L’attacco è avvenuto mentre le Nazioni Uniti provano disperatamente a raggiungere un accordo di cessate il fuoco nel Paese
della redazione
Roma, 3 luglio 2018, Nena News – L’ennesimo massacro saudita in Yemen: bombardati ieri un porto e un mercato di pesce nella città portuale di Hudaydah. Secondo fonti mediche locali e agenzie umanitarie, il bilancio (parziale) del bombardamento è di 26 persone uccise. La situazione è però molto grave: la Commissione internazionale della Croce Rossa ha scritto su Twitter che sta inviando all’ospedale al-Thawra del materiale sanitario per curare 50 feriti che sono in condizioni critiche. L’ospedale ha fatto sapere che il bombardamento di ieri ha preso di mira il suo ingresso principale e ha ucciso molte persone. Per l’agenzia Saba, vicino ai ribelli sciiti houthi, le vittime sono almeno 40.
Accusata per il nuovo massacro, Riyadh prova a difendersi attaccando i ribelli: sono loro che uccidono i civili in città ha detto ieri un rappresentante saudita intervistato dalla tv al-Arabiyya. L’obiettivo è chiaro: Riyadh sa che controllare Houdaydah – ancora in mano degli houthi nonostante i quasi due mesi di offensiva saudita – potrebbe segnare un punto di svolta nel conflitto yemenita iniziato nel marzo del 2015.
La strage di ieri giungeva nelle stesse ore in cui le Nazioni Unite provavano disperatamente a raggiungere un accordo di cessate il fuoco nel Paese. Gli houthi hanno fatto sapere tre giorni fa che fermeranno unilateralmente per due settimane gli attacchi sul Mar Rosso così da creare un clima favorevole alle trattative di pace. Non solo: si sono detti disponibili a consegnare il controllo del porto alla comunità internazionale. Riyad si mostra però inflessibile: per la monarchia wahhabita l’unica soluzione è che gli houthi lascino la costa occidentale del Paese. Intanto, alcuni giorni fa hanno deciso di sospendere le esportazioni di petrolio nel Mar Rosso in seguito ad un recente attacco dei ribelli sciiti.
Ma la chiusura del porto di Hudaydah ha un impatto devastante per l’intero Paese: qui, infatti, passa il 70% delle importazioni di cibo. Chiuderlo vuol dire aggravare la già gravissima situazione umanitaria dello Yemen dove circa 8,4 milioni di yemeniti rischiano di morire di fame. Le condizioni di vita per i civili di Hudaydah sono terribili al punto che alcuni giorni fa l’Onu ha parlato di una nuova possibile “catastrofe umanitaria”.
Proprio per questo motivo le Nazioni Unite spingono sull’acceleratore e hanno indetto per il 6 settembre nuovi incontri di pace. Ieri l’inviato speciale dell’Onu in Yemen, Martin Griffiths, ha detto al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite che “una soluzione politica alla guerra è possibile” e ha invitato perciò la comunità internazionale a sostenere i negoziati. Nena News
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