Ad annunciarlo stamane è stato il portavoce del blocco sunnita, il Generale saudita Ahmed al-Assiri. Termina così un cessate il fuoco mai rispettato
Roma, 21 novembre 2016, Nena News – Il portavoce della coalizione saudita, il Generale Ahmed al-Assiri, ha detto oggi alla tv panaraba al-Arabiya che il cessate il fuoco di 48 ore proclamato sabato a mezzogiorno (ora locale) non sarà esteso.
In realtà in queste ore i combattimenti non si sono mai fermati: duri scontri sono stati registrati in particolare nella città di Taez dove le forze ribelli houthi e i loro alleati stanno assediando i lealisti del presidente Hadi (sostenuto dalla coalizione).
Segnalati diversi raid aerei del blocco sunnita guidato da Riyadh nella capitale Sana’a (sotto il controllo degli houthi) e nelle città di Ma’arib e Joub (est del Paese) e lungo il confine nord.
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della redazione
Roma, 19 novembre 2016, Nena News – La coalizione sunnita a guida saudita ha dichiarato stamane all’alba una tregua di 48 ore con inizio da mezzogiorno di (ora locale). Il cessate il fuoco, si legge in un comunicato del blocco sunnita, potrebbe essere esteso se i ribelli non faranno uso di armi e permetteranno l’ingresso di aiuti umanitari nelle aree sotto il loro controllo. L’annuncio dello stop temporaneo alle ostilità giunge a sorpresa dopo che il governo yemenita aveva più volte respinto negli ultimi giorni la proposta del Segretario di stato Usa John Kerry di far tacere le armi.
Una sorpresa, però, limitata: ancora una volta è evidente che il centro decisionale dell’esecutivo yemenita non sia affatto ad Aden, la capitale “temporanea”, ma a Riyadh. Ad uscire con le ossa rotta è soprattutto il presidente “legittimo” Hadi i cui alleati hanno mostrato nuovamente a livello internazionale la sua irrilevanza politica. Cosa nota soprattutto agli houthi che, a differenza di Aden, hanno accettato il piano di pace Onu (ritiro dalle aree da loro occupate) a patto che il governo d’unità sarà diretto da una figura politica unitaria e non marionetta dei sauditi come è Hadi.
La richiesta di 48 ore di stop ai combattimenti non ha ancora ottenuto una risposta affermativa da parte dei ribelli. Le possibilità che possano accettare i termini della tregua, però, sembrano esserci tutte: Kerry, del resto, aveva dichiarato martedì che era riuscito a strappare un loro sì dopo averli incontrati in Oman. Se gli houthi dovessero dare parere affermativo, quella annunciata stamane sarebbe la settima tregua concordata da quando la coalizione a guida saudita ha iniziato a bombardare il Paese (marzo 2015). Le precedenti, mai del tutto rispettate, sono naufragate miseramente dopo poco. Emblematica a tal proposito è stata l’ultima dello scorso ottobre che fu segnata da continue denunce di violazioni sia da parte ribelle che da quella dei lealisti del governo.
Uno stop alle armi appare necessario. Milioni di civili infatti sono in “disperato bisogno di aiuti umanitari” (parole dell’Onu). I dati del conflitto non hanno bisogno di ulteriori commenti: questi 19 mesi di guerra hanno prodotto – nel silenzio internazionale – almeno 3 milioni di civili sfollati, circa 10.000 le vittime e oltre 37.000 feriti. Oltre a rappresentare un fiasco totale della coalizione: l’alleato Hadi, infatti, resta ancora confinato nel sud e nelle aree vicine al confine saudita laddove la capitale Sana’a, la costa del mar Rosso e molte parti settentrionali e centrali continuano ad essere ad appannaggio degli houthi e dei loro alleati.
Perché questa tregua resti in piedi, fa sapere il blocco sunnita, è necessario che venga garantito l’invio di aiuti nelle aree assediate dai ribelli. È stato chiesto poi agli houthi di mandare dei loro rappresentanti ad una commissione di monitoraggio creata ad hoc per completare l’implementazione del cessate il fuoco.
L’annuncio di stamane del blocco sunnita giunge il giorno dopo l’ennesima mattanza avvenuta nel Paese, forse proprio ad opera dei jet della coalizione. Ieri, infatti, più di 20 civili sono stati uccisi in un bombardamento su un mercato affollato a Taez, città controllata dai ribelli. Più di 75 i feriti (alcuni molto gravi). L’attacco è stato condannato immediatamente da Medici senza Frontiere (Msf) che ieri, ancora una volta, ha dovuto piangere la perdita di un suo membro.“Tristemente – ha detto il capo missione di Msf in Yemen, Djoen Besselink, uno dei nostri colleghi che lavorava al nostro centro traumi a Taez è stato ucciso mentre non era in servizio quando un’esplosione ha colpito il mercato del quartiere”. Nena News