In questo romanzo lo scrittore egiziano sviluppa il tema della memoria e dell’infanzia raccontando della sua città natale Alessandria nelle sue mille sfaccettature
di Cristina Micalusi
Roma, 14 febbraio 2017, Nena News – Al-Kharrat è stato uno degli innovatori tra gli scrittori egiziani e dell’intero mondo arabo. Nato ad Alessandria nel 1926 al-Kharrat è stato sempre presente e attivo nel panorama intellettuale egiziano, grazie anche all’attività di giornalista e di critico letterario e al suo impegno politico che gli procurò il carcere.
La sua è la scrittura più misteriosa della letteratura araba contemporanea. Misteriosa nella sua forma ma soprattutto nel lessico, che non sempre dà la possibilità al traduttore di un’immediata resa. Egli ha sostituito l’artificio alla regola, una regola che si attesta a cominciare dal modello autobiografico della narrazione; che già ritroviamo nei suoi precedenti lavori, “Le ragazze di Alessandria”, “Alessandria città di zafferano”.
Anche al-Kharrat sviluppa uno dei temi più cari alla prosa contemporanea del mondo arabo, quello della memoria e dell’infanzia e lo fa parlando della sua città Alessandria. Un’ Alessandria svuotata del suo esotismo ma non per questo meno affascinante. Una città narrata nelle sue mille sfaccettature, le Alessandria dove gli Arabi esistono, vivono, sono parte integrante della vita cosmopolita, la cui storia, dominata dalle molteplicità delle lingue, delle religioni e delle culture, a noi può sembrare una eccezione ma che nel mondo arabo è il modo di essere, il modo di pensare ad una città.
In questo romanzo Alessandria è menzionata di sfuggita, forte è invece l’impronta della vastità dei paesaggi sul Delta del Nilo dominati dall’onnipresenza dell’acqua. Al-Kharrat gioca con le fonti storiografiche e con la stessa storia d’Egitto, greco e poi arabo, e dunque cristiano e musulmano. Egli usa la sua formula narrativa prediletta, dell’evento assunto a dettaglio, qui tra gli altri il morire affogati nell’acqua del Nilo.
Non meno prezioso è l’uso ridotto di dialoghi, la maggior parte delle volte scritti nel dialetto dell’Alto Egitto, a fare da controparte al tessuto narrativo che li accoglie. Al-Kharrat predilige l’intrico di stili della memoria a testimoniare l’altra sponda della “ellenicità” quella storicamente vissuta ed espressa in lingua araba.
Nei suoi lavori importante è l’utilizzo dell’ironia che lo porta a farsi beffe anche della propria autentica autobiografia, fusa alla storia dell’Egitto post-coloniale , alle vicende fallimentari della sinistra, alle repressioni della polizia, al conflitto arabo-israeliano costato molto all’Egitto più di ogni altro paese arabo.
Più la sua ironia diventa parodia e citazione, più il lettore viene ingannato nella preziosità e nel mistero della sua scrittura. Ad esempio l’amore: ad al-Kharrat non interessa narrare un amore ma considerare quelle suggestioni che alimentano le immagini e la rappresentazione di uno stato d’animo a cui nessuno si sottrae. E per farlo l’autore ha un vasto materiale: si va dagli amori svenevoli delle Mille e Una Notte, ai sensi popolari delle problematiche delle canzoni di Umm Khalthum.
Soprattutto si ispira all’ineffabile parodia, spacciata per realismo, dei romanzi d’appendice e dei polpettoni televisivi, in un paese , l’Egitto, dove hanno le telenovela ( le famose Musalsalat ); che hanno visto in quella terra trasformare storielle sdolcinate cariche di gelosia che i persiani chiamarono Mille e una Notte, in un intrico di storie di suburra, di un underworld cairota felice di esserlo. In fondo l’amore di chiunque vengono nutriti , portati alla memoria da una canzoncina, da una citazione, un gesto in un film.
L’Egitto post-coloniale, post-nasseriano e , ci auguriamo, post integralista è quel posto al mondo dove l’età post-Umm Khalthum è inammissibile. Umm Khalthum immortale e asessuata come solo le dive possono esserlo, cantava il carpe diem su testi di Omar Khayyam.
Edwar al-Kharrat ( Alessandria 1926- Il Cairo 2015) nasce ad Alessandria d’Egitto nel 1926 da una famiglia copta. Attivo nel movimento rivoluzionario egiziano, sconta due anni di carcere negli anni quaranta. Laureato in legge, funzionario di vari enti, eletto segretario generale dell’Unione degli scrittori afro-asiatici. Si dedica dal 1983 esclusivamente alla letteratura e nel 1986 fonda una rivista d’avanguardia “Gallery ’68” che si oppone all’estetica classica di Mahfuz. Per il suo stile surrealista e simbolista, è uno degli innovatori della letteratura araba contemporanea. Nena News
Titolo: I SASSI DI BUBILLO
Titolo originale: Hagiar Bubillu
Autore: Edwar al-Kharrat
Edizioni: Lavoro
Anno: 1999