Governo completamente civile, nessuno stato di emergenza e un parlamento con due terzi dei seggi destinati all’Alliance for Freedom and Change: la tenacia del movimento popolare ottiene quanto voleva. Nonostante l’ultimo massacro di manifestanti
della redazione
Roma, 15 maggio 2019, Nena News – L’accordo tra l’esercito sudanese e le opposizioni, organizzate in questi mesi in un movimento popolare di massa, è arrivato accompagnato dal sangue. Ieri il Consiglio militare di transizione (Tmc) e le forze di opposizione hanno annunciato il raggiungimento dell’intesa per una transizione lunga tre anni dopo la deposizione e l’arresto del presidente dittatore Omar al-Bashir, caduto sotto la pressione di manifestazioni ininterrotte dal 19 dicembre scorso.
Nascerà il Consiglio sovrano di cui faranno parte i militari, con poteri simbolici, e un governo civile con potere esecutivo che guiderà il Sudan per il prossimo triennio. Un’amministrazione completamente civile, fa sapere alla stampa il generale Yasser al-Atta, che vedrà la luce entro 24 ore. Nessuno stato di emergenza e un parlamento che sarà composto da 300 membri, di cui il 67% da rappresentanti dell’Alliance for Freedom and Change, la federazione delle opposizioni che ha guidato i negoziati con le forze armate. Durante i primi sei mesi, compito del governo sarà la pacificazione e il raggiungimento di accordi con i gruppi armati attivi nel paese.
L’accordo, lungamente negoziato e dato per morto numerose volte in queste settimane, è stato annunciato dopo un massacro. Le opposizioni avevano chiesto alla gente di proseguire nelle proteste e di non abbandonare le piazze e in particolare il sit-in che dall’inizio di aprile non lascia le strade di fronte alla sede dell’esercito a Khartoum.
“Elementi non identificati”, ma che secondo i testimoni indossavano delle uniformi, hanno aperto il fuoco sui manifestanti nella notte tra lunedì e martedì, uccidendo almeno sei persone e ferendone decine. L’accordo di transizione prevede anche l’apertura di un’inchiesta che indaghi sull’ultimo massacro. I maggiori sospetti ruotano intorno alle Rsd, le Rapid Support Forces, corpo paramilitare presente nelle strade con ronde e tentativi violenti di disperdere i manifestanti.
Nonostante ciò, la gente non ha lasciato le piazze ma ha innalzato altre barricate, organizzato turni per il sit-in permanente, bloccato un numero sempre maggiore di strade e vie di comunicazione.
Ad essere indagati saranno anche i crimini commessi da Bashir: lunedì, poche ore prima del raggiungimento dell’intesa, la procura sudanese ha ufficialmente messo sotto inchiesta l’ex presidente per “incitamento e partecipazione” all’uccisione di manifestanti, almeno cento, in questi mesi di protesta. Sarà sottoposto a processo mentre è detenuto nel carcere di Kober, prigione di massima sicurezza in cui è stato trasferito il mese scorso. All’inizio di marzo il procuratore generale aveva aperto un altro fascicolo per terrorismo e riciclaggio di denaro. Nena News