L’inviato speciale Onu De Mistura sta incontrando in queste ore la delegazione di Damasco. Ieri è stato il turno della principale opposizione siriana che ha ribadito la sua contrarietà a qualunque presenza del “nuovo Hitler” al-Asad nella Siria futura. Sul piano militare, intanto, le truppe del regime avanzano nei pressi di Aleppo
Roma, 2 febbraio 2016, Nena News – Chissà cosa avrà realmente provato ieri l’inviato speciale Onu in Siria Staffan de Mistura quando, di fronte ai giornalisti, ha dichiarato: “iniziamo oggi ufficialmente i negoziati di Ginevra”. Sicuramente soddisfazione perché il suo lavoro lungo e complesso (a dir poco) per portare le varie voci del conflitto siriano (non tutte, in verità) nella città svizzera alla fine ha pagato. E questo può essere per lui legittimamente motivo di orgoglio. Tuttavia, i suoi meriti si fermano qui laddove il giudizio sul suo operato cambia radicalmente se si riflette sulle reali possibilità di successo della sua iniziativa.
Alle differenze abissali tra i vari attori siriani, vi è il grossolano errore di aver escluso le forze irachene. Se davvero il proposito è quello di giungere alla pace e sconfiggere il cosidetto Stato Islamico (Is), allora non si capisce bene il motivo per cui non si sia provato a inquadrare la questione all’interno della più ampia cornice irachena (e non solo siriana). Eppure è sempre lo stesso Is a dominare ancora in molte aree della provincia dell’Anbar in Iraq. Ed è lo Stato islamico ad aver creato un continuum politico che dalla Mosul irachena si estende fino alla Raqqa siriana.
Perciò de Mistura avrebbe dovuto ragione in un’ottica inclusiva e non esclusiva dove ciascuna voce coinvolta nella mattanza del “Siraq” (quindi anche i peshmerga, le milizie sciite irachene, governo di Baghdad) doveva essere interpellata. Il continuare ad analizzare il fenomeno Isis all’interno di compartimenti stagni geografici imposti dalle potenze coloniali (di cui l’Is si è fatto ampiamente beffe) sarà causa dei fallimenti presenti e futuri che attendono gli occidentali (con ripercussioni gravissime sui cittadini iracheni e siriani).
Che i negoziati di Ginevra (come i precedenti) si risolveranno in un nulla di fatto lo sanno in primo luogo i protagonisti. Certo, ora gli attori principali provano a smorzare i toni. L’alto comitato per le negoziazioni (Hnc) ha detto ieri, per esempio, che si “sforzerà per unirsi al processo politico” dopo aver ricevuto “messaggi positivi” da de Mistura: fine dei raid russi e degli assedi di al-Asad ad alcune cittadine siriane.
Anche il capo della formazione islamista Jaish al-Islam, Mohammed Allush, ha dichiarato di essere venuto a Ginevra “per trovare una soluzione“. Tuttavia, il leader del gruppo radicale ha anche ribadito che “non c’è base comune con il regime perché [Damasco] vuole eliminare l’opposizione”. Nonostante abbiano accettato l’invito dell’Onu a partecipare agli incontri, i membri dell’Hnc stanno facendo ben poco per non esacerbare le tensioni. Dopo l’incontro con de Mistura, infatti, il principale gruppo di opposizione siriano ha attaccato duramente Damasco e Mosca.
Quest’ultima – secondo quanto ha affermato il portavoce dell’Hnc Salem al-Meslet – è responsabile di aver creato un “nuovo Hitler” [il presidente siriano Bashar al-Asad, ndr] grazie alla protezione che gli ha fornito con i suoi jet. Ma i nemici dei ribelli islamisti non sono solo i rappresentanti dal regime. Domenica il Consiglio democratico siriano (Cds) aveva annunciato che non avrebbe partecipato ai lavori del vertice. “Abbiamo deciso domenica notte di sospendere la nostra partecipazione ai negoziati finchè i cinque delegati curdi e quello turcomanno della nostra lista non riceveranno gli inviti del mediatore dell’Onu Staffan de Mistura” aveva spiegato il presidente del Cds Haytham Manna’. Una presa di posizione netta, dunque, contro l’Alto comitato che, sostenuto dai Paesi del Golfo ma anche dalla Turchia, non vede di buon’occhio la legittimazione politica dei curdi presenti dentro il Consiglio Democratico.
La variegata opposizione siriana riunitasi a Riyad alcune settimane fa poi dettato la condizione indispensabile affinché le trattative di pace possano continuare: gli aiuti umanitari devono giungere nelle aree sottoposte ad assedio da parte del governo siriano. Non si capisce, però, su quali basi l’Hnc provi ancora a decidere le regole del gioco quando è la formazione più debole in Siria. C’è inoltre quale sia ormai la sua credibilità. In un gesto di apertura, Damasco ha concordato “di principio” all’ingresso di aiuti umanitari in tre città sotto assedio, tra le quali vi è anche Madaya dove, negli ultimi mesi, decine di civili sono morti di fame a causa dell’assedio governativo.
Proprio ad al-Asad sembrava fare riferimento ieri il capo dei diritti umani dell’Onu quando ha detto che nessuna amnestia dovrebbe essere consentita a persone sospettate di aver commesso crimini di guerra o crimini contro l’umanità. Già al-Asad. Che ne sarà di lui? E’ questo il vero quesito. Al momento sembra impossibile rimuoverlo. Il regime, grazie al sostanzioso aiuto di Hezbollah e soprattutto dell’aviazione russa, guadagna terreno militarmente. Oggi l’esercito siriano ha catturato il villaggio di Hardatneeen a nord di Aleppo aprendo la strada (forse) a nuove avanzate nella più grande città siriana. Dunque Damasco siede al tavolo delle trattative in una posizione di forza: ha i russi dalla sua parte e, ormai, sempre più capi di stato occidentali capiscono che la sua permanenza non sia il peggiore dei mali.
Gli incontri di ieri tra de Mistura e Hnc si sono conclusi con dei sorrisi. Monzer Makhlous, uno dei membri dell’Alto comitato, ha però aggiunto subito minaccioso: “saremo qui per pochi giorni. Se non ci sono progressi, ce ne andremo”. “Noi – ha dichiarato – non siamo qui per le negoziazioni, ma per testare le intenzioni del regime”. Positivo è stato anche il commento dell’inviato speciale dell’Onu che ha detto che il popolo siriano “merita di sentire e vedere fatti sul terreno”. Di tutt’altro stato d’animo è Alloush: “niente è cambiato e finché la situazione resterà così non possiamo essere ottimisti. Il regime non è interessato a raggiungere una soluzione”. Proprio sulla presenza di Alloush e dei salafiti di Ahrar al-Sham a Ginevra – partecipazioni problematiche se si tiene presente il radicalismo dei due gruppi e i loro rapporti quanto mai ambigui con al-Qa’eda – si è espresso oggi favorevolmente il ministro degli esteri russo Sergey Lavrov, alleato di al-Asad. Secondo Lavrov, tutte le parti coinvolte nel conflitto siriano – ad eccezione dei gruppi sunniti radicali – devono partecipare ai negoziati. L’inclusione di membri di Jaish al-Islam e Ahrar as-Sham – ha poi aggiunto – è “realistica” considerata “la situazione sul terreno” in Siria. Tuttavia, ha poi precisato: “la loro partecipazione non vuol dire riconoscerli come legittimi partner per la pace”. Una posizione francamente contraddittoria perché o le due formazioni islamiste si riconoscono come interlocutori legittimi sempre o, altrimenti, non ha senso ammetterli al tavolo dei “grandi” ad intermittenza.
Oggi al via il secondo giorni di negoziati. De Mistura, come da programma, sta incontrando in queste ore una delegazione del governo di Damasco guidata dal ministro degli esteri Walid al-Mu’allem. Nena News
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