I combattenti, sostenuti dagli Usa, hanno riconquistato domenica un secondo distretto della “capitale” siriana dello Stato Islamico (Is). Ong per i diritti umani chiedono, intanto, alla coalizione internazionale di proteggere i civili rimasti in città. Scontri interni tra fazioni ribelli e jihadiste hanno provocato nel week end decine di morti ad al-Bab e a Maraat al-Numan
della redazione
Roma, 13 giugno 2017, Nena News – Continuano ad avanzare a Raqqa le Forze democratiche siriane (Sdf). Domenica i combattenti sostenuti dagli Usa hanno riconquistato un secondo distretto della “capitale” siriana dell’autoproclamato Stato Islamico (Is) e hanno riattaccato una base nel nord della città. Ad annunciare i progressi militari è stata la stessa forza curdo-araba in un comunicato ufficiale: “Abbiamo liberato il quartiere di al-Romaniya nella parte occidentale della città dopo due giorni di intensi scontri”. Secondo quanto dichiarato all’agenzia Ara dall’ufficiale delle Sdf, Habun Osman, l’Is avrebbe riportato “pesanti perdite” e almeno 15 jihadisti sarebbero stati uccisi dalle forze democratiche siriane.
L’avanzata dei combattenti appoggiati da Washington sembra essere al momento inarrestabile: dal 6 giugno scorso, data d’inizio delle operazioni, il variegato esercito a maggioranza curda ha già “liberato” il distretto di Mehsleb, di al-Romaniya e ha occupato quasi la metà di quello di al-Senaa. Proprio ad al-Senaa, sottolinea l’Osservatorio siriano dei diritti umani (Osdi), si sta giocando una partita molto importante: la sua conquista vorrebbe dire giungere alle porte della città vecchia.
Resta più difficile da espugnare la parte settentrionale di Raqqa dove i jihadisti riescono a difendersi meglio grazie alla presenza della base militare Divisione 17. Un tempo appartenente al governo siriano, l’area è stata poi conquistata dallo Stato Islamico nel 2014. La base, sostiene il direttore dell’Osdi, sarebbe stata “fortemente fortificata” dagli uomini del “califfo” proprio in previsione di un possibile attacco delle Sdf.
I combattimenti hanno luogo mentre in città restano ancora 160.000 abitanti (dati Onu). Secondo un attivista del collettivo “Raqqa è massacrata silenziosamente” chi è rimasto non può usufruire dell’elettricità e dispone di poca acqua. “Molte panetterie sono chiuse per mancanza di farina” il gruppo ha poi fatto sapere. Il rischio di una tragedia umanitaria è da tenere in conto visto che anche la copertura aerea dei “liberatori” della coalizione a guida Usa non è sempre “precisa”: sabato, ad esempio, un raid ha ucciso 24 civili dentro la città. Non è il primo caso degli “effetti collaterali” delle azioni belliche delle forze occidentali: da giorni diversi gruppi umanitari internazionali denunciano i rischi di vittime civili in città e hanno chiesto al blocco Usa di ridurre il più possibile i pericoli per la popolazione.
A unirsi all’appello è stata oggi anche Human Rights Watch (Hrw) che ha esortato gli Stati Uniti e i partner locali a ritenere una priorità la protezione dei civili e il rispetto dei diritti umani. Hrw, inoltre, ha invitato Washington a indagare sui raid che hanno colpito i civili, a rispettare i diritti dei detenuti, a fornire un passaggio sicuro per gli sfollati e a bonificare l’area dalle mine. Sempre domenica la coalizione avrebbe colpito anche la cittadina di al-Mayadeen (nel sud della Siria). Qui, scrive l’Osservatorio siriano, molti leader dell’Is avrebbero trovato rifugio da quando è iniziata l’operazione su Raqqa.
Resta tesa la situazione nel nord del Paese dove scontri interni tra fazioni dell’opposizione al presidente siriano al-Asad hanno provocato domenica un imprecisato numero di morti. Secondo alcune fonti locali, gruppi di ribelli sostenuti dalla Turchia si sono scontrati due giorni fa ad al-Bab riconquistata dallo Stato Islamico lo scorso febbraio. Si sono registrati combattimenti fratricidi anche a Maarat al-Numan nella provincia di Idlib tra l’Hayat Tahrir al-Sham (un’alleanza di vari gruppi islamisti dominata da al-Qa’eda) e altri gruppi ribelli. Il sito Masdar News vicino al governo siriano sostiene che le violenze sono divampate venerdì sera e avrebbero provocato decine di morti.
Intanto in un audio messaggio diffuso ieri dall’agenzia di stampa dell’Is, il portavoce dello Stato Islamico, Abi al-Hassan al-Muhajer, ha esortato i sostenitori del “califfato” a lanciare attacchi negli Usa, Europa, Russia, Australia, Iraq, Siria, Iran e nelle Filippine durante il mese sacro di Ramadan iniziato alla fine di maggio.
L’autenticità della registrazione non può essere verificata, ma la voce, sostengono gli analisti, sembra essere la stessa dei precedenti messaggi audio attribuiti ad al-Muhajer. Nena News