Il rimpasto di governo deciso ieri dall’Autorità palestinese ha fatto infuriare Hamas che si è detta contraria a riconoscere le nuove nomine. Ancora tensione a Gerusalemme est dove un palestinese (poi ucciso) ha investito un gruppo di israeliani ad una fermata di autobus
della redazione
Roma, 15 dicembre 2015, Nena News – E’ bastato un piccolo rimpasto di governo deciso ieri dall’Autorità palestinese (Ap) per riportare nuovamente al centro delle cronache la divisione interna palestinese. Le nomine di Ali Abu Diak al dicastero della Giustizia, di Ehab Bseiso alla cultura e di Ibrahim al-Shaer agli Affari sociali hanno infatti scaldato gli animi degli islamisti di Hamas a Gaza.” [Il rimpasto] è una mossa che allontana la riconciliazione nazionale palestinese – ha denunciato Ziad az-Zaza, un membro di spicco del partito – “non riconosciamo i tre nuovi ministri e non avremo contatti con loro”. Al-Zaza ha poi invitato il presidente dell’Ap, Mahmoud Abbas, a “non esacerbare le divisioni” facendo partecipare tutte le fazioni al governo.
Nonostante le rassicurazioni del premier palestinese Rami Hamdallah, resta dunque ancora un miraggio la riconciliazione tra la forza islamica, che governa la Striscia di Gaza dal 2007, e l’Autorità palestinese di stanza a Ramallah. La (presunta) unità era stata siglata lo scorso anno, ma era subito apparsa una chimera: l’Ap, infatti, ha sempre accusato Hamas di essere un’amministrazione rivale e l’ha sempre guardata con diffidenza (arrestando anche numerosi suoi membri). Gli islamisti, invece, denunciano da tempo i tentativi di Abbas di liquidare Hamas e lo criticano duramente per il “suo coordinamento alla sicurezza” con Tel Aviv.
La (nuova, ma non ultima) querelle scoppiata ieri tra le due principali forze politiche palestinesi, è giunta in una nuova giornata carica di tensione nei Territori Occupati. Ieri l’aviazione israeliana è tornata a colpire un campo di addestramento dell’ala militare di Hamas (le brigate ‘Izz al-din al-Qassam) nella Striscia di Gaza non provocando però feriti. A Gerusalemme est, invece, si è registrato un nuovo caso di aggressione palestinese verso israeliani. Un auto guidata da un palestinese di Beit Hanina (Gerusalemme est) si è scagliata contro un gruppo di israeliani fermi ad una fermata di un autobus. Nell’attacco sono rimaste ferite 11 persone. L’autista del veicolo, Abed al-Mohsin Hassoneh, raggiunto dai proiettili sparati da un passante e da un ufficiale di sicurezza in borghese, è morto sul colpo. Secondo il portale israeliano Ma’ariv, in seguito all’attacco un bambino israeliano avrebbe perso una gamba. Con l’uccisione di Hannoneh sale a 113 il bilancio delle vittime palestinesi a partire dal 1 ottobre. Sono 19, invece, gli israeliani ad essere stati uccisi nello stesso periodo di tempo.
In serata il premier Netanyahu ha annunciato che verranno poste delle barriere di cemento vicino alle centinaia di fermate degli autobus della città in modo da proteggere i cittadini contro attacchi del genere. Attacchi che il presidente Abbas ha definito ieri “una giustistificata rivolta popolare”. “Non possiamo chiedere ai nostri giovani perché vanno [a farli]” ha detto a Ramallah. La violenza, ha affermato l’anziano leader, nasce dal fatto che “[i palestinesi] hanno perso la fiducia nella soluzione a due stati”. Immediata è arrivata la replica d’Israele: “non ci può essere alcuna giustificazione per attacchi contro i civili come quelli di oggi” ha detto il portavoce del governo israeliano, Mark Regev.
Una posizione non condivisa però dai palestinesi. Secondo un sodaggio del Palestinian Center for Policy and Survey Research, due terzi di loro continuano infatti a sostenere l’attuale ondata di accolellamenti. Se questi attacchi individuali si sviluppassero in una Intifada armata – hanno affermato gli intervistati – il popolo palestinese ne ricaverebbe maggiori benefici rispetto a quanti ne otterrebbe attraverso i negoziati. Nena News