Il nemico comune è l’Isis e l’unica soluzione possibile è quella politica, secondo il diplomatico Onu, che invita a dialogare con il presidente siriano per mettere fine a quattro anni di conflitto. Intanto, in Iraq l’avanzata jihadista minaccia una base dove si trovano 320 marines

L’inviato Onu per la Siria, Staffan de Mistura (a sinistra), con il presidente siriano Bashar al Assad
della redazione
Roma, 13 febbraio 2015, Nena News – Il conflitto siriano fa comodo ai jihadisti. Sono loro, che occupano parte del Paese, a trarne vantaggio e per arrivare a una soluzione pacifica non si può escludere il presidente siriano Bashar al Assad.
È questo in sintesi il pensiero dell’inviato speciale delle Nazioni Unite per la Siria, l’italo-svedese Staffan de Mistura, che questa settimana è stato a Damasco per incontrare Assad. Un incontro su cui relazionerà il 17 febbraio davanti al Consiglio di Sicurezza Onu.
“Il presidente Assad è parte della soluzione”, ha detto il diplomatico in conferenza stampa a Vienna, dove ha incontrato il ministro austriaco degli esteri, Sebastian Kurz. De Mistura ha detto che continuerà a discutere con il presidente siriano e ha sottolineato che se non si metterà fine ai quattro anni di guerra civile, in cui sono morte oltre duecentomila siriani, l’autoproclamato Stato Islamico ne trarrà soltanto vantaggi. Aggiungendo che l’unica strada è quella della soluzione politica.
Non è la prima volta che de Mistura parla dell’opportunità di coinvolgere Assad, ma per l’Occidente schierato con i ribelli considerati laici, un asse con il presidente della Siria contro l’Isis è di difficile realizzazione. Lo ha chiarito Kurz, quando ha detto che “nella lotta contro lo Stato Islamico può essere necessario combattere dalla stessa parte (quella di Assad, n.d.r.)”, ma ha anche precisato che “Assad non sarà mai un amico e nemmeno un partner”.
La situazione è in una fase di stallo. I raid della coalizione anti-Isis, che colpiscono anche in territorio siriano, non sembrano al momento aver fiaccato i jihadisti che spadroneggiano tra Siria e Iraq, seminando morte e devastazione. I negoziati degli ultimi anni sono tutti falliti e la popolazione siriana è vittima del fuoco incrociati di jihadisti, ribelli ed esercito fedele a Damasco.
Se i combattenti dell’Isis si sono fatti conoscere propagandando le loro carneficine e le esecuzioni di iracheni, siriani e occidentali, anche Assad non gode di una buona reputazione tra gli attivisti per i diritti umani. La sua aviazione bombarda i civili on le famigerate bombe barile nelle zone sotto il controllo dei ribelli. Secondo tante Ong, è un uso indiscriminato della forza contro la popolazione inerme. I combattimenti hanno determinato l’assedio di molte città siriane, dove gli abitanti restano intrappolati e patiscono provazioni indicibili.
Sul fronte iracheno la situazione è altrettanto grave. La campagna militare guidata dagli Usa non ha fermato l’avanzata dei jihadisti. Ieri i miliziani del sedicente Stato Islamico hanno preso il controllo della città di al-Baghdadi, nella provincia dell’Anbar, ponendo una seria minaccia alla base aerea del posto, dove i marines addestrano le truppe irachene. Il Pentagono parla di forti combattimenti, ma nega che ci sia stato un attacco diretto alla base in cui si trovano 320 militari statunitensi. Dall’Anbar ha preso le mosse l’avanzata jihadista, dopo mesi di occupazione di gran parte della provincia.
Bagdad si prepara a una massiccia offensiva di terra nei prossimi mesi, mentre Obama vuole sottoporre al Congresso la richiesta di poteri di guerra, per rafforzare l’offensiva contro l’Isis. Tutti scenari che parlano di una lunga guerra per gli iracheni. La soluzione politica, infatti, va cercata in Siria e Assad, come ha detto de Mistura, è parte dell’equazione.
Intanto, il Consiglio di Sicurezza dell’Onu vuole adottare una risoluzione per tagliare i fondi allo Stato Islamico. L’organizzazione sembra attingere a un bacino senza fondo e l’Onu sta pensando a sanzioni contro individui ed entità che foraggiano l’Isis e gli altri gruppi islamisti, tra cui i qaedisti del Fronte al Nusra in Siria. Nena News
Non so se la Siria negli ultimi sei anni sia ctaaibma cosec radicalmente, ma quando ci ho vissuto io 2003/2004 la mia insegnante di arabo all’universite0 non indossava alcun velo, portava i pantaloni stretti e lunghi capelli neri sciolti pur essendo credente musulmana (forse l’obbligo era nelle scuole di grado inferiore?). Ovviamente non era l’unica. Per le vie di Damasco si poteva trovare qualunque tipo di abbigliamento femminile (ovviamente non le minigonne) dato che quella siriana e8 una societe0 decisamente multietnica.. per quanto riguarda la musica, nonostante il regime impedisse di importare musica americana o comunque occidentale, tollerava la presenza di negozi in cui i cd masterizzati di qualunque tipo di musica venivano tranquillamente venduti, i miei amici siriani ascoltavano Tiziano Ferro, ma anche heavy metal non e8 che il regime si veda dal velo o dalla musica..