Nelle zone sotto bombardamento non vengono risparmiati nemmeno gli ospedali. Scarseggiano medici, trattamenti e sicurezza in tutte le strutture sanitarie della Siria
di Federica Iezzi
Aleppo, 23 giugno 2014, Nena News - L’ultimo in ordine di tempo è l’ospedale di Bab al-Hawa, colpito da bombardamenti aerei il 7 giugno scorso. Questo sconosciuto ospedale non è finito sulle prime pagine dei media internazionali. Queste notizie passano inosservate. Sono diventate di routine. Eppure l’ospedale di Bab al-Hawa rappresenta uno dei centri medici di riferimento nel governatorato di Idlib e accoglie ogni mese fino a 2000 pazienti, che confluiscono anche da città come Aleppo, Homs e Hama, a oltre 200 chilometri di distanza.
E’ un ospedale in cui nonostante le bombe dell’aviazione di Damasco e i colpi di mortaio dei ribelli qaedisti, nonostante i tagli sempre più pesanti alla fornitura elettrica, 35 persone, fra medici, infermieri e staff, continuano il loro lavoro. La struttura medica, che ha notevolmente intensificato la sua attività dal gennaio del 2013, si trova vicino la frontiera di Bab al-Hawa, sul lato siriano di fronte alla città turca di confine di Reyhanli.
All’inizio, la maggior parte dei pazienti erano membri dell’Esercito Siriano Libero, i ribelli che da 39 mesi combattono il regime di Bashar al-Assad. Oggi sono i civili, sono gli sfollati, sono i bambini a insanguinare le barelle. I missili caduti dal cielo sull’area vicina al confine con la Turchia sono esplosi a distanza ravvicinata dall’ospedale, quanto basta per causare danni all’edificio e alle attrezzature. Tra i feriti risultano anche due bambini, che giocavano nel cortile dell’ospedale.
Secondo i recenti dati pubblicati dalle agenzie delle Nazioni Unite UNRWA (United Nations Relief and Works Agency for Palestine Refugees in the Near East) e UNDP (United Nations Development Programme) e secondo il Syrian Centre for Policy Research, 61 dei 91 ospedali siriani sono stati gravemente danneggiati e quasi la metà, il 45%, sono fuori servizio.
La copertura dei programmi di vaccinazione è crollata al 68%. Le drammatiche e precarie condizioni di igiene nei campi profughi da as-Salama, nel governatorato di Aleppo, a Yarmouk, alla periferia di Damasco, fanno crescere i casi di leishmaniosi, poliomielite, morbillo, meningite, tifo e colera, tra i sempre più affollati angusti spazi. Circa 80 mila bambini sono affetti da polio. La leishmaniosi è passata da 3 mila a 100 mila casi. Sono già 7 mila i casi di morbillo.
Tre donne su quattro non sono assistite durante il parto. Per il timore di un travaglio sotto le zone assediate e sotto i pesanti bombardamenti quotidiani, è raddoppiato il numero di parti cesarei (passati dal 19 al 45 per cento, con picchi del 75 per cento nelle città sotto assedio), in pronto soccorso improvvisati, illuminati solo con qualche vecchia torcia. I neonati prematuri rischiano di scomparire nelle incubatrici per i frequenti blackout elettrici. Il problema collaterale è la mancanza di latte artificiale, spesso disperatamente sostituito da semplici soluzioni di acqua e zucchero.
Scarseggiano i farmaci salvavita e i pazienti con malattie croniche possono contare solo su un accesso limitato e carente alle strutture sanitarie, secondo i dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. Nel governatorato di al-Raqqa, dove risiedono 500 mila sfollati, il numero di pazienti diabetici ha raggiunto i 21 mila: nessuno di loro ha possibilità di ricevere una terapia farmacologica adeguata. Nel centro di emodialisi di al-Thanaa a Damasco, una seduta su tre è stata cancellata per la scarsità di scorte. A causa della mancanza di farmaci chemioterapici, i trattamenti ciclici per cancro sono sospesi: 70 mila bambini sono malati di cancro e 5 mila sono in dialisi.
Circa il 50 per cento dei medici è fuggito all’estero: queste le stime di Save the Children. Il resto del personale medico è stato ucciso o imprigionato. Ad Aleppo, più di 2 milioni di persone sono assistite da soli 36 medici. Physicians for Human Rights (PHR) ha documentato la morte di 468 professionisti sanitari in Siria. Oltre 100 operatori sanitari sono stati giustiziati o torturati dalle forze governative. Nei tre anni di conflitto armato, l’ONG ha dimostrato 150 attacchi mirati contro strutture mediche. Dallo scorso gennaio sono stati contati almeno 14 attacchi.
Nell’ultimo report del PHR dello scorso maggio è descritta minuziosamente la situazione sanitaria in Siria. Ad Aleppo sono funzionanti solo 4 ospedali. A Qaboon, quartiere a nord-est di Damasco, sono funzionanti 2 dei 18 servizi sanitari. A Jobar, alle porte di Damasco, il villaggio dei ribelli conosciuto dal mondo per gli attacchi chimici dello scorso anno, non ci sono ospedali funzionanti e 1.900 persone sono completamente senza assistenza medica. A Damasco sono funzionanti 3 ospedali pubblici. Dallo scorso aprile, i decessi dovuti alla difficoltà di ingresso a strutture mediche sono almeno 191. Nena News