Avrà luogo oggi la conferenza dei donatori sulla Siria organizzata dall’Unione Europea (Ue): parteciperanno (virtualmente, causa Coronavirus) 60 agenzie governative e non. Borrell, capo della politica estera dell’Ue: “Regime siriano responsabile della crisi umanitaria, economica e sanitaria”. Silenzio su Turchia e alleati locali
della redazione
Roma, 30 giugno 2020, Nena News – Avrà luogo oggi (virtualmente, causa Coronavirus) la conferenza dei donatori sulla Siria: l’obiettivo delle Nazioni Unite è raccogliere quasi 10 miliardi di dollari (3,8 miliardi per aiuti all’interno della Siria, 6,4 miliardi per i paesi che ospitano i rifugiati siriani). A prendere parte all’incontro organizzato dall’Unione Europea (Ue) saranno circa 60 agenzie governative e non. In un rapporto pubblicato la scorsa settimana, Bruxelles ha detto che l’anno scorso i donatori sono riusciti a raccogliere 10 miliardi di dollari distribuiti, oltre che alla Siria, anche a Turchia, Egitto, Iraq, Giordania, Libano (paesi limitrofi che ospitano numeri ingenti di rifugiati siriani).
“Le necessità non sono mai state così grandi”, ha commentato Corinne Fleischer del Programma alimentare mondiale delle Nazioni Unite. I numeri parlano da soli: in Siria, secondo l’Onu, più di 11 milioni di persone hanno bisogno di aiuto e protezione. Senza poi dimenticarsi che 6,6 milioni sono scappati fuori dal Paese. A più di 9,3 milioni di siriani manca cibo adeguato e la situazione umanitaria potrebbe peggiorare a causa del Coronavirus. Uno studio del Programma alimentare mondiale mostra infatti come cisi economica e le misure di lockdown imposte per frenare la diffusione del Covid-19 abbiano portato ad un aumento vertiginoso dei prezzi del cibo, a volte persino 200 volte più alti rispetto allo scorso anno. “Il Covid ha avuto un impatto immediato e devastante sulla vita di milioni di rifugiati siriani e sui paesi chi li ospitano nella regione”, ha detto Filippo Grandi, Alto Commissario Onu per i rifugiati.
Ma l’aiuto richiesto rappresenta solo una soluzione tampone per i siriani secondo quanto affermano gli stessi ufficiali europei. Ci sarebbero infatti da tenere in conto anche i costi (stimati in miliardi di dollari) per la ricostruzione della Siria, necessaria ma che non inizierà, ha detto l’Ue, fintanto che le potenze coinvolte nella guerra civile siriana non sosterranno una transizione pacifica senza il presidente siriano Bashar al-Assad.
Quella che avrà luogo oggi è l’ottava conferenza dei donatori per la Siria, la quarta organizzata dall’Ue che ha affermato ieri di aver donato in questi anni per la questione siriana (sia direttamente alla Siria che ai Paesi della regione che ospitano i rifugiati) circa 23 miliardi di dollari. “La Conferenza di Bruxelles è il nostro strumento più efficace per mantenere alta l’attenzione mondiale sulla necessità di risolvere questo conflitto e continuare a mobilitare la comunità internazionale così da trovare una soluzione politica”, ha detto al quotidiano filo-saudita Al-Sharq al-Awsat l’Alto rappresentante della politica estera europea Joseph Borrell. “Come per le conferenze passate sulla Siria – ha poi aggiunto – non abbiamo invitato né il regime [di al-Asad], né l’opposizione. Ciò potrà avvenire solo quando sarà avviato un processo politico (comprese libere elezioni) come prevede la Risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’Onu 2254”.
Per Borrell, il problema in Siria è uno: al-Asad. “Il regime siriano è responsabile delle crisi umanitaria, economica e sanitaria che vive il Paese. Non le sanzioni”, ha chiarito. Non quindi il Caesar Act statunitense entrato in vigore il 17 giugno che mira (ufficialmente) a colpire al-Asad e il suo entourage, ma che nei fatti colpirà la popolazione siriana (e libanese, visto il legame indissolubile tra i due Paesi). Nella sua intervista al noto quotidiano arabo, Borrell ha precisato che le sanzioni europee contro la Siria non sono “nuove né mirano a colpire la popolazione, né impediscono l’arrivo di aiuti umanitari e assistenza medica”. Nessuna parola di condanna è giunta dal capo della diplomazia europea per l’occupazione turca e i suoi “ribelli moderati” (tra cui il ramo siriano di al-Qaeda) nel nord della Siria, non proprio campioni di diritti umani. Un due pesi e due misure che è molto più significativo di tante parole. Nena News