Mentre l’esercito di Tel Aviv incrementa la presenza al confine e Hezbollah elenca la propria forza militare, la stampa israeliana mette in dubbio la necessità di un conflitto che le sfere politiche coltivano da tempo
di Stefano Mauro
Roma, 26 luglio 2019, Nena News – Secondo il canale televisivo israeliano Kan, l’esercito di Tel Aviv avrebbe aumentato in questi giorni la sua presenza lungo la frontiera settentrionale per paura di una possibile incursione da parte delle milizie di Hezbollah. “Un comandante militare del gruppo sciita – ha indicato nel servizio Kan – è morto questo martedì in seguito a un bombardamento di caccia israeliani in Siria ed è possibile che questa volta il partito di Dio reagisca”.
Di sicuro il clima nell’ultimo mese è cambiato. Lo stesso Hezbollah ha dichiarato di essere ormai pronto ad un eventuale conflitto – previsto da numerosi analisti nel periodo estivo – e, secondo la stampa israeliana, “avrebbe aumentato la propria presenza militare lungo tutta l’area di confine, compresa l’unità d’élite Radwan che sarebbe pronta a invadere la Galilea”.
Tensioni anche a livello diplomatico dopo che, per l’ennesima volta, l’ambasciatore israeliano alle Nazioni Unite, Danny Danon, ha accusato “l’Iran di continuare a fornire armamenti ad Hezbollah utilizzando il porto e l’aeroporto di Beirut”, minacciando un possibile intervento militare di Tel Aviv contro le infrastrutture libanesi.
Le minacce si vanno ad aggiungere al recente inasprimento delle sanzioni americane contro due deputati del Blocco della Fedeltà alla Resistenza (Hezbollah) e nei confronti di Wafic Safa, responsabile dell’apparato di sicurezza del partito sciita. Iniziativa considerata “un’aggressione alla sovranità del parlamento libanese, alla sua legittimità ed alla volontà del popolo”, ha dichiarato il presidente della repubblica Michel Aoun.
“Questi provvedimenti sono ritorsioni da parte di Washington – ha aggiunto Aoun – perché abbiamo rifiutato categoricamente di partecipare e di aderire all’Accordo del Secolo proposto da Trump, un insulto per i palestinesi e per tutti i paesi arabi”.
Dichiarazioni rincarate dalla rappresentante libanese all’Onu, Amal Moudallali, che ha affermato: “Se il governo israeliano ricorre a queste accuse per preparare il terreno e attaccare i porti, gli aeroporti e le infrastrutture libanesi, come nel 2006, il Consiglio di Sicurezza non può restare in silenzio e deve cercare di impedire a Tel Aviv di lanciare una nuova guerra contro il Libano” .
La scorsa settimana, nel corso di un’intervista alla tv libanese Al Manar (vicina a Hezbollah), il segretario generale del partito sciita Hassan Nasrallah ha affermato che “Hezbollah è in grado di colpire tutto il territorio di Israele”, indicando con precisione almeno una trentina di obiettivi e basi militari lungo la costa israeliana e definendo pretestuose le accuse sugli armamenti forniti dall’Iran, visto che “Hezbollah è in grado di provvedere autonomamente alla produzione delle proprie testate missilistiche”.
“Gli israeliani conoscono le nostre potenzialità da tempo – ha concluso Nasrallah – e di sicuro un nuovo conflitto contro Israele sarà totalmente diverso da quello del 2006, visto che le nostre capacità balistiche e umane, in termini di forze terrestri, aeree e marittime, sono migliorate e quello che cambierà sarà la liberazione di tutti i territori occupati dall’entità sionista”.
Affermazioni prese in grande considerazione da parte di tutta la stampa israeliana a tal punto che il quotidiano The Jerusalem Post ha indicato come “Hezbollah sia diventato la più grande preoccupazione per Tel Aviv” visto che, grazie al suo arsenale missilistico (circa 150mila missili, ndr), è in grado di attaccare tutto il territorio israeliano anche perché il sistema di difesa missilistico Iron Dome mostrerebbe “notevoli carenze evidenziate già nei mesi scorsi con il lancio di missili dalla Striscia di Gaza”.
Un portavoce dell’esercito israeliano, Peter Lerner, ha stimato che siano quasi 40mila i combattenti di Hezbollah: un esercito formato da unità d’élite, reparti meccanizzati e nuovi reparti più “tecnologici” pronti a colpire Israele anche con l’utilizzo di droni di ultima generazione o con attacchi informatici ai sistemi di difesa di Tel Aviv.
Resta la convinzione, secondo numerosi analisti, che il partito sciita sia realmente in grado di condurre una guerra “devastante” contro Israele. “Per questo motivo – conclude l’articolo – tutti i politici israeliani, che hanno affermato di voler attaccare il Libano, devono riflettere riguardo alle conseguenze di un nuovo conflitto e devono chiedersi se varrebbe la pena pagare un prezzo così elevato senza avere la certezza di un esito favorevole a Israele”. Nena News