Ucciso un mese fa, viveva nell’insediamento illegale di Havat Gilad. Ora riceverà fondi e permessi di costruzione: “Un cinico sfruttamento dell’omicidio”, dice Peace Now. Un 19enne palestinese ucciso durante le ricerche del responsabile dell’assassinio
della redazione
Roma, 5 febbraio 2018, Nena News – La colonia di Havat Gilad, illegale non solo per il diritto internazionale (tutti gli insediamenti nei Territori Occupati sono considerati illegittimi) ma anche per la stessa legge israeliana,è stata legalizzata. A decidere è stato il governo israeliano, ieri. Il motivo: in quella colonia – vicino la città di Nablus – viveva il rabbino Raziel Shevach, uno dei leader del movimento dei coloni ucciso il 9 gennaio da un palestinese lungo una strada della Cisgiordania.
Il responsabile, identificato come Ahmad Jarrar, 22 anni, è ricercato: per catturarlo l’esercito ha compiuto numerosi raid nei villaggi e le città vicine, messo sotto assedio e coprifuoco alcune comunità, arrivando fino a Jenin e uccidendo il cugino, omonimo,, e demolendo tre case della famiglia Jarrar.
Sabato un secondo giovane, Ahmad Samir Obeid, 19 anni, è stato ucciso con un colpo alla testa dall’esercito durante un raid nel villaggio di Wadi Burqin, vicino Jenin, nella caccia a Jarrar. Si tratta del 17esimo palestinese ucciso dal primo gennaio. Altri otto i feriti da pallottole e quattro arrestati.
“Oggi il governo riconoscerà lo status di Havat Gilad per renderela vità più ordinata – ha commentato Netanyahu – Chiunque pensi di poter distruggere il nostro spirito e indebolirci sta compiendo un grosso errore”. La decisione non è solo simbolica: il riconoscimento retroattivo di un insediamento considerato illegale dalla legge israeliana porterà sia al rilascio di permessi di costruzione che all’accesso a fondi statali. “Un cinico sfruttamento dell’omicidio”, ha risposto l’associazione israeliana Peace Now.
Il riconoscimento di Havat Gilad giunge ad un anno dall’approvazione di una controversa legge, criticata a livello internazionale, la cosiddetta “Regulation Bill”, che dà allo Stato il potere di legalizzare retroattivamente gli insediamenti che bollava come illegali. Un’ampia “amnistia” che riguarda 55 colonie e quasi 4mila unità abitative per coloni, oltre alla possibile confisca di 800 ettari di terre palestinesi.
Condanne arrivano anche dall’Organizzazione per la Liberazione della Palestina: “Netanyahu prova a compiere fatti sul terreno – ha detto il membro dell’Olp Wasel Abu Youssef – Tutte le colonie in Cisgiordania, compresa Gerusalemme, sono illegali”.
Intanto, proprio l’Olp si sta preparando a presentarsi all’Assemblea Generale dell’Onu per un piano di ritiro dalla cooperazione con Israele sia sul piano economico che della sicurezza, le due colonne portanti degli Accordi di Oslo del 1993 che hanno legato a doppio filo economia e sicurezza palestinesi, rendendole dipendenti dai sistemi israeliani.
Il Comitato esecutivo dell’Olp ha chiesto al governo dell’Autorità Nazionale Palestinese di agire e annunciato che formerà un team che implementi le decisioni del Consiglio Centrale dopo la decisione assunta il mese scorso di congelare il riconoscimento dello Stato di Israele. Allo stesso tempo il team dovrebbe presentarsi alla Corte Penale Internazionale.
Nello specifico, l’Olp ha chiesto all’Anp di sospendere ogni cooperazione con lo Stato di Israele e di presentare al Comitato esecutivo una road map che individui le azioni da compiere per smontare la struttura degli Accordi di Oslo. Nena News