L’ex rais scagionato dalla Corte di Cassazione per la morte di 900 manifestanti. L’ex regime si riproduce nel nuovo, la rivoluzione muore ancora
della redazione
Roma, 3 marzo 2017, Nena News – Mubarak è stato assolto dall’accusa di aver fatto ammazzare 900 manifestanti nel gennaio 2011. Come nulla fosse successo. Con un colpo di spugna, l’ennesimo, le autorità egiziane si assolvono di ogni crimine e cancellano trent’anni di dittatura brutale, di povertà e mancanza di libertà, di torture e omicidi extragiudiziali. Cancellano piazza Tahrir e le centinaia di egiziani morti per avere democrazia, pane e libertà.
Tutto come prima, una realtà che gli egiziani hanno sotto gli occhi ogni giorno. I metodi della repressione non sono cambiati dal 2011 e se possibile si sono fatti ancora più pervasivi e brutali; non si è assistito a nessuna redistribuzione della ricchezza e a nessun investimento nelle zone più povere del paese; nelle stanze dei bottoni siedono esponenti del vecchio regime. E quelli finiti davanti ad un tribunale ne sono usciti con un’assoluzione.
Quella di ieri, emessa dalla Corte di Cassazione e dunque definitiva, però brucia più di altre. Hosni Mubarak è stato dichiarato innocente, assolto dall’accusa di aver ordinato alle forze armate di aprire il fuoco sui milioni di manifestanti in piazza Tahrir. Nel 2012 l’ex dittatore era stato condannato all’ergastolo per la morte di 239 manifestanti durante i 18 giorni di rivoluzione che ne decretarono la fine. Poi seguì l’appello nel 2014 che cancellò la condanna. Fino alla sentenza finale della Corte di Cassazione: il giudice Ahmed Abdel Qawi ha definitivamente assolto Mubarak e rigettato la richiesta dei familiari di poter aprire processi civili.
“Questa sentenza non è giusta. La magistratura è politicizzata”, il commento amaro di uno degli avvocati delle famiglie delle vittime, Osman al-Hefnway. E se i familiari non erano presenti in tribunale ad assistere alla liberazione dell’ex presidente, l’aula era piena di suoi sostenitori che hanno intonato slogan a suo favore. A gennaio 2014 l’ex rais si era visto annullare la condanna a tre anni per corruzione, per appropriazione indebita di circa 14 milioni di dollari. Assolti anche i figli Alaa e Gamal.
Così muore ancora una volta la rivoluzione di piazza Tahrir, tradita e denigrata dall’attuale presidente golpista, il generale al-Sisi, uscito dai ranghi dell’esercito che fu del suo predecessore, mentre Mohammed Morsi – primo presidente democraticamente eletto in Egitto – resta in prigione con ergastoli multipli sulla testa.
E se da una parte prosegue durissima la repressione della Fratellanza Musulmana e di ogni movimento della società civile che metta in dubbio la legittimità dell’attuale governo, dal golpe del 2013 esponenti del vecchio regime vengono uno ad uno graziati seppur responsabili di aver portato il paese sull’orlo della bancarotta e aver represso le libertà politiche, civili ed economiche di un intero popolo.
A marzo 2015 era toccato all’ex ministro degli Interni di Mubarak, Habib el-Adly, assolto da tutte le accuse di corruzione (la procura riteneva che avesse sottratto allo Stato 25 milioni di dollari) e di omicidio di manifestanti. Lo stesso è accaduto all’ex primo ministro Nazif, uscito pulito dai processi per il reato di corruzione.
E si erano riaperte per tutti le porte del parlamento: un anno dopo il colpo di Stato del luglio 2013 un tribunale del Cairo ha cancellato il divieto per il partito di Mubarak, il Partito Democratico Nazionale, di partecipare alle elezioni parlamentari e presidenziali (era stato sciolto ad aprile 2011). Una decisione ben radicata nella struttura dell’attuale regime: molti degli uomini dell’ex dittatore hanno ancora un’enorme influenza su istituzioni, clan, settori economici, esercito. Sono loro che per decenni hanno mosso il vasto sistema clientelare che ha tenuto in piedi il regime.
Eppure negli ultimi tre anni e mezzo circa 170 funzionari di polizia e servizi segreti sono stati assolti per “legittima difesa” o mancanza di prove. Assoluzioni utili a “legittimare” l’attuale macchina della repressione. Nena News