Martedì decine di migliaia di persone sono scese in strada in diverse città del Paese per chiedere un’indagine sull’uccisione di 87 manifestanti durante il sit-in del 3 giugno 2019 a Khartoum e per la nomina di un parlamento di transizione e di commissioni incaricate di realizzare le riforme
della redazione
Roma, 2 luglio 2020, Nena News – Decine di migliaia di sudanesi sono scese in piazza martedì per chiedere alle autorità del governo di transizione maggiore potere ai civili. I cortei (per lo più pacifici) hanno avuto luogo nel centro della capitale Khartum, nelle città gemelle di Khartum Nord e Omdurman, oltre che a Kassala (nel Sudan orientale) e nel Darfur. Secondo quanto ha riferito un portavoce del governo alla Reuters, nel corso delle proteste una persona è stata uccisa e decine sono state ferite dalle forze dell’ordine.
“La marcia da un milione” di martedì – che è coincisa con il primo anniversario delle mobilitazioni che portarono il Consiglio Transitorio militare (Tmc) a condividere il potere con i partiti civili – è stata convocata dall’Associazione dei professionisti sudanesi e dai Comitati di Resistenza in prima linea nella lunga campagna di protesta dello scorso anno contro l’ex presidente autoritario Bashir e i generali che hanno preso il potere dopo la sua deposizione.
In una lettera inviata al premier Hamdok, i manifestanti hanno chiesto “una correzione del sentiero” finora intrapreso dalle autorità di transizione. Il loro piano si articola in 6 punti: giustizia per le 87 vittime del sit-in del 3 giugno 2019 di fronte al quartiere generale dell’esercito a Khartoum; formazione di un parlamento di transizione; nomina di governatori civili; riforma dell’apparato di sicurezza; ristrutturazione dell’esercito e smantellamento delle milizie. “È l’esercito che sta guidando il Paese, non i civili. Sono loro che guidano il processo di pace a Juba, loro che dirigono l’economia e il mercato attraverso le compagnie dell’esercito. Loro che controllano la sicurezza. Non abbiamo raggiunto gli obiettivi della rivoluzione ed ecco perché protestiamo ancora”, ha spiegato l’attivista di Khartoum Amged Alzain al portale Middle East Eye. “Non avvertiamo il cambiamento. Vogliamo giustizia per chi ha ucciso i nostri familiari. Vogliamo che Bashir, i suoi assistenti e le milizie vengano assicurati alla giustizia della Corte penale internazionale”, gli ha fatto eco Adam Osman Al-Nur impegnato nelle mobilitazioni della città di Nertiti (nella regione del Darfur).
Pressato dalle piazze piene, il premier Hamdok ha descritto le richieste dei manifestanti “legittime”. “Ribadisco – ha poi promesso – l’obbligo per il governo di ottenere giustizia e di garantire che i crimini commessi negli ultimi 30 anni non vengano ripetuti”. Hamdok si è impegnato ad annunciare per i prossimi giorni decisioni “che potrebbero avere un impatto significativo politicamente, economicamente e socialmente” avvertendo che “alcune parti” (non meglio precisate) “cercheranno di usarle per alimentare e creare instabilità”. In due settimane, ha infine garantito, le richieste della strade saranno esaudite.
Ma la tensione resta alta nel Paese come il manifestante ucciso e i diversi feriti di due giorni fa dimostrano chiaramente. Il governatore dello stato di Khartoum, Adam Aldai, ha avvertito che agenti del passato regime di Bashir (durato 30 anni) intendono sabotare le proteste per portare il caos nel Paese. “Ci attendiamo azioni aggressive da parte dei nemici della rivoluzione per cui adotteremo misure aggressive sicuri del fatto che i manifestanti saranno pienamente consapevoli degli atti delle forze controrivoluzionarie”, si legge in un suo comunicato. Lunedì, l’ex partito di governo, il Partito del Congresso Nazionale, ha confermato l’arresto del suo presidente e già ministro degli Esteri Ibrahim Ghandour. Sempre tre giorni fa le autorità locali hanno annunciato l’arresto di altri nove ufficiali dell’ex partito con l’accusa di voler “sabotare le proteste”. Il Congresso Nazionale nega le incriminazioni e assicura invece di voler manifestare pacificamente per far cadere il governo di Hamdok. Nena News