Il Consiglio militare transitorio mette in stand by l’accordo di transizione accusando i manifestanti di bloccare le strade e aggredire i soldati. L’Alliance for Freedom and Change ribatte: sono stati i militari a sparare sui manifestanti. Ora l’intesa è in bilico
della redazione
Roma, 17 maggio 2019, Nena News – Sembrava fatta e invece non lo è: ieri il Consiglio militare transitorio (Tmc), rappresentante dell’esercito nel post-golpe, ha annunciato la sospensione dei negoziati in corso con l’Alliance for Freedom and Change sul processo di transizione. Sospensione di 72 ore dopo che l’accordo sembrava essere stato ormai raggiunto.
A frenare, secondo l’esercito, sono state le nuove proteste che hanno interessato il paese. O meglio, il fatto che non siano terminate: il capo del Tmc, Abdel Fattah al Burhan, in tv ha citato chiusura di strade, sospensione dei treni, blocco del traffico, e “provocazioni e insulti gratuiti contro le forze armate e le Rsd”. Ovvero, le milizie dell’intelligence che in questi mesi si sono rese responsabili di assalti ai manifestanti e in alcuni casi di uccisioni in piazza.
“L’Alliance ha stilato un calendario per fermare l’escalation in concomitanza con i negoziati – ha detto al Burhan – Tuttavia la situazione è peggiorata. La retorica ostile ha creato uno stato di caos generale e illegalità diffusa che ha favorito l’infiltrazione di elementi armati nel sito di protesta nei dintorni di essa. Tutti questi (sviluppi) hanno portato al venir meno della rivoluzione pacifica”.
Tutto sospeso, dunque, fino al ritorno della calma. La minaccia è velata ma preoccupante: le forze armate, che hanno dovuto cedere su molti punti a favore delle opposizioni dopo la deposizione e l’arresto di Bashir sia per le forti pressioni interne che per quelle esterne, potrebbero sfruttare un qualsiasi pretesto per un colpo di mano. Lo sanno le opposizioni che hanno subito criticato la sospensione dei negoziati e ricordato “la pacatezza (della rivoluzione), un salvagente per i popoli vulnerabili dalla tirannia dei governanti tirannici e un’arma che sconfigge i più grandi arsenali e scuote i troni dei tiranni”.
La decisione dell’esercito, dice l’Alliance, è “spiacevole, ignora gli sviluppi raggiunti nei negoziati e il fatto che l’incontro di mercoledì doveva finalizzare l’accordo che avrebbe fermato l’escalation, compresi i blocchi delle strade”. Per cui si avanti con il sit-in di Khartoum, davanti alla sede delle forze armate ormai da settimane.
E’ qui, denuncia il movimento popolare, che i manifestanti sono stati di nuovo aggrediti mercoledì: 14 i feriti. “Riteniamo il Consiglio militare responsabile degli attacchi ai civili – ha detto Amjad Farid, portavoce della Spa, la Sudanese Professionals’ Association, leader delle proteste fin dallo scorso dicembre – Usano gli stessi metodi del vecchio regime nell’affrontare i ribelli”. I manifestanti aggiungono: veicoli con il logo delle Rsf hanno aperto il fuoco su Via al-Mek Nimir, nel centro di Khartoum, a poca distanza dalla sede del ministero degli Esteri.
Resta da vedere cosa ne sarà di quell’accordo raggiunto tra lunedì e martedì tra Tmc e Alliance che prevede tre anni di transizione guidati da un governo completamente civile, un Consiglio supremo con poteri simbolici e un parlamento da 300 membri di cui due terzi destinati alle opposizioni. Ma, seppur raggiunta, l’intesa va finalizzata: martedì si era parlato di 24 ore per definire i dettagli: mercoledì la data finale. Ma il dialogo è sospeso e con esso è sospeso il via a quel periodo di transizione che nei primi sei mesi dovrebbe essere dedicato alla pacificazione delle zone del paese in conflitto, dove sono attivi gruppi armati. Nena News