Il neo Presidente egiziano ha chiesto al popolo egiziano di sostenere la sua decisione di alzare i prezzi del carburante per il bene del Paese. Processo al deposto Morsi aggiornato al 14 luglio.
della redazione
Roma, 8 luglio 2014, Nena News – Il Presidente egiziano Abdel Fattah el-Sisi ha chiesto ieri agli egiziani di sostenere la sua decisione di alzare i prezzi del carburante sebbene possa sembrare impopolare. “Sarebbe stato facile non alzarli ora mantenendo così alta la mia popolarità – ha detto in un discorso videoregistrato – ma avrei tradito la fiducia che mi avete dato di salvare il Paese”.
Al-Sisi ha ribadito di essere stato onesto sin dall’inizio della sua campagna elettorale per le presidenziali. Allora, infatti, disse che risistemare la situazione economica egiziana sarebbe stato complesso e avrebbe richiesto almeno due anni di duro lavoro.
Venerdì il governo egiziano aveva deciso di aumentare i prezzi di carburante ed elettricità, una mossa che alcuni economisti hanno definito “necessaria” per evitare i costosi sussidi ma che ha generato la rabbia di ampi settori della popolazione, specialmente di microbus e tassisti.
Parlando alla vigilia del decimo giorno di Ramadan – quando l’Egitto lanciò la guerra contro Israele nel 1973 – il Presidente ha paragonato le difficoltà che l’Egitto dovette affrontare allora con quelle che ora il popolo egiziano deve superare. Gli egiziani, secondo quanto ha dichiarato l’ex Generale, dovettero fare molti sacrifici tra il giugno del 1967 (inizio Guerra dei Sei giorni contro Israele) e la l’Ottobre 1973. “Gli egiziani furono parte fondamentale di quella vittoria” ha dichiarato. E così, ha fatto intendere, lo dovranno essere questa volta anche se a costo di duri sacrifici che ha descritto come “una medicina amara”
Ieri poi il Presidente ha anche voluto stemperare le tensioni scoppiate dopo le dure sentenze (sette anni di prigioni) nei confronti dei giornalisti di al-Jazeera.
Quanto è stato stabilito il 23 giugno ha avuto “un effetto molto negativo” ha detto l’ex Generale citato dal quotidiano locale al-Masri al-Youm. “Avrei preferito che fossero deportati dopo essere stati arrestati, non che subissero un processo” ha detto riferendosi all’australiano Peter Greste, l’unico non egiziano tra i condannati.
Le sentenze di giugno – decretate un giorno dopo che il Segretario di Stato americano John Kerry si era recato al Cairo in una mossa di pieno sostegno al neo eletto al-Sisi – hanno imbarazzato non poco Washington che ha chiesto subito l’immediato rilascio dei giornalisti.
Tuttavia il neo Presidente ha chiarito nuovamente ieri che non interferirà con quanto ha stabilito la corte.
Intanto la Corte Criminale del Cairo ha aggiornato al 13 luglio il processo al deposto Presidente islamista Mohammed Morsi. Morsi è accusato insieme ad altre 130 persone di essere scappato di prigione nel 2011, di aver dato fuoco alla prigione, di omicidio e tentato omicidio, di aver rubato le armi del carcere aiutando i prigionieri di “Hamas, Hezbollah, jihadisti, Fratelli Musulmani e altri criminali” ad evadere dalle carceri.
Le accuse si riferiscono alla fuga di più di 20.000 detenuti da tre prigioni egiziane durante i primi giorni della rivolta del 2011.Tra gli accusati, oltre a Morsi, ci sono anche importanti leader della Fratellanza musulmana, Mohammed Saad el-Katatni, Essam el-Erian, Mohammed el-Beltagy e il predicatore vicino ai Fratelli Safwat Hejazy. Nena news