La città, ripresa dai kurdi il 16 giugno, ha cacciato stamattina i miliziani islamisti rientrati ieri. Erdogan si difende dopo le voci sulla possibilità di una zona cuscinetto turca in territorio siriano.
della redazione
Roma, 1 luglio 2015, Nena News – Anche Tal Abyad si è liberata per la seconda volta: dopo l’assalto a sorpresa di ieri da parte degli uomini del califfo, la città kurdo-araba a nord della Siria stamattina è riuscita a respingere di nuovo l’offensiva islamista.
L’attacco, da est, era giunto nel pomeriggio di ieri: i miliziani erano entrati nella comunità e avevano occupato un quartiere a est, prendendo il controllo di una scuola vuota. Stamattina le forze kurde, fanno sapere fonti locali, hanno ripreso il totale controllo di Tal Abyad e cacciato gli islamisti: “Le forze kurde hanno espulso l’Isis dal distretto di Mashur al-Fawqani”, ha detto il direttore dell’Osservatorio Siriano per i Diritti Umani. Tra le vittime degli scontri, tre combattenti delle Ypg e quattro islamisti.
Nelle stesse ore l’esercito di Damasco, impegnato sul fronte di Hasakah, città a nord est della Siria (nel cosiddetto triangolo tra i confini di Iraq, Turchia e Siria), riprendeva il quartiere di Ghoweiran, a sud della città. Il distretto era stato preso d’assalto dall’Isis lo scorso giovedì e occupato. Le truppe governative del presidente Assad hanno nei giorni scorsi liberato anche il quartiere di al-Nashwa.
E mentre a Hasakah, kurdi e governo siriano combattono – apparentemente senza coordinarsi – lo stesso nemico, Tal Abyad si era liberata dalla morsa islamista il 16 giugno grazie ai combattenti delle Ypg e Ypj kurdi. Una comunità strategica perché via di collegamento con il cantone di Kobane (e quindi di transito di armi e combattenti) e perché a soli 50 km da Raqqa, la “capitale” del califfato. Da Tal Abyad i kurdi potrebbero lanciare una controffensiva organizzata verso est, verso Aleppo e i cantoni di Afrin e Azez, e verso sud a Raqqa, spezzando la continuità dei territori sotto lo stivale Isis ma anche garantendosi il controllo di un corridoio di territorio lungo quasi 300 km al confine con la Turchia.
Proprio una simile possibilità ha generato il panico nelle stanze dei bottoni di Ankara: la nascita di un’entità statale kurda de facto alla frontiera spaventa Erdogan molto più dell’avanzata del califfato, a cui da tempo fornisce libertà di movimento e – dicono fonti locali – anche armi. Dopotutto il secondo attacco a Kobane, la scorsa settimana, era partito proprio dalla Turchia e aveva permesso allo Stato Islamico di vendicarsi: almeno 200 persone, per lo più donne e bambini, sono stati massacrati dai miliziani nelle proprie case a Kobane, come punizione per la cocente sconfitta subita a gennaio quando il cantone riuscì a liberarsi.
Per questa ragione Erdogan starebbe rimuginando sulla possibilità di creare, senza alcun via libera della comunità internazionale, una zona cuscinetto lunga 110 km e larga 33, dentro il territorio siriano. La notizia era stata data lunedì dalla stampa turca, secondo la quale il presidente avrebbe ordinato a 18mila truppe di prepararsi a entrare in Siria. Ieri Erdogan è corso ai ripari smentendo di voler agire: il portavoce del presidente, Ibrahim Kalin, ha detto ieri durante una conferenza stampa che eventuali misure saranno prese sotto l’ombrello del diritto internazionale, non mancando però di accusare la comunità internazionale di rimanere insensibile ai pericolosi sviluppi al confine turco-siriano. Dove per pericolosi sviluppi Ankara non intende la temibile avanzata dell’Isis, ma piuttosto il rafforzamento kurdo e il successo del progetto di con federalismo democratico applicato in tre cantoni di Rojava. Nena News
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