La Corte per le Questioni Urgenti del Cairo ha inserito il movimento islamista nella lista delle associazioni terroristiche. Protesta a Gaza. Il timore dei leader è una maggiore emarginazione e un acuirsi della crisi economica interna.
della redazione
Roma, 02 marzo 2015, Nena News – La guerra a tutto campo tra Egitto e Hamas vive una nuova fase. Dopo aver fatto approvare la nuova legge anti-terrorismo, che nel calderone del terrore infila tutte le possibili voci critiche, il presidente golpista al-Sisi si è scagliato contro il nemico palestinese. Hamas è da sabato ufficialmente inserito nella lista delle organizzazioni terroristiche egiziane.
Immediata è stata la reazione non solo dei vertici del movimento islamista ma anche dei suoi sostenitori: ieri in piazza a Gaza City e Khan Younis c’erano migliaia di persone per protestare contro la decisione della corte egiziana. “Non permetteremo alle autorità egiziane di danneggiare i nostri figli e resisteremo come abbiamo resistito all’occupazione israeliana – ha detto dal palco a Gaza City Salah al-Bardawil, leader anziano di Hamas – La nostra pazienza è finita e chiediamo ai leader arabi di fare pressioni sull’Egitto”.
Una decisione per stringere il cerchio intorno Gaza, l’ha definita un altro leader islamista, Ismail Radwan. Quel che è certo è che le conseguenze (come accaduto nell’ultimo anno e mezzo) le pagherà la popolazione civile di Gaza. Il timore di Hamas è fondato: l’ulteriore isolamento che seguirà alla sentenza provocherà di certo un peggioramento significativo delle condizioni di vita nella Striscia, già allo stremo. E quindi il possibile calo di consensi nei confronti del movimento che si rafforza tra la popolazione, ormai, solo durante le operazioni militari israeliane.
Dopo la caduta del regime dei Fratelli Musulmani e la deposizione del presidente Morsi da parte dell’esercito guidato dal generale al-Sisi, oggi presidente, Hamas è stato trasformato in Stato pariah, privato degli aiuti finanziari che gli permettevano di gestire il potere nell’enclave palestinese. L’Egitto, prima con la distruzione di oltre mille tunnel (unico passaggio verso l’esterno per la popolazione gazawi, sotto assedio e embargo israeliano), e dopo con un ruolo negoziale che ha costretto Hamas ad accettare un cessate il fuoco fine a se stesso con Israele, dopo 50 giorni di attacco, ha stravolto la forza di Hamas.
In grave crisi economica, impossibilitato a pagare gli stipendi di decine di migliaia di suoi dipendenti, soprattutto nel settore della sicurezza, il movimento ha riaperto all’Iran con il quale le relazioni si erano raffreddate per la decisione di Hamas di abbandonare l’ex alleato Assad. Hamas è sempre più sola e la sentenza della Corte del Cairo per le Questioni Urgenti di sabato peggiora le cose: Hamas è “organizzazione terroristica”, secondo la magistratura egiziana, imbeccata dal presidente al-Sisi. La sentenza si fonda sull’accusa di massacri compiuti contro l’esercito egiziano nella Penisola del Sinai nel 2014, massacri che il Cairo attribuisce ad Hamas, che ha sempre negato qualsiasi tipo di coinvolgimento.
Secondo il portavoce di Hamas, Abu Zuhri, “la sentenza è una vergogna per la reputazione egiziana perché è il disperato tentativo di esportare la crisi interna del paese”. Che la crociata lanciata da al-Sisi contro i movimenti islamisti, Fratellanza Musulmana in testa, sia dettata dalla necessità di rafforzarsi all’interno, zittendo le opposizioni, e di garantirsi alleanze all’esterno non è una novità. Dopo la decisione di unirsi alla guerra al terrore di Obama, attaccando i miliziani islamisti in Sinai, ma anche quelli libici in Libia, al-Sisi ha ottenuto il plauso dell’Occidente e, più concretamente, lo sblocco degli aiuti militari e finanziari sospesi dopo il golpe.
Il nuovo faraone egiziano sa bene quali i tasti da toccare. E lo schiacciamento di Hamas è uno di questi. Nena News