In prima fila nella difesa dei diritti delle donne, l’attivista ha iniziato lunedì una nuova protesta nella prigione al-Hair in cui è detenuta. Denuncia la decisione delle autorità carcerarie di privarle di vedere i suoi familiari
della redazione
Roma, 28 ottobre 2020, Nena News – L’attivista saudita per i diritti delle Loujain al-Hathloul è di nuovo in sciopero della fame da lunedì per protestare contro la decisione della direzione della prigione al-Hair in cui è detenuta di privarle le visite con i familiari. A dare la notizia sono state ieri su Twitter le sue sorelle Lina e Alia. “Ieri [due giorni fa, ndr] – ha scritto Lina – nel corso della visita compiuta dai nostri genitori, Loujain ha detto loro che è esausta di essere maltrattata e di non poter ascoltare la voce della sua famiglia. Pertanto ha iniziato uno sciopero della fame a partire da ieri [lunedì] sera finché non le sarà consentito di ricevere regolarmente le chiamate”.
Secondo le disposizioni all’interno delle carceri saudite, i detenuti possono fare frequenti, a volte anche settimanalmente, chiamate ai propri familiari. Tuttavia, secondo alcune inchieste, molti di loro non riescono a contattare le loro famiglie da mesi. A inizio anno la Bloomberg ha riferito che le autorità saudite hanno deciso di interrompere i contatti tra i detenuti più noti e le loro famiglie durante la pandemia da Covid-19.
Hathloul rientra a quanto pare in questo gruppo se si pensa che solo lo scorso mese i suoi cari hanno potuto visitarla dopo 3 mesi in cui era stato negato loro l’accesso in prigione. In quella visita, i suoi familiari notarono un peggioramento delle sue condizioni fisiche dato che l’attivista veniva da 6 giorni di sciopero della fame. Diverse organizzazioni umanitarie hanno riferito delle torture che la donna ha subito: dalle scariche elettriche alle frustate passando per le molestie sessuali. Non solo: ad Loujain è stato negato anche un processo giusto ed è stata detenuta per 10 mesi prima di conoscere i suoi capi d’accusa.
A suo favore la scorsa settimana è stata lanciata da numerosi attivisti una petizione che chiede il suo immediato e incondizionato rilascio. L’hashtag in arabo (Sciopero di al-Hathloul) è diventato trend ieri su Twitter (oltre 1.300 persone l’hanno usato).
Hathloul, 31 anni, conquistò i titoli dei giornali per la sua campagna a favore del diritto delle donne a guidare e contro le leggi del regno saudita che impongono la tutela maschile sulle donne. Le sue battaglie civili le sono costate caro: nel maggio del 2018 fu arrestata negli Emirati Arabi e deportata in Arabia Saudita.
Il suo sciopero avviene nelle stesse ore in cui Riyad sta ospitando il summit B-20, un forum di importanti uomini di affari che ha come obiettivo quello di formulare delle raccomandazioni da presentare al prossimo G-20 dei leader mondiali fissato per novembre.
Per Amnesty International (AI), il B-20 è una “cinica campagna di pubbliche relazioni”, sottolineando invece il numero di attiviste arrestate solo per aver fatto campagna a favore dei diritti delle donne. La vice-direttrice dell’area Mena (Medio Oriente e Nord Africa) Lynn Maalouf, ha descritto l’evento come “una ipocrisia senza vergogna”. “Da quando ha assunto la presidenza del G20, l’Arabia Saudita ha investito parecchio per ripulire la sua immagine, lanciando slogan sull’uguaglianza delle donne e ribadendo che è pronta al cambiamento. Ma invece coloro che veramente cambiano il Paese sono dietro le sbarre”. Nena News