Ieri nel tribunale speciale di Sincan, completamente blindato, sono stati chiamati 330 imputati. Così l’Akp prepara il paese al referendum del 16 aprile
della redazione
Roma, 01 marzo 2017, Nena News – Si è aperto ieri il più grande processo sul fallito golpe del 15 luglio: oltre 1.500 posti disponibili in un tribunale speciale costruito appositamente dal governo. I primi finire davanti alla corte di Sincan, poco fuori la capitale, sono stati 330 sospetti sulla cui testa pesano ergastoli multipli con l’accusa di far parte del movimento Hizmet dell’imam Gulen, di omicidio e tentato omicidio, di tentativo di rovesciare le istituzioni statali. Di questi, 245 sono già in arresto e molti di loro erano membri della scuola per cadetti di Ankara.
La corte di Sincan, costruita dentro una prigione, ieri era blindata: elicotteri sorvolavano l’edificio, cannoni ad acqua erano pronti nel caso di proteste, uomini armati fino ai denti circondavano il tribunale. Durante l’udienza, alcuni cadetti hanno detto di aver ricevuto l’ordine di intervenire la notte del 15 luglio perché era in corso un attacco terroristico. Di non sapere, dunque, che in corso c’era un colpo di Stato e di non avere nulla a che fare con l’organizzazione di Gulen, bollata come terroristica dopo anni di alleanza e cooperazione con il partito di governo Akp che ha plasmato il volto dell’economia del paese e delle sue istituzioni.
Se quello aperto ieri è il processo più grande, altri sono già in corso nel paese: 47 imputati sono a giudizio a Mugla, 270 a Smirne (tra loro lo stesso Gulen, giudicato in contumacia). Sono solo alcuni dei numeri della campagna epurativa messa in atto dal governo turco dopo il 15 luglio: al momento sono oltre 43mila le persone arrestate, così tante che nuove prigioni sono in via di costruzione e amnistie a favore di semplici criminali sono state ordinate per fare spazio ai presunti golpisti.
Ma oltre il doppio, più di 100mila, sono coloro che sono stati sospesi o licenziati dal lavoro, dai ministeri, dalla polizia e dall’esercito perché accusati di legami con Hizmet. E poi ci sono gli “effetti collaterali” dello stato di emergenza: sfruttando l’occasione di una pulizia generale di oppositori, Erdogan ha guidato una campagna di purghe molto più ampia che è andata a colpire la stampa, il mondo accademico e la comunità kurda, stavolta con l’accusa di legami con il Pkk.
Il clima paranoico che avvolge la Turchia sta garantendo all’Akp di prepararsi al meglio al referendum popolare del 16 aprile, quando gli elettori saranno chiamati ad approvare o rigettare la riforma costituzionale che introduce una forma estrema di presidenzialismo. Gli arresti tra gli oppositori si moltiplicano, andando a colpire centinaia di membri e sostenitori dell’Hdp, il partito di opposizione decapitato lo scorso novembre (10 i deputati in prigione, tra cui i due co-leader Demirtas e Yuksekdag). La strategia della paura per prendersi il paese. Nena News