Alle urne la generazione dei nati dopo l’apartheid, pieni di rabbia per essere ancora schiavi di diseguaglianze economiche e sociali e con l’amarezza di non sentirsi ancora cittadini di uno stato. E ora senza Mandela
di Rita Plantera – Il Manifesto
Johannesburg, 7 maggio 2014, Nena News – Vent’anni fa, il 27 aprile 1994, un serpentone in festa di donne e uomini di ogni etnia e ceto sociale, in cammino per la prima volta verso le urne, avrebbe eletto liberamente Nelson Mandela primo Presidente nero della Repubblica Sudafricana, dopo tre secoli di dominazione bianca e 46 anni di apartheid. Il movimento di liberazione impegnato nella lotta politica e armata contro quel regime, l’African National Congress (Anc), avrebbe così inaugurato due decenni ininterrotti al governo del Paese.
Oggi i sudafricani di ogni lingua, razza ed etnia, testimoni e protagonisti di quel periodo della vergogna che fu l’apartheid e i cosiddetti born free, la prima generazione di nati fuori dalla dominazione bianca, vanno a votare con la rabbia in corpo per essere ancora schiavi di diseguaglianze economiche e sociali e con l’amarezza di non sentirsi ancora cittadini di uno stato ma estranei in «pacifica» condotta.
Sono le prime elezioni senza Nelson Mandela, morto il 5 dicembre scorso all’età di 95 anni. Le urne resteranno aperte dalle 7 di questa mattina fino alle 9 di stasera per il rinnovo dell’establishment nazionale e comunale. 22,264 i seggi elettorali, 2,000 in più rispetto alle comunali del 2011, con la maggior parte dei nuovi ubicati nelle zone rurali. 29 i partiti in lizza nelle 9 provincie: 26 in Western Cape, 22 nel Gauteng, 20 in Limpopo, 18 in Eastern Cape e in KwaZulu-Natal, 17 nel Free State, 16 in Mpumalanga, Northern Cape e North West.
Secondo un sondaggio Ipsos pubblicato domenica scorsa dal sudafricano Sunday Times, il partito attualmente al governo, l’Anc, è dato come favorito con il 63.9% dei voti, di poco in calo rispetto al 65.9% di 5 anni fa. A registrare una diminuzione consistente, dal 65 al 58%, è invece l’indice di gradimento di Jacob Zuma, l’attuale Presidente del Sud Africa.
A pesare sullo scenario politico generale, sono soprattutto fattori come lo scandalo del Nkandlagate, il massacro di Marikana del 2012, le proteste esplose nelle township e nelle zone rurali contro l’inefficienza della classe dirigente nell’assicurare servizi di base, scioperi e agitazioni sindacali, la formazione di nuovi partiti politici. Tra questi i due più significativi sono l’Economic Freedom Fighters (Eff) di Julius Malema, ex leader dell’Anc Youth League, e l’Agang di Mamphela Ramphele, la compagna del fondatore del Black Consciousness Movement Steve Biko, massacrato in cella dalla polizia del regime nel 1977.
Formazioni politiche che hanno strappato voti e spostato elettorato, seppure in minima parte, dall’Anc. Contro Zuma in particolare pesa una relazione del Pubblico Ministero Thuli Madonsela che lo accusa di aver «beneficiato indebitamente» di «eccessive» ristrutturazioni alla lussuosa residenza privata di Nkandla, suo paese natale, nel KwaZulu-Natal. Accuse di appropriazione indebita di denaro pubblico (circa 23 milionidi dollari) per cui il maggior partito d’opposizione, il Democratic Alliance (Da) ha presentato in parlamento nei mesi scorsi una mozione di impeachment contro il presidente.
A mettere alla gogna Zuma sono stati alti funzionari del suo stesso partito, l’Anc, e larghe fasce di giovani esasperati che da mesi – nelle township come nelle periferie – lamentano la mancanza di servizi pubblici adeguati e posti di lavoro. La questione occupazionale continua a essere preponderante rispetto ad altre in Sud Africa, dove il tasso di disoccupazione è salito al 25,2 per cento della forza lavoro, vale a dire a 5,07 milioni di cittadini, nel primo trimestre del 2014 dal 24,1 per cento nei tre mesi precedenti.
Ciò nonostante, è talmente radicata e influente l’eredità identitaria dell’Anc quale movimento di liberazione che il malcontento generale contro il partito, più che dirottare voti verso il Democratic Alliance (Da), visto come la roccaforte dei bianchi, o l’Eff di Malema, neoformazione di estrema sinistra, sta indirizzando molti elettori verso l’astensionismo.
Se l’Anc riuscirà a mantenere la maggioranza di quasi due terzi in questa tornata elettorale, in gran parte sarà dovuto all’elettorato della provincia del KwaZulu-Natal di etnia zulu, gruppo etnico che con il 28 per cento su una popolazione di circa 53 milioni di abitanti rappresenta quello più esteso del Sud Africa.
Secondo un gruppo di esperti del MunicipalIq, solo il 6% delle proteste legate alla fornitura di servizi negli ultimi 10 anni si sono verificati in KwaZulu –Natal nonostante sia la seconda provincia a più alta densità di popolazione del Sudafrica. Tra il 2001 e il 2011, il numero di case di mattoni è qui più che raddoppiato arrivando a 480.000, mentre nell’Eastern Cape è salito solo di un terzo.
«Se si guardano gli impegni di sviluppo nelle province, è evidente ad occhio nudo che il KwaZulu –Natal è stata notevolmente favorita», sostiene da Città del Capo l’analista Nic Borain. Però, le agitazioni sociali contro l’Anc e contro Zuma – accusati di accumulare ricchezza a spese dei cittadini – sono aumentate negli ultimi dieci anni nel resto delle altre provincie, con 470 gravi incidenti registrati nel 2012 rispetto ai soli 13 nel 2004, stando ai dati di uno studio dell’Università di Johannesburg (UJ).
Malcontento sociale a cui si aggiunge quello dei lavoratori del settore minerario sfociato nel 2012 nel più violento incidente del post-apartheid, con l’uccisione a Marikana dei minatori in sciopero della Lonmin per mano delle forze di polizia. A segnare questa tornata elettorale sarà proprio lo sciopero, all’ottava settimana, dei minatori dell’Association of Mineworkers and Construction Union contro i primi tre produttori mondiali di platino – Amplats, Lonmin e Impala Platinum a cui chiedono aumenti salariali di base. Nena News