amministrativa.
Fin dall’inizio, con Salva Kiir, ex leader ribelle di etnia Dinka e primo presidente del Sud Sudan, era nota e visibile una pesante eredità di guerra e sottosviluppo. Il nuovo governo, con Riek Machar vice presidente di etnia Nuer, e composta da ex nemici politici e milizie, ha reso debole il processo di integrazione politico. La violenza genocida contro i civili di vari gruppi etnici è una delle principali questioni che ancora oggi affligge il Paese.
Le spaccature all’interno del partito di governo si sono rapidamente intensificate, con Kiir e Machar in aperta guerra per il potere. Nel luglio 2013, Kiir ha rimosso dall’incarico governativo Machar dando vita a una rovinosa guerra civile. I tentativi di sedare i combattimenti sono stati inutili, innumerevoli cessate il fuoco sono stati violati e il primo accordo di condivisione del potere nel 2015 tra il governo di Kiir e l’opposizione di Machar è fallito.
Un secondo accordo di pace firmato nel 2018 ha invitato le parti in guerra a formare un governo di coalizione, con scarsi risultati. L’accordo ha portato al ripristino di Machar e ha posto le basi per le elezioni alla fine del 2022. Sia Kiir che Machar sono diventati ostacolo alla democrazia, allo sviluppo economico e al progresso umano.
Mentre i combattimenti su larga scala risultano parzialmente ridotti, gli scontri tra le comunità continuano, le parti chiave degli accordi di pace devono ancora essere ufficializzati, e un esercito nazionale unificato, che combini le forze dell’opposizione e del governo, deve ancora essere formalizzato. Non ci sono istituzioni nel Paese. L’unica istituzione che esiste è l’esercito ed è in linea di massima un’istituzione predatoria.
Il rapporto della Commissione delle Nazioni Unite per i diritti umani in Sud Sudan, pubblicato lo scorso febbraio, parla di un’intensificazione degli attacchi contro la popolazione civile, seguendo specifiche linee etniche, da parte di gruppi armati e milizie organizzate, spesso con il sostegno dello Stato e delle forze di opposizione.
Funzionari del governo risultano implicati nel saccheggio di fondi pubblici, nonché nel riciclaggio di denaro, concussione ed evasione fiscale. Senza chiari progressi, la frustrazione e la mancanza di fiducia nel governo continuano a crescere e ad alimentare la violenza.
Il rappresentante speciale del segretario generale delle Nazioni Unite in Sud Sudan, Nicholas Haysom, ha dichiarato al Consiglio di sicurezza che la violenza intercomunale è stata responsabile di oltre l’80% delle vittime civili, dall’inizio dell’anno.
Secondo l’ultimo report delle Nazioni Unite, più di otto milioni di persone dipendono interamente dagli aiuti umanitari. A partire dal 2018, solo il 2,11% della spesa pubblica del Sud Sudan è stata riservata ai servizi sanitari. Circa 30mila persone stanno affrontando le conseguenze della carestia, decine di migliaia di persone sono identificate come sfollati interni e almeno due milioni di persone hanno cercato rifugio in altre nazioni. Nena News
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