A denunciarlo è stato ieri l’ambasciatore palestinese negli Stati Uniti. Il capo del Consiglio di Duma – il villaggio tristemente noto per il rogo della famiglia Dawabshe – attacca il governo di Ramallah: “non ci sta difendendo”. Israele confisca 1.500 dunam di terra nell’area di Nablus
di Roberto Prinzi
Roma, 21 marzo 2016, Nena News – L’ambasciatore palestinese in Usa ne è convinto: il Congresso statunitense avrebbe condizionato il pagamento di 159 milioni di dollari all’Autorità palestinese (Ap) alla ripresa delle trattive di pace con Israele. Maen Erakat era una fiume in piena ieri: secondo lui il Congresso, su richiesta di Kay Granger, la presidente della Sottocommissione per le operazioni estere, ha bloccato la somma pattuita perché l’Ap sosterrebbe il “terrorismo”. Per l’ambasciatore palestinese gli obiettivi dei legislatori pro-israeliani statunitensi sono essenzialmente due: obbligare Ramallah a sedersi al tavolo delle trattative con Tel Aviv e impedirle, nello stesso tempo, di aderire ad altre organizzazioni internazionali.
Lo scorso anno, infatti, l’Autorità palestinese ha fatto richiesta di adesione a 15 organizzazioni internazionali. Tra queste, la Corte penale internazionale che potrebbe processare i leader israeliani per crimini di guerra. Quanto denunciato da Erakat, qualora dovesse essere confermato ufficialmente, non rappresenterebbe una novità: già nel 2011, in seguito alla richiesta dell’Ap di una piena appartenenza all’Onu, il Congresso bloccò per ritorsione la somma di aiuti salvo poi, in una fase successiva, rivedere la sua decisione. L’amministrazione Obama ha stanziato 440 milioni di dollari di aiuti nel 2015, di cui 131 provengono dall’Usaid (Agenzia Usa per lo sviluppo internazionale) per progetti di sviluppo economico e 70 sono destinati alle agenzie di sicurezza di Ramallah.
Negli ambienti politici statunitensi si fa ormai sempre più strada l’idea di una ripresa dei negoziati tra israeliani e palestinesi. Questo mese il Wall Street Journal ha scritto che la Casa Bianca starebbe pensando di sostenere una risoluzione di pace presso il Consiglio di Sicurezza dell’Onu che delinei, prima della fine del secondo mandato di Obama, le linee guida dei futuri colloqui tra Ramallah e Tel Aviv. Una proposta ribadita anche recentemente dal vice presidente Joe Biden nel corso della sua visita in Israele e nei Territori occupati palestinesi.
Al momento è difficile poter immaginare che le due parti possano tornare a breve a parlare di “pace”. Le durissime critiche rivolte all’Ap da israeliani e americani – Ramallah resterebbe colpevolmente in “silenzio” di fronte agli attacchi palestinesi – bastano da sole a descrivere quanto sia avvelenato il clima politico. Il presidente Abbas, inoltre, è incalzato anche sul piano interno. Ieri il leader del consiglio di Duma (Nablus), Abd as-Salam Dawabshe, ha accusato Ramallah di “negligenza” per non aver saputo difendere il villaggio. Sabato notte alcuni aggressori ancora ignoti (Tel Aviv ha negato la pista nazionalistica) hanno dato fuoco alla casa dell’unico testimone del rogo che, lo scorso luglio, ha ucciso Sa’ad Dawabshe, sua moglie Riham e il loro figlio Ali di 18 mesi (l’unico sopravvisuto è stato l’altro figlio Ahmed di cinque anni).
Il capo del consiglio di Duma ha detto di aver mandato anche una lettera alla “Commisione dell’Olp contro il muro e le colonie” chiedendo un budget mensile di 20.000 shekel (poco più di 5.000$) necessario all’assunzione di 10 guardiani e all’acquisto di strumenti di difesa. Tuttavia, sostiene Dawabshe, finora “nulla è arrivato”. La difesa della Commissione non si è fatta attendere. “Abbiamo fornito giacche, torce e schede telefoniche prepagate in 100 luoghi sottoposti agli attacchi dei coloni” ha dichiarato il capo della Commissione, Walid Assaf. “Non so – ha aggiunto – dove sia questo materiale, ma so che è stato consegnato alle sezioni locali di Fatah”
Ramallah è poi in questi giorni alle prese con una nuova polemica con le autorità israeliane. Ieri il premier palestinese Rami Hamdallah ha definito “razzista” la recente decisione israeliana di vietare l’ingresso in Israele di prodotti alimentari palestinesi. “Israele – ha detto il primo ministro – sta procedendo con i suoi tentativi di isolare Gerusalemme dai suoi dintorni cancellando la sua identità [araba]”. Il rifiuto posto da Tel Aviv è una mossa “politica oppressiva” ha sottolineato. “Attraverso questa decisione – ha tuonato Hamdallah – Israele sta provando a distruggere la nostra economia nazionale e a impedirne lo sviluppo”.
Poco fa, intanto, l’Amministrazione civile israeliana (il corpo che “governa” i Territori Occupati) ha annunciato che confischerà nel distretto di Nablus 1.200 dunam di terra (un dunam corrisponde a 1.000 metri quadrati). I villaggi interessati all’espropriazione sono quelli di al-Laban, as-Sawiya e al-Qaryut. A denunciare la nuova disposizione israeliana è stato l’ufficiale dell’Ap Ghassan Dhaglas. Nena News
Roberto Prinzi è su Twitter @Robbamir
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