Federica Iezzi ci porta in giro in Paesi dove le donne, affrontando ostacoli e problemi, molto spesso la lotta per la sopravvivenza, hanno accettato la sfida per la conquista dei diritti e della libertà
di Federica Iezzi
Roma, 8 marzo 2018, Nena News – Kenya
Nadine è la spina dorsale dello sviluppo dell’economia rurale nel distretto di Laikipia, in Kenya. La produzione agricola della sua piccola farm è un gioiello in una terra arida e infruttuosa. Instancabile, percorre ogni giorno lunghe distanze per trasportare acqua e raccogliere legna da ardere. I costumi sociali le hanno imposto per anni una limitazione alla partecipazione nei processi decisionali dell’attività agricola che porta avanti nella sua terra. Oggi è lei la regina indiscussa di un progetto agricolo autosostenibile.
La percentuale femminile di lavoro nella produzione agricola kenyana è salita al 40%. Rimane una lotta perpetua in una povertà ciclica. Le sfide storiche relative alla proprietà terriera in generale lasciano le donne in svantaggio. Gli studi condotti dall’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura, mostrano costantemente che le donne controllano meno terra e fanno molto meno ricorso a tecnologie. Si stima che se le donne avessero lo stesso accesso alle risorse in tutto il mondo, i loro rendimenti potrebbero aumentare fino al 30%, determinando una riduzione del sostentamento alimentare.
Eritrea
L’Eritrea offre l’opportunità di studiare un movimento rivoluzionario moderno e di successo che ha fatto molto affidamento sui contributi delle donne sia come personale di supporto che come soldati di prima linea. Che ruolo hanno avuto le donne nell’indipendenza dell’Eritrea e quale ruolo giocano attualmente? Che ruolo gioca l’inclusione femminile nel creare una società civile? E in che modo l’aspetto generazionale del servizio militare femminile ha influenzato la percezione generale della donna?
A questo risponde la voce delle donne eritree. Oppresse da un servizio militare obbligatorio, comprensivo di addestramento, dall’età di 18 anni, che si estende spesso per decenni, non possono pianificare studi e vita sociale.
Siria
Chi vorrebbe essere una donna ad Aleppo? La popolazione femminile della seconda città siriana si è trovata minacciata sia dagli omicidi dello Stato Islamico che dagli alleati russi del presidente, Bashar al-Assad.
Sta nuovamente cambiando l’aspetto di Aleppo. La frenetica ricostruzione su un territorio ancora pericolante tiene impegnati gli occhi occidentali.
La storia delle donne che hanno scelto di non andarsene non la racconta mai nessuno. Sono loro che rimangono, contro ogni aspettativa, per aiutare la città a sopravvivere. Sono state costrette ad affrontare ripetuti attacchi e tentativi di assassinio.
Le loro parole spezzano l’aria ‘Mi manca la mia vecchia vita. Mi manca cucinare e pulire casa per la mia famiglia’. Molte mamme temono perfino di mandare i loro figli a scuola. E allora siedono fuori dagli edifici scolastici tutto il giorno mentre i figli sono dentro. E ti ripetono ‘Se l’aula viene colpita, almeno muoio con loro’
Iraq
Per le donne e i loro bambini vivere da rifugiati può essere particolarmente dura. Le donne che sono separate dalle loro comunità e dalle loro famiglie sono spesso esposte a un rischio più elevato di sfruttamento. Il problema è ulteriormente esacerbato da una debole protezione legale e una scarsa consapevolezza delle donne dei loro diritti. Con poco o nessun reddito regolare, queste donne e i loro figli, inoltre, affrontano una povertà schiacciante.
E’ quello che accade tutti i giorni agli sfollati interni e ai rifugiati iraqeni. Da più di dici anni fuori dalle loro case, non riconoscono una quotidianità. Le donne insegnano nelle scuole, curano negli ospedali, ascoltano le violenze nei centri qualificati. Portano avanti famiglie e tradizioni.
Somalia
Mogadiscio è un inferno vivente per le donne che lottano per nutrire i loro figli in mezzo a guerra, siccità, carestia e totale devastazione.
La Somalia è spesso descritta come un Paese senza legge, inghiottito in un conflitto che perdura da 20 anni. Uno dei maggiori rischi per la vita delle donne non è la guerra, ma la nascita. Le possibilità di sopravvivenza per una donna diminuiscono considerevolmente durante una gravidanza, a causa dell’assente assistenza prenatale, di forniture mediche inesistenti, della mancanza di infrastrutture. Il rischio di morire in seguito al parto è di una donna su 14. Uno dei tassi più alti al mondo, secondo solo all’Afghanistan.
Palestina – Striscia di Gaza
Tre generazioni di donne nella Striscia di Gaza, nonostante violenze e soprusi, riescono a trovare ancora un motivo per sorridere.
La maggior parte di queste donne non sono mai state fuori da Gaza. Immortalate nei loro momenti privati, hanno una vita incredibilmente ricca. Lavorano, vanno a scuola, hanno speranze e sogni, sull’inumano sfondo del suono degli F16.
Quando si pensa alla striscia di Gaza, si immagina solo un posto lacerato e distrutto dalla violenza, ma allontanando le lenti dai passati conflitti si trovano esempi di forza e resilienza femminile. Molte delle sfide che affrontano le donne sono universali. Ma quando sei una ragazza a Gaza, la tua esistenza è definita dai suoi confini politici, culturali, letterali e metaforici. Nena News
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