La ong britannica afferma che i combattenti curdi del Ypg hanno illegalmente distrutto case ed espulso civili dalle aree catturate allo Stato islamico
di Roberto Prinzi
Roma, 13 ottobre 2015, Nena News – La demolizione delle case e i trasferimenti forzati di popolazione eseguiti dalle forze curde nel nord e nel nord-est della Siria sono “crimini di guerra”. Ad affermarlo è stata stamane Amnesty International (AI), la nota ong britannica impegnata nella difesa dei diritti umani. “Demolendo deliberatamente le case dei civili – in alcuni casi bruciando e radendo al suolo interi villaggi – e trasferendo i loro abitanti senza alcuna giustificazione militare, l’Amministrazione autonoma [curda] sta violando sfacciatamente la legge umanitaria internazionale” ha dichiarato Lama Fakih, la consigliere per le crisi di Amnesty.
Le forze curde controllano l’area settentrionale e nord orientale della Siria da quando l’esercito siriano si è ritirato nel 2013. I curdi sono in prima linea nella battaglia contro i jihadisti dello Stato Islamico (Is) rappresentando l’unico caso di cooperazione ben riuscita tra le forze delle coalizione internazionale a guida Usa e le “truppe sul terreno” anti-Is. Proprio contro i miliziani jihadisti, i combattenti curdi hanno compiuto eroiche resistenze ottenendo, dopo sanguinose battaglie e grazie anche al contributo del blocco internazionale, importanti vittorie (Kobane e Tel Abyad su tutte). Conquistata la simpatia (e le armi) occidentali, in quanto unica forza in grado di assestare sconfitte di qualche rilevanza agli uomini di al-Baghdadi, i curdi sperano ora di poter riunire i tre cantoni del Rojava (il Kurdistan occidentale) liberando completamente l’ultimo, quello di Afrin, ancora in parte sotto occupazione dei fondamentalisti islamici.
Le loro imprese belliche anti-Is, insieme a una organizzazione della società che si propone di essere profondamente democratica, hanno permesso ai curdi siriani di incassare, soprattutto nell’ultimo anno, la solidarietà delle cancellerie e dell’opinione pubblica occidentali. Tuttavia, da mesi alcuni fonti arabe e turche denunciano presunte violazioni e crimini compiuti dalle loro forze (Ypg) nei confronti delle popolazioni non curde che risiedono nelle aree riconquistate allo Stato islamico. Quanto Amnesty oggi ha rivelato, dunque, non aggiunge nulla di nuovo a quanto è stato detto in passato. L’elemento innovativo, però, è rappresentato dal fatto che a parlare di queste presunte azioni di pulizia etnica non sono più la “nemica” Ankara o eventuali ribelli siriani rancorosi perché messi da parte nell’eventuale amministrazione delle zone liberate, ma una rinomata organizzazione internazionale. Secondo quanto affermano i cittadini della provincia settentrionale di Raqqa e in quella del nord est di Hasakeh intervistati da Amnesty, infatti, le forze curde siriane avrebbero condotto demolizioni di massa delle loro case con il pretesto di combattere i miliziani di al-Baghdadi. Una accusa molto grave che la ong britannica conferma quando sostiene che le distruzioni esaminate “non sono il risultato di un combattimento, ma parte di una campagna coordinata e di punizione collettiva dei civili dei villaggi precedentemente occupati dall’Is o dove [vi era] una piccola minoranza sospettata di sostenere il gruppo [fondamentalista]”.
“Ci hanno buttato fuori dalle nostre case e hanno incominciato a bruciarle, poi le hanno rase al suolo con i bulldozer. Hanno demolito casa dopo casa finché il villaggio non è stato distrutto” ha raccontato ad AI un abitante del villaggio di Husseiniya (nord est della Siria). Proprio ad Husseiniya le immagini satellitari visionate dall’organizzazione britannica mostrerebbero che il 94% dei villaggi è stato distrutto tra il giugno 2014 e il 2015.
Situazione ancora più difficile nella provincia di Raqqa, la città che è considerata la “capitale” siriana dell’Is. Alcuni residenti dei villaggi della zona hanno detto ad Amnesty di essere stati accusati dai combattenti del Ypg di aver sostenuto lo Stato islamico e sarebbero stati, pertanto, costretti a lasciare le loro case con la forza. In alcuni casi, riferiscono gli intervistati, la minaccia che essi avrebbero subito sarebbe stata rappresentata dai raid della coalizione: “Ci hanno detto che ce ne dovevamo andare o loro [le Ypg] avrebbero detto alla coalizione Usa che eravamo terroristi facendoci bombardare” ha rivelato un residente di Safwan.
A queste pesanti accuse le forze curde si sono normalmente difese affermando che gli incidenti erano “isolati”, evacuazioni a breve termine “necessarie” per tenere al sicuro i civili durante i combattimenti nelle aree limitrofe. Erano, in pratica, falsità propagandate e orchestrate dalla rivale Ankara preoccupata per il crescente grado di appeal dato dall’Occidente ai “terroristi” curdi. Giustificazioni che non convincono però Amnesty secondo la quale molte aree in cui sarebbero avvenuti i trasferimenti forzati di popolazione non erano vicine alle linee del fronte. “L’amministrazione autonoma [curda] deve immediatamente fermare la demolizione illegale di case dei civili, compensare coloro le cui abitazioni sono state illegalmente distrutte, porre fine ai trasferimenti illegali [di popolazione] permettendo ai residenti di ritornare [ai loro villaggi] e di ricostruirli” ha detto Fakih. Nena News
è una cosa sospetta che Amnest International si svegli solo quando la cosa può essere di vantaggio per gli USA, come in passato che promosse una petizione per chiedere ai Russi di non inviare armi ad Assad e ha taciuto sulla presenza pesante della CIA in Siria.
Amnesty sta perdendo credibilità, usa i diritti civili come arma di disinformazione.