Una delegazione del movimento ribelle vola a Riyadh per un negoziato segreto. L’Iran prospetta l’invio di consiglieri militari, mentre l’Onu fatica a trovare il denaro per gli aiuti: raccolto finora solo il 2% del necessario
della redazione
Roma, 9 marzo 2016, Nena News – Uno spiraglio si apre di fronte allo Yemen: a quasi un anno dall’inizio dell’operazione “Tempesta Decisiva”, scatenata da Arabia Saudita, Emirati Arabi, Qatar e Egitto contro il movimento ribelle Houthi, ieri sera per la prima volta le due parti si sarebbero incontrare a Riyadh.
Lo rendono noto due funzionari sauditi anonimi: una delegazione Houthi (guidata dal portavoce Mohammed Abdel-Salam) è volata in Arabia Saudita per quello che viene definitivo il più serio incontro dall’inizio della campagna militare. Per ora non si conoscono i dettagli del meeting: quello che si sa è che il movimento sciita è arrivato a Riyadh su invito delle autorità locali, dopo una settimana di dialogo segreto. Non si sa nemmeno se l’incontro sia sponsorizzato dall’Onu, che per mesi ha tentato di portare al tavolo le due parti. Ieri, però, l’inviato delle Nazioni Unite per lo Yemen, Ismail Ould Cheikh Ahmed, ha concluso quattro giorni di visita a Riyadh, dove ha incontrato Hadi, il presidente yemenita alleato saudita.
I media arabi riportano, però, di un primo scambio di prigionieri: la coalizione a guida saudita ha riavuto indietro un ufficiale in cambio di sette prigioneri Houthi.
La notizia giunge qualche ora dopo la dichiarazione del generale iraniano Masoud Jayazeri, vice capo di stato maggiore di Teheran: l’Iran potrebbe sostenere il movimento Houthi come fatto con il presidente siriano Assad. Ovvero, specifica il generale, inviando consiglieri militari in Yemen.
Una presa di posizione che modificherebbe gli equilibri in campo, almeno politici: finora Teheran, pur accusata da più parti di fornire armi e uomini ai ribelli, non è mai voluta entrare nel conflitto yemenita. Se già in passato iraniani e Houthi non erano legati da una solida alleanza, ma divisi da divergenze politiche e strategiche, oggi la Repubblica Islamica non pare affatto interessata ad entrare in un altro fronte di guerra. Al contrario, sembra volta a mantenere l’attuale status quo, una bilancia che pende a proprio favore nella regione dopo l’accordo sul nucleare firmato con il 5+1 e l’adozione di un ruolo di mediatore nei conflitti regionali.
Il gioco di Riyadh, che ha cercato di trascinare l’avversario nel campo di battaglia yemenita, non ha funzionato finendo per impantanare i sauditi in quello che molti media definiscono il Vietnam dei Saud. Un Vietnam soprattutto per la popolazione civile che piange oltre 6mila morti, di cui 2mila bambini (dati Onu, sebbene fonti locali parlino di 8mila vittime) e che conta oggi oltre 2,4 milioni di sfollati interni. A darne un bilancio è il portavoce delle Nazioni Unite Stephane Dujarric: “Il rapporto mostra che la situazione è destinata a peggiorare, a causa di un peggioramento delle condizioni umanitarie e socio-economiche e senza una soluzione politica all’orizzonte”.
La situazione più drammatica si registra nelle zone più calde, Taiz, Sana’a, Sa’ada, principali terreni di scontro tra forze pro-governative e movimento ribelle. Luoghi dove gli aiuti, scarsissimi in tutto il paese, non arrivano. A Ginevra lo Yemen Humanitaria Response Plan ha chiesto di raccogliere 1,8 miliardi di dollari per soccorrere circa 13 milioni di persone. Ma ad oggi i donatori internazionali hanno messo sul piatto solo il 2% della richiesta. Nena News