La stampa siriana annuncia una serie di vittorie delle forze governative nella cittadina al confine con il Libano, mentre i comitati di coordinamento locali denunciano il lancio di 50 bombe a barile da parte dell’esercito la notte scorsa. Intanto Assad concede l’amnistia ai disertori. Le opposizioni si accordano su una roadmap senza il presidente siriano
della redazione
Roma, 25 luglio 2015, Nena News - E’ battaglia all’ultimo sangue per Zabadani, la cittadina siriana al confine con il Libano assediata dall’esercito di Assad e da Hezbollah da quasi un mese. Oggi, stando a quanto diffuso dall’Osservatorio siriano per i Diritti umani, sull’ultima roccaforte islamista nella cintura intorno a Damasco sarebbero piovute almeno 50 bombe a barile, lanciate dagli elicotteri del regime siriano. L’uso, a Zabadani, di queste armi, che sono dei barili riempiti con esplosivi, munizioni, chiodi e ferraglia varia, era stato denunciato qualche giorno fa dall’inviato Onu per la Siria Staffan de Mistura, poiché nel raid di martedì scorso avevano causato “una distruzione senza precedenti e molte vittime tra la popolazione civile”.
Dopo oltre tre settimane di combattimenti, l’esercito governativo e il suo alleato libanese, il Partito di Dio, sembrano aver riconquistato ampie zone della città, punto di transito di uomini e armi nella tormentata frontiera tra i due paesi. L’ultimo bastione di al-Nusra nella zona potrebbe essere presto riconquistato del tutto da Bashar al-Assad, che ne controlla i maggiori punti di ingresso, stando ai report delle agenzie stampa governative. La Sana riporta ad esempio come i soldati abbiano distrutto un tunnel di 70 metri usato da alcuni gruppi di ribelli per contrabbandare rifornimenti da Zabadani alla vicina Madaya. Stessa notizia riportata dall’emittente tv al-Manar, legata a Hezbollah, che racconta inoltre come decine di combattenti ribelli siano morti a seguito di un’operazione condotta da Damasco in alcuni quartieri della città meridionale di Deraa.
Ai successi militari del regime si accompagna l’annuncio, fatto oggi in diretta tv da Bashar al-Assad, di concedere l’amnistia a tutti i disertori, che essi si trovino in Siria o all’estero. L’agenzia stampa Reuters fa notare come, secondo alcune fonti diplomatiche, dopo gli insuccessi di Idlib e Palmyra – conquistate entrambe da coalizioni di forze islamiste – l’esercito sia ora concentrato a difendere alcuni bastioni importanti per Assad, come Damasco, Homs e la regione costiera a forte presenza alawita. Sempre la Reuters rivela che, a fronte di una carenza di manodopera sempre più importante – un numero imprecisato di uomini sarebbe fuggito dal reclutamento – l’esercito stia assoldando milizie locali nelle aree che controlla.
Sul versante politico opposto, invece, ieri a Bruxelles il Consiglio nazionale siriano e il Comitato di Coordinamento nazionale hanno annunciato di aver siglato un accordo per una roadmap che metta fine al conflitto. I due organi di opposizione al presidente siriano – rispettivamente in esilio e interno -avrebbero acconsentito a istituire un governo di transizione che guidi il paese fuori dalla guerra, governo di cui non faccia parte Assad: la sua presenza nel futuro della Siria era stata sempre rifiutata dall’opposizione basata a Istanbul, mentre era stata considerata da quella di stanza a Damasco, ufficiosamente “tollerata” da Assad. Nena News