I giudici hanno posto un ultimatum al governo Netanyahu: “O fai una legge che regola la materia entro sei mesi o restituisci i cadaveri”. Sempre più palesi, intanto, i rapporti tra Bahrain e Israele: a gennaio una delegazione israeliana si recherà a Manama ricambiando la visita di cinque giorni fa di una rappresentanza bahreinita nello stato ebraico
della redazione
Roma, 15 dicembre 2017, Nena News – La Corte suprema israeliana ha ieri dato un ultimatum al governo israeliano: o passi una legge entro sei mesi che regola il trattenimento in Israele dei corpi dei “terroristi” palestinesi o li consegni ai loro familiari. “Lo stato d’Israele come nazione del diritto – hanno scritto tre giudici in risposta ad una petizione di alcune famiglie di palestinesi responsabili di attacchi contro lo stato ebraico – non può trattenere questi cadaveri per fini negoziali non essendoci una specifica ed esplicita legge che lo permette di fare”.
Le forze di sicurezza israeliane trattengono infatti regolarmente i corpi dei combattenti palestinesi con l’obiettivo di poterli scambiare con quelli dei soldati israeliani. Negli ultimi anni, nello specifico, con quelli dei militari Hadar Goldin e Oron Shaul, secondo Tel Aviv nelle mani di Hamas nella Striscia di Gaza.
I tre giudici autori, Yoram Danziger, George Kara e Neal Hendel, non hanno quindi respinto pertanto la pratica di Tel Aviv, ne hanno chiesto nei fatti semplicemente una sua legalizzazione e regolamentazione. Il governo israeliano di Benjamin Netanyahu sembrerebbe essere già pronto a passare all’azione: il ministro della Difesa Avigdor Liberman ha subito fatto sapere che ha già ordinato ai parlamentari di preparare un testo di legge su tale questione.
Molti esponenti della coalizione governativa hanno però attaccato la decisione della corte suprema. Il primo a farlo è stato il premier Netanyahu che l’ha definita “molto problematica”. “Non possiamo fare regali ad Hamas – ha tuonato – Domenica convocherò una riunione di gabinetto con il procuratore generale per trovare delle soluzioni pratiche e legali per fare pressioni su Hamas”. A fargli eco è stato il ministro dell’Intelligence, Yisrael Katz: “Noi lo dobbiamo ai familiari dei soldati dell’esercito caduti”. Il titolare del dicastero della Sicurezza pubblica, Gilad Erdan, ha usato parole più dure contro la Corte Suprema. Secondo lui, infatti, la decisione della massima corte israeliana “rende più difficile per le forze di sicurezza creare deterrenza e combattere l’istigazione”. “Dobbiamo fare tutto il possibile per regolamentare l’intera questione relativa ai corpi dei terroristi attraverso una legislazione rapida così poi da non restituirli”
Moderata soddisfazione è stata espressa dalla famiglia Goldin, il soldato morto durante l’offensiva israeliana Margine Protettiva del 2014 e il cui corpo è tenuto presumibilmente ancora a Gaza: “La decisione della Corte Suprema aumenterà le pressioni su Netanyahu e sui ministri del gabinetto ad alzarsi dalle loro sedie, a rimboccarsi le maniche e a iniziare a lavorare per il ritorno a casa di Hadar e Oron [Shaul]”.
Sempre più alla luce del sole, intanto, sono i rapporti tra Israele e Bahrain. A gennaio, infatti, una delegazione di uomini d’affari israeliani viaggerà nel piccolo arcipelago ricambiando la visita compiuta nello stato ebraico cinque giorni fa da una rappresentanza bahreinita. A dare la notizia al Jerusalem Post è stato il Rabbino Abraham Cooper del centro Simon Wiesenthal. “Manama l’ha approvata. Sarà una delegazione del Centro Wiesenthal [a recarsi]. L’idea è quella di stabilire contatti diretti, non politici, ma di iniziare [ad avere] contatti normali” ha detto Cooper al quotidiano israeliano.
A inizio mese Manama si è unita al coro di condanna internazionale contro la decisione del presidente Usa Donald Trump di riconoscere Gerusalemme capitale d’Israele. La monarchia sunnita di re Hamad al-Khalifa aveva fatto sapere che tale atto “minaccia il processo di pace in Medio Oriente”. Pur non avendo rapporti diplomatici ufficiali, alcuni esponenti bahrainiti hanno sottolineato in passato l’utilità di avere relazioni con Tel Aviv in chiave anti-iraniana.
Nel 2011 Wikileaks pubblicò alcuni documenti che evidenziavano come il regno avesse contatti con Israele “a livello di intelligence e sicurezza” e indicavano come il Paese del Golfo volesse “fare progressi in altre aree”. Nena News