Almeno 29 morti alle porte della città che ieri la Turchia ha detto di aver ripreso. Tensioni a Ginevra alla prima sessione: dopo una lunga attesa il tavolo è stato aperto ma senza discussioni concrete
di Chiara Cruciati
Roma, 24 febbraio 2017, Nena News – Questa mattina un’autobomba è esplosa in un villaggio alle porte di al-Bab: 29 morti, decine i feriti, tra cui molti civili. Nel mirino uffici militari a Sousian, ad 8 chilometri dalla città della provincia nord di Aleppo, gestiti dall’Esercito Libero Siriano (Els). L’attacco, probabilmente perpetrato dallo Stato Islamico, arriva il giorno dopo l’annuncio del gruppo di opposizione e dell’esercito turco di aver strappato al-Bab all’Isis.
La città resta uno dei fronti aperti della guerra siriana, dopo Aleppo un conflitto a bassa intensità ma ancora acceso da chiare contraddizioni. Al-Bab è l’asso nella manica di Ankara, uscita sconfitta dalla guerra contro il fronte pro-Assad dopo aver dovuto accettare la permanenza, almeno nella fase di transizione, dell’attuale presidente.
Al confine con la Turchia, comunità capace di spezzare l’unità kurda tentata dalle Ypg di Rojava, al-Bab è al momento circondata: a sud c’è l’esercito governativo siriano che preme e che fa temere – soprattutto alla Russia – un possibile faccia a faccia con l’Els e con i turchi. Per questo è da tempo in corso un negoziato gestito da Mosca sul destino della città: sembrava che i russi avessero strappato alla Turchia la promessa di far entrare l’esercito siriano in città, ma l’annuncio di ieri cambia le carte in tavola.
Per ora nessuna reazione da Damasco, un silenzio forse dettato dai negoziati aperti ieri a Ginevra sotto l’egida dell’Onu, già traballanti. Se due giorni fa l’inviato Onu per la Siria de Mistura si diceva poco ottimista (“Non ci aspettiamo una svolta”, aveva detto alla stampa), il primo giorno di round negoziale si è chiuso senza un nulla di fatto. Solo in serata le due delegazioni si sono incontrate senza però discutere dei temi sul tavolo, transizione politica, governo di unità, elezioni e nuova costituzione.
Le due delegazioni hanno ascoltato l’appello di de Mistura perché si lavori insieme all’implementazione della risoluzione 2254 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Allo stesso tavolo i due gruppi si sono seduti dopo un lungo ritardo dovuto al disaccordo delle opposizioni sulle modalità della prima sessione: l’Onu avrebbe preferito delegazioni separate dei diversi gruppi (l’Hnc di matrice saudita e le piattorme del Cairo e Mosca, più vicine alla Russia), ma alla fine hanno partecipato tutte insieme sotto l’ombrello Hnc. Oggi tocca alla seconda sessione, che dovrebbe procedere con incontri separati per definire il“piano di lavoro”.
Fuori dal tavolo resta proprio la questione Isis, di cui non si discute sebbene potrebbe rappresentare un’eventuale base di unità. Ma il fronte delle opposizioni appare ancora frammentato sul piano politico ed è sotto attacco su quello militare: dopo l’annuncio della partecipazione al negoziato svizzero, il mese scorso, l’ex al-Nusra (oggi a capo di una nuova coalizione di gruppi islamisti, denominata Hayyat Tahrir al-Sham) ha aggredito con estrema violenza alcuni gruppi di opposizione, prima alleati o comunque ufficiosamente sotto l’ala qaedista. Nel mirino Els, ma anche Ahrar al-Sham che con l’ex al-Nusra ha combattuto fianco a fianco in molti teatri di scontro.
Ci sarebbero questi attacchi dietro la decisione della Cia di non sostenere più militarmente i “ribelli”. O almeno è questa la giustificazione ufficiale: qualche giorno fa l’intelligence Usa ha congelato gli aiuti militari ai gruppi di opposizione per timore – dicono fonti interne – che in caso di altri attacchi le armi finiscano nelle mani dei gruppi jihadisti. Una possibilità che si è rivelata già concreta in passato ma che oggi pare diventare centrale per la Cia.
A monte sta forse una considerazione politica figlia della visione della nuova amministrazione Trump: un disimpegno dallo scenario siriano, affidandosi alla strategia russa e, magari, una via d’uscita alla guerra proprio passando per il definitivo indebolimento delle opposizioni.
C’è però chi insiste nel sostegno ai ribelli. Si tratterebbe della Francia: in un’inchiesta Le Figaro ha pubblicato alcuni estratti di una nota confidenziale del Ministero degli Esteri di Parigi in cui si indicano il supporto militare ai “ribelli” (nelle zone dove sono ancora presenti, a partire da Idlib e il sud, dove però a gestire il territorio è l’ex al-Nusra) e l’opzione della frammentazione della Siria come pilastri della strategia francese nel paese. Nena News
Chiara Cruciati è su Twitter: @ChiaraCruciati