La carestia del 2011 era stata causata da una combinazione di fattori, tra cui siccità consecutive, prezzi alimentari elevati a livello globale e interno e un raccolto di grano locale molto scarso. Uno scenario molto simile a quello attuale
di Federica Iezzi
Roma, 19 marzo 2022, Nena News – Nel luglio 2011 le Nazioni Unite dichiararono una carestia in Somalia che attirò immediatamente l’attenzione mediatica. Sebbene l’annuncio delle Nazioni Unite abbia contribuito a mobilitare governi in tutto il mondo, la comunità internazionale ha percepito che fosse arrivato troppo tardi, portando a un preoccupante ritardo nell’assistenza umanitaria. Si stima che circa 258.000 persone abbiano perso la vita a causa del ritardo dell’azione globale.
Alla fine del 2016 sono stati dichiarati avvisi di un’altra potenziale carestia, sollevando campanelli d’allarme nelle lussuose capitali dei donatori. I ricordi dei tragici eventi del 2011 erano ancora freschi. Questo ha aiutato a mobilitare fondi più celermente, anche se i decessi hanno già raggiunto la quota di 45.000. Osservazioni e rapporti pubblici confermano prove sufficienti per suggerire che una parte significativa della popolazione somala sta affrontando una grave crisi alimentare.
La carestia del 2011 era stata causata da una combinazione di fattori, tra cui siccità consecutive, prezzi alimentari elevati a livello globale e interno e un raccolto di grano locale molto scarso. Anche la politica ha giocato un ruolo fondamentale. All’epoca il gruppo militante, al-Shabab, era impegnato nel conflitto con il nascente governo somalo e i suoi sostenitori internazionali, azioni che hanno limitato la portata degli aiuti umanitari alle regioni remote del Paese.
Oggi, analogamente a quanto accaduto nel 2011, si sono verificati almeno due gravi cali consecutivi di pioggia, combinati con un raccolto di grano molto scarso. Inoltre, la Somalia è scossa dall’instabilità politica e dal conflitto, che continua a rallentare la risposta umanitaria e ridurre la disponibilità e la distribuzione dei fondi. Nel 2011, aziende e leader religiosi in Somalia, sono stati molto attivi nella mobilitazione di investimenti e nell’invio di risorse alla popolazione martoriata. Le stesse moschee erano diventate, ad esempio, canali per raccogliere fondi dall’estero.
Oggi stanno emergendo queste stesse dinamiche, questi stessi modelli di mobilitazione sociale e migrazione.
L’epicentro dell’attuale siccità sembra trovarsi in quello che è noto come il Triangolo Mandera, dove si incontrano le terre di Etiopia, Somalia e Kenya. Ma ci sono anche altre aree che soffrono, su entrambi i lati del confine tra Somalia e Kenya o nel Southwest State somalo.
In queste aree, dopo il fallimento quasi totale delle piogge stagionali, mandrie di bovini sono già state decimate e che la raccolta di fondi, soprattutto per il trasporto di acqua e cibo, tra le imprese somale e le comunità della diaspora, è iniziata almeno sei mesi fa.
Nel nord dello Jubaland, molte persone si stanno riversando nelle città dalle campagne in condizioni disperate.
La situazione non è differente nel Puntland, regione a nord-est della Somalia. I leader religiosi stanno attualmente mobilitando la comunità imprenditoriale e il governo per raccogliere fondi e sostenere le popolazioni rurali. Sebbene il Puntland non sia nell’epicentro della siccità e sia un’area più stabile con una notevole capacità di risposta, sta subendo gli effetti della grave crisi.
Un’azione tempestiva oggi può contribuire a creare un precedente per la prevenzione della carestia, che dovrebbe essere stabilita poi come risposta umanitaria standard, soprattutto in considerazione delle proiezioni relative al cambiamento climatico nel Corno d’Africa. Nena News