Il triplice attentato è stato rivendicato dai qaedisti dello Stato Islamico dell’Iraq e del Levante. Mercoledì 30 aprile si vota in un clima di violenza e divisioni settarie che stanno gettando il Paese sull’orlo della guerra civile
di Sonia Grieco
Roma, 26 aprile 2014, Nena News – Due camion imbottiti di esplosivo e una bomba hanno fatto strage ieri sera al comizio del partito sciita Lista dei Cittadini nella capitale irachena Bagdad: almeno 31 i morti e decine le persone ferire nell’attacco rivendicato dal gruppo qaedista Stato islamico dell’Iraq e del Levante (Isil) che dallo scorso dicembre ha occupato parte della provincia occidentale dell’Anbar, roccaforte sunnita dove sono iniziati i movimenti di opposizione al governo a guida sciita, repressi nel sangue, e dove non si voterà a causa dell’insicurezza.
La campagna elettorale per le parlamentari di mercoledì prossimo (30 aprile) è segnata dalle violenze e dalle divisioni settarie che stanno spingendo il Paese sull’orlo della guerra civile. Da oltre un anno l’Iraq è teatro di uno scontro confessionale tra sciiti saliti al potere dopo la caduta di Saddam Hussein e sunniti, che da gennaio ha già fatto oltre duemila morti negli attentati con autobombe e kamizake ai mercati, alle moschee, ai caffè, ai ristoranti, alle caserme. L’anno scorso i morti sono stati quasi 9.000. Un bollettino di guerra che fa tornare alla memoria il bagno di sangue del 2008, quando migliaia di persone morirono nelle violenze settarie.
È in questo clima che gli iracheni sono chiamati a votare mercoledì per scegliere 328 deputati che designeranno il nuovo presidente e il prossimo primo ministro. Ci sono 9.000 candidati. L’attuale premier sciita Nouri al Maliki, in cerca del terzo mandato, sembra avere la vittoria in tasca, ma non gode più dell’ampio sostegno che lo ha riconfermato al potere nel 2010. La sfida a Maliki arriva dal campo sciita, più che dai sunniti: sia il Consiglio supremo islamico dell’Iraq (Isci) sia il movimento sadrista del religioso Moqtada al Sadr, che a febbraio ha annunciato il ritiro dalla scena politica, hanno apertamente criticato il suo operato, soprattutto riguardo alla situazione della sicurezza del Paese.
Questa tornata elettorale, la prima dopo il ritiro delle truppe statunitensi tre anni fa, sarà quindi molto diversa dalle altre due tenutesi dal 2005. Il Paese è diviso, anche il blocco sciita non è più compatto e al suo interno si levano voci critiche contro la politica di Maliki. Divisioni su cui fanno leva i candidati, come ha fatto notare di recente Nikolay Mladenov, inviato speciale delle Nazioni Unite per l’Iraq, che ha biasimato i partiti che fanno appello alle appartenenze confessionali invece che al dialogo, mentre le violenze sono all’ordine del giorno in un Paese con enormi problemi che alimentano rivalità mai sopite: mancano i servizi essenziali -dall’acqua all’elettricità, alla sanità- la disoccupazione è a livelli altissimi e c’è una corruzione diffusa nell’amministrazione. Nena News