Oltre 300 i minatori morti nella miniera di Soma. E nel Paese infuriano le polemiche: se documenti e studi annunciavano le inadeguate condizioni di sicurezza della miniera, perché il governo non li ha tenuti in considerazione?
di Roberto Prinzi
Roma, 19 maggio 2014, Nena News – Sono 301 le vittime dell’esplosione di Soma. Non è bastato l’impegno encomiabile dei soccorritori e vani si sono rivelati alla fine i tentativi disperati di pompare aria all’interno della miniera. Il destino delle centinaia di lavoratori intrappolati a centinaia di metri di profondità era apparso scritto sin dalle prime ore. Lo sapevano i familiari dei minatori radunati in angosciosa attesa fuori la miniera. Lo sapevano soprattutto i colleghi sopravvissuti che, con il volto sporco di nero, riuscivano a rivedere la luce. Ma nessuno aveva osato dirlo ad alta voce. Nessuno lo avrebbe mai accettato.
E così ieri è arrivato il dato definitivo. Una ecatombe, una carneficina. Ma nonostante le responsabilità per il massacro siano sotto gli occhi di tutti, le autorità turche – compresa la società mineraria – non hanno ancora alcuna intenzione di ammettere le proprie colpe. E mentre nel Paese si moltiplicano i gesti di solidarietà – l’altro ieri anche i giocatori del Galatasaray hanno dimostrato la loro vicinanza alle famiglie dei lavoratori deceduti scendendo in campo con gli elmetti in testa – e infuriano le proteste contro il governo, la risposta di Ankara continua ad essere monotona e violenta: repressione. In questo clima incandescente la giustizia ha incominciato ieri a muovere (timidamente) i primi passi: sono 24 gli ordini di arresto spiccati ieri a carico dei vertici della società mineraria, accusati di grave negligenza per le condizioni lavorative non a norma. Ma troppi dubbi restano sulle dinamiche dell’incidente.
In attesa che si faccia completa chiarezza su quanto accaduto, la morte delle centinaia di minatori deve portarci ad un immediata riflessione linguistica. Quanto successo nella miniera di Soma non è stato una “tragica casualità”, un “evento naturale”, ma un massacro criminale annunciato. Statistiche, studi e i tanti incidenti mortali avvenuti in quella miniera nel corso degli anni lo mostrano chiaramente. E a dare maggiore consistenza a questa affermazione sono ora i racconti dei minatori sopravvissuti. Uno di questi intervistato dalla tv privata Halk Tv, ha detto: “le macchine fischiavano da anni. Sapevo quale fosse il motivo: le macchine scavavano zone che non avrebbero dovuto scavare in cui c’era il metano”. “Gli ispettori venivano – ha aggiunto – ma controllavano solo i tunnel principali. Non facevano indagini approfondite”. Un altro suo collega, invece, al giornale Milliyet ha dichiarato che nella miniera di Soma c’era solo un rifugio e che, per giunta, era troppo lontano per essere utilizzato. “Le probabilità di rimanere intossicati prima di raggiungerlo erano alte. Potevamo arrivare lì solo con le maschere ad ossigeno, ma era troppo rischioso”. Parole che hanno avuto riscontro nella realtà. Alcuni soccorritori hanno trovato i corpi senza vita di 14 minatori in un camera di appena cinque metri quadrati. Avevano provato a salvarsi scambiandosi a turno le maschere ad ossigeno.
Che ci fosse solo un rifugio è stato confermato anche dai vertici dell’azienda durante la conferenza stampa convocata venerdì mattina. Ma la compagnia si è giustificata affermando che erano in corso lavori per aumentare il numero delle aree di sicurezza. Secondo Alik Celik, direttore generale dell’azienda proprietaria della miniera di Soma, in questi anni “non c’è stata alcuna negligenza” da parte della compagnia. “Abbiamo lavorato duramente – ha aggiunto – non si vedevano incidenti del genere da 20 anni”. Dunque, in poche parole si è trattato di una tragica calamità.
Commentando la tragedia di Soma, il Premier turco Erdogan aveva usato toni simili. “Sono cose ordinarie” aveva chiosato il “sultano” minimizzando il dolore di un’intera comunità in lutto. Eppoi, nel tentativo (goffo) di rassicurare il suo popolo, aveva aggiunto: “incidenti del genere sono successi anche in Gran Bretagna nel diciannovesimo secolo”. Come se morire di lavoro fosse una cosa normale. Come se la disperazione di migliaia di famiglie turche potesse essere placata da paralleli storici e spazzata via con altro lutto. Come se le condizioni di sicurezza e i diritti dei lavoratori del 19° secolo potessero essere legittimamente messi a confronto con quelli di un Paese del ventunesimo secolo che mira a entrare nella “civile” Europa.
Quanto successo a Soma era scontato, tragicamente “logico”. Il governo lo sapeva ma ha preferito chiudere gli occhi. Così come lo sapevano i vertici della compagnia strettamente legati all’AKP, compagine politica del Premier. Ma troppo poco vale la vita di un lavoratore. E “troppe” sono le spese per mettere in regola una miniera. E così se il profitto non può essere arrestato (ma anzi deve essere aumentato) su qualcosa bisognerà pure tagliare per ridurre i costi di produzione. Qualcosa bisognerà pure immolare sull’altare del capitalismo. I lavoratori turchi questo lo sanno bene.
I dati, le statistiche e gli studi dell’Opposizione turca e dei gruppi extra parlamentari forniscono un quadro drammatico del lavoro in Turchia. Secondo i dati dell’Assemblea di Sicurezza e Salute del Lavoratore 1.235 lavoratori sono morti nel 2013. A questo numero vanno aggiunti i 396 dei primi quattro mesi del 2014. E a morire sono soprattutto minatori. Secondo il quotidiano Radikal, la Turchia detiene dal 2011 il poco invidiabile record di maggiori incidenti mortali in miniera.
Un rapporto della Camera degli Ingegneri delle miniere del 2010 (quattro anni prima del massacro di Soma) aveva denunciato il governo per le condizioni lavorative dei minatori. Le stesse preoccupazioni erano condivise anche da altri gruppi non governativi e organizzazioni professionali impegnati nel settore.
Tra questi vi è la TMMOB (Unione delle Camere degli ingegneri e degli architetti turchi). La TMMOB condanna nettamente la privatizzazione delle miniere e le politiche nel settore. “Le imprese tentano di fare alti profitti nel breve termine, quindi la produzione deve assicurare immediati e grossi guadagni. Il personale è incompetente, inadeguato ed è nominato politicamente. Pertanto il governo non lo controlla come dovrebbe”.
Il documento della TMMOB spiega, inoltre, perché il rischio di incidenti nelle miniere turche è elevato. Mancano appropriati sistemi di ventilazione, non vi sono strutture che permettono l’evacuazione del personale, non ci sono sistemi che avvisano se fuoriescono gas tossici e vi sono pochi strumenti che misurano il gas. Dunque, in poche parole, meno tutele per il lavoratore, costi di produzione più bassi, più profitti per i padroni.
In un’intervista del 2012 Alp Gurkan – capo della Soma Holding che ha acquisito la miniera di Soma nel 2007 – si vanta di come sia riuscito a ridurre i costi di produzione di una tonnellata di carbone a 23.80 dollari (prima della privatizzazione della miniera il costo era di 130/140 dollari). Alla luce del “miracolo” di Gurkan, è ancora possibile ritenere l’esplosione di quattro giorni fa un “evento che può accadere” come dichiara il signor Erdogan?
I vertici dell’azienda proprietaria della miniera non hanno voluto ancora fornire spiegazioni sulle cause dell’incidente. A dare qualche informazione è stato Ramazan Dogru, il general manager della Soma Komur. Dogru ha detto che l’incidente è stato causato da una “esplosione di polvere di carbone”. Troppo poco per migliaia di famiglia che desiderano sapere la verità sul perché i loro cari sono morti di lavoro.
Nonostante i pareri discordanti sulle cause dell’incendio, tutti concordano però su un punto: le misure di sicurezza della miniera non erano a norma. Anche la Camera degli Ingegneri elettrici (EMO), dopo aver esaminato il luogo del disastro, ha parlato di sistemi inadeguati e obsoleti.
Un segreto di pulcinella. Sei mesi fa il principale partito di opposizione (CHP – Partito Popolare Repubblicano) aveva chiesto di aprire un’inchiesta sui tanti incidenti mortali avvenuti in quella miniera. La mozione veniva però respinta venti giorni fa dai deputati del Partito di Giustizia e Sviluppo (AKP).
In questi giorni l’opposizione parlamentare sta alzando la voce. Il leader del CHP, Kemal Kiliçdaroglu, si è domandato ironicamente: “perché la Turchia è al primo posto negli incidenti sul lavoro in Europa e ha il maggior numero di morti nelle miniere di carbone? Non tutti i paesi europei hanno questa ‘natura’”. “Natura” è stato il termine utilizzato da Erdogan quando, appresa la notizia della tragedia in corso a Soma, ha affermato che gli incidenti mortali sono “nella natura della professione”. “Anche in Europa – ha aggiunto Kiliçdaroglu – ci sono le miniere di carbone, ma perché non hanno gli stessi morti come la Turchia? Perché?”.
Resta da capire ora quali saranno le ripercussioni politiche del massacro di Soma. Che il Premier sia sotto pressione è evidente. Troppe grane nell’ultimo anno per il “sultano”: i “terroristi” di Gezi Park, la tangentopoli turca, il (presunto) scandalo sessuale, l’imbarazzo del video in cui il Ministro degli Esteri Davotuglu e il capo dei Servizi Segreti turchi pianificano delle provocazioni militari in Turchia per avere la scusa di attaccare la Siria. Ora il massacro di Soma dove il suo partito ha evidenti responsabilità. Il calcio del suo consigliere ad un manifestante, il (presunto) pugno scagliato dal Premier ad un contestatore (pare dopo avergli rivolto offese antisemite) sono immagini che raccontano di un AKP sotto pressione, per la prima volta in difficoltà dopo undici anni di dominio incontrastato. L’Opposizione riuscirà ad approfittarne? Le migliaia di giovani e di lavoratori scesi in piazza in questi giorni continueranno a sfidare la dura repressione del governo? E in che modo? Domande legittime soprattutto se si pensa che il 28 maggio ricorre l’anniversario delle proteste di Piazza Taksim dello scorso anno.
Ma non bisogna illudersi. Nonostante esista una forte e coraggiosa opposizione, il Paese sembra essere saldamente nelle mani di Erdogan. Nel suo editoriale su Hurriyet Burak Bekdil ha scritto amaramente: “durante la sua campagna elettorale prima delle amministrative del 30 marzo, il proprietario della miniera è stato abbastanza gentile a concedere ai suoi minatori ‘un giorno libero’. Così questi potevano andare al raduno di Erdogan programmato in città. I minatori erano lì e lo hanno sostenuto con i loro caschi gialli. E’ stato un bel giorno di riposo. Sembravano felici. Il loro capo lo era. Così il Premier. A Soma il 30 marzo Erdogan ha preso il 45% dei voti esattamente come nel resto della Turchia. Più o meno in quei giorni il partito di Erdogan respingeva un’inchiesta parlamentare sulle condizioni di sicurezza della miniera dove centinaia di minatori hanno perso la vita alcuni giorni fa. Ma Erdogan non deve preoccuparsi. L’autore di questo editoriale scommetterebbe tutto il denaro in suo possesso che, se ci fossero le elezioni a Soma il giorno dopo che la città ha seppellito i suoi minatori defunti, il signor Erdogan vincerebbe facilmente lo stesso”. Nena News
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