Il governo yemenita, in risposta alla strage di civili del 29 gennaio e al Muslim Ban, sospende l’autorizzazione a condurre azioni via terra all’esercito statunitense
della redazione
Roma, 8 febbraio 2017, Nena News – Il governo yemenita, alleato dell’Arabia Saudita, ha revocato il permesso all’esercito statunitense a condurre operazioni di terra contro i jihadisti di Aqap, Al Qaeda nella Penisola Arabica, dopo la strage di civili compiuta alla fine di gennaio. Un massacro che il Pentagono aveva parzialmente ammesso – il primo sotto la dirigenza Trump – chiamandolo però “operazione di successo”, mentre i media internazionali andavano a spulciare tutti gli errori di intelligence compiuti in un raid che era stato rinviato più volte dall’amministrazione Obama.
Obiettivo dell’operazione era il capo di Aqap in Yemen, Qassim al-Rimi. Insieme a lui sono morti 14 miliziani e 23 civili, tra cui una bimba di 8 anni, figlia del religioso jihadista Anwar al-Awlaki, cittadina Usa. Il lancio dell’operazione, hanno scritto i giornali statunitensi, è stato deciso durante una cena tra Trump e i capi della sicurezza Usa, lontano dunque dalla famosa Situation Room dove operano generalmente i presidenti e dalle necessarie informazioni di intelligence per verificare il target.
Ieri è giunto lo stop yemenita che alcuni imputano anche alla naturale reazione dopo il Muslim Ban di Trump, che esclude dal territorio Usa anche i cittadini yemeniti, mentre altri parlano del fastidio dei capi dell’esercito governativo, non consultati prima della missione.
Il permesso è revocato per le operazioni terrestri delle unità speciali e non dunque i raid compiuti con i droni, pratica ormai usuale nel paese del Golfo, diventato negli anni – soprattutto sotto Obama – modello della cosiddetta guerra a distanza ad Al Qaeda. Un modello sche scricchiola: alle stragi di civili, spesso passate sotto silenzio, si aggiunge uno scarso impatto sull’organizzazione jihadista. Aqap non si è indebolito, ma avanza: gli ultimi giorni hanno visto la conquista di altre tre città nella provincia orientale di Abyad.
Più che Al Qaeda, lo Yemen è il teatro dello scontro con l’Iran, portato avanti da Washington come da Riyadh: la scorsa settimana la Casa Bianca ha inviato il cacciatorpediniere Uss Cole sullo stretto di Bab al-Mandab dopo che i ribelli Houthi aveva lanciato un missile contro una nave saudita. A monte sta però ben altra motivazione: gli Usa intendono assumere il controllo totale dello stretto facendo quanto i sauditi fanno in cielo. Un blocco navale che impedisca ai ribelli Houthi di rifornirsi di armi e munizioni e di portare avanti una resistenza che dura ormai da oltre due anni.
Prosegue intanto la campagna militare saudita contro il paese più povero del Golfo: ormai chiaramente impantanata in un conflitto che non riesce a vincere, Riyadh continua con i raid aerei. Stanotte è stata colpita la provincia di Sa’ada: secondo i media locali non ci sarebbero vittime ma gravi danni a case private.
Ieri le forze governative sostenute dalla coalizione a guida saudita hanno, invece, ripreso la città di al-Mokha, sul mar Rosso, con il sostegno delle truppe degli Emirati Arabi.L’obiettivo è avvicinarsi alla città portuale di Hodeidah, lungo la costa occidentale, in mano ai ribelli Houthi dall’inizio del 2015. Si tratta del principale porto yemenita per l’importazione di cibo: lo Yemen acquista dall’estero il 90% dei beni alimentari che consuma, quantità oggi ridotte all’osso dal blocco saudita e che sta letteralmente uccidendo di malnutrizione migliaia di civili. Nena News