Manifestazioni, inviti al boicottaggio e nuove alleanze segnano l’inizio della campagna elettorale di Muqtada al Sadr in vista delle elezioni amministrative di settembre
di Francesca La Bella
Roma, 3 aprile 2017, Nena News - Le elezioni irachene sono ancora molto lontane, ma già si intravedono le problematiche che potrebbero incidere sia sul voto amministrativo di settembre sia su quello parlamentare del prossimo anno. In questo senso, la compagine sciita sembra essere la più attiva nella campagna elettorale in partenza.
Particolare attenzione in questo campo deve essere data ad una figura che sta riuscendo a canalizzare lo scontento della popolazione contro il governo sotto i vessilli di una grande unità nazionale: Muqtada al Sadr. Con molti mesi di anticipo sono, infatti, iniziate le manifestazioni da parte dei sostenitori dell’influente religioso sciita a sostegno di una modifica in senso maggiormente inclusivo della legge elettorale in vigore.
La capacità di mobilitazione di ampie fasce di popolazione di Al Sadr, apparentemente ridottasi negli ultimi anni dopo la dipartita delle forze statunitensi dall’Iraq, sembra, in questo senso, essere nuovamente in crescita grazie ad un lungo lavoro di mediazione tra soggetti tra loro molto differenti e la scelta di pochi semplici punti fermi.
Le aperture sia verso la comunità sunnita sia verso gruppi laici come il Partito Comunista iracheno e la presa di posizione netta contro il suo principale avversario nella compagine sciita, l’ex premier Nouri al Maliki, hanno, infatti, permesso al religioso sciita di allargare il consenso intorno alla propria figura anche al di fuori della propria comunità etnica.
La chiamata al boicottaggio delle elezioni qualora non venga preventivamente modificata la legge elettorale e la denuncia del carattere corrotto dell’Alta Commissione elettorale indipendente potrebbero, dunque, avere molto seguito, indebolendo ancor prima del voto gli eventuali vincitori.
Il valore della propaganda politica di al Sadr travalica, però, i limiti della contesa elettorale. Il piano di contestazione del governo in carica espressosi con le manifestazioni dello scorso anno contro la dilagante corruzione e per il miglioramento dei principali servizi pubblici e quelle attuali a favore della riforma elettorale è, infatti, andato di pari passo con un riposizionamento del religioso all’interno del panorama politico del paese.
Dopo essere stato, durante gli anni dell’occupazione statunitense dell’Iraq, alla guida dell’Esercito di Mahdi, ed essere stato il promotore della nascita delle Brigate di pace per la difesa dei luoghi sciiti dagli attacchi dello Stato Islamico, al Sadr sembra ora voler porre fine all’esperienza ed al potere dei gruppi armati volontari presenti nel Paese. Nella prima intervista con un giornalista straniero dopo tre anni, il religioso ha dichiarato al corrispondente di Middle East Eye di volere lo smantellamento di tutte le milizie armate e l’avvio di un reale dialogo inter-etnico ed inter-confessionale che permetta al Paese di evitare una nuova guerra settaria dopo la auspicata caduta di Mosul.
Lo stesso argomento era già stato trattato da al Sadr in maniera più organica nel documento programmatico di 29 punti sul futuro del Paese e, in particolare sul destino della provincia di Ninive, presentato da al Sadr il 20 febbraio di quest’anno e titolato “Soluzioni Iniziali”.
Il piano del religioso sciita appare particolarmente ambizioso: oltre alla richiesta di provvedimenti umanitari e di creazione di un fondo internazionale per la ricostruzione dell’area, molto forte è l’accento posto sull’unità e sulla riconciliazione nazionale oltre che sull’esclusività dell’autorità dell’esercito regolare nel controllo del territorio e delle armi.
Se da un lato al Sadr guarda all’interno e propone meccanismi atti a mitigare le tensioni etniche come l’invio di delegazioni da aree sunnite a sciite e viceversa, dall’altro non dimentica il piano internazionale. Chiede un monitoraggio delle Nazioni Unite sul processo politico di trasformazione delle aree liberate, ma anche una presa di posizione netta contro le ingerenze esterne e l’allontanamento di tutte le truppe straniere, occupanti e non, per preservare l’indipendenza e la sovranità dello Stato iracheno.
Un attacco diretto non solo agli Stati Uniti e ai paesi occidentali in senso ampio, ma anche al più coinvolto vicino d’area: l’Iran. Prendendo le distanze dalle posizioni pro-Teheran di buona parte del mondo politico sciita e di al Maliki in particolare, al Sadr pone, dunque, un freno alle capacità iraniane di influenzare il dibattito interno e le alleanze sul terreno in territorio iracheno.
L’attenzione riservata da al Sadr alla battaglia di Mosul è, in questo contesto, particolarmente significativa. Con grande lungimiranza, il religioso sottolinea come l’eventuale sconfitta dello Stato Islamico non porti con sé solamente aspetti positivi. In un Iraq ancora fortemente frammentato dove la spartizione del potere si interseca con questioni etnico-territoriali, come nel caso di Mosul e Kirkuk, e con il ricordo delle violenze degli anni passati tra sunniti e sciiti, la cancellazione del nemico comune potrebbe riaprire ferite mai rimarginate in seno alla società irachena. Nena News
Francesca La Bella è su Twitter @LBFra