Sul banco degli imputati soprattutto il governo siriano per la sua campagna di “resa o fame” nella aree sotto assedio evacuate negli accordi di “riconciliazione” tra il 2016 e il 2017. Il ministro degli esteri russo Lavrov ritiene “legittima” la presenza di Teheran e Mosca nel Paese facendo preoccupare Israele che annuncia: “Ci occuperemo da soli della nostra sicurezza”
della redazione
Roma, 15 novembre 2017, Nena News – In un nuovo rapporto “O andiamo via o moriamo: sfollamenti forzati a seguito degli accordi di ‘riconciliazione’ in Siria“, Amnesty International (AI) ha denunciato lunedì le violazioni dei diritti umani causate dal governo siriano con la sua campagna di assedi, uccisioni e ed espulsioni forzate.
I fatti presi in esame dall’ong britannica risalgono al periodo agosto 2016 – marzo 2017, quando, durante gli accordi di “riconciliazione”, migliaia di abitanti di sei zone sotto assedio: (Daraya, Aleppo Est, al-Waer, Madaya, Kefraya e Foua) sono state evacuate forzatamente.
La ricerca di AI si basa su 134 interviste fatte tra aprile e settembre 2017 agli sfollati che hanno subito assedi e attacchi, agli operatori umanitari, agli esperti, ai giornalisti e ai funzionari delle Nazioni Unite.
Le accuse sono gravissime: “Mentre l’obiettivo dichiarato del governo siriano era quello di sconfiggere i combattenti armati – ha detto Philip Luther, direttore delle ricerche sul Medio Oriente e l’Africa del Nord di Amnesty International – il suo cinico uso della strategia ‘o resa o fame’ ha dato luogo a una devastante combinazione di assedi e bombardamenti che, in quanto parte di un attacco sistematico e diffuso contro i civili, costituiscono crimini contro l’umanità”.
Secondo le Nazioni Unite sono più di 500.000 le persone che vivono in aree assediate in Siria. Particolarmente grave, sottolinea l’Onu, è la situazione nel Ghouta orientale (vicino alla capitale Damasco) dove 400.000 cittadini sono a rischio di una “completa catastrofe” a causa del blocco degli aiuti.
Ma se il governo siriano è accusato di gravi crimini, non fanno migliore figura i ribelli” che, scrive AI, a Foua e Kefraya avrebbero interrotto gli aiuti attaccando contemporaneamente le aree abitate dai civili. Attacchi che, Amnesty, definisce ugualmente “crimini di guerra”.
Il bagno di sangue nel Paese non conosce, intanto, tregua. Lunedì un attacco aereo avvenuto ad Atereb (ovest di Aleppo) ha causato la morte di 61 persone secondo quanto riferisce l’Osservatorio siriano (vicino all’opposizione). Le forze jihadiste di Tahrir al-Sham hanno subito puntato il dito contro Mosca e hanno promesso di vendicarsi contro il governo e i suoi alleati russi e iraniani. “Questa aggressione conferma che non c’è soluzione con i colonizzatori se non la lotta e la battaglia” hanno detto i qa’edisti (chiamati in precedenza Fronte an-Nusra). Il raid risulta ancora più grave, osservano alcuni commentatori, perché è avvenuto in una delle zone di “diminuzione del conflitto” concordate ad Astana (Kazakhstan) da Turchia, Russia e Iran alcuni mesi fa con l’obiettivo di ridurre l’intensità della guerra. “[Le descalation-zone] l’hanno ridotta – ha detto alla Reuters il consigliere umanitario dell’Onu, Jan Egeland – ma recentemente c’è stato un aumento dei conflitti”
Incurante degli attacchi provenienti da AI e dai gruppi jihadisti, ieri il presidente Bashar al-Asad ha ricevuto i partecipanti del “Forum arabo per combattere l’alleanza reazionaria Usa-sionista e per sostenere la resistenza del popolo palestinese”. Durante il suo discorso, al-Asad ha spiegato che le questioni che riguardano la nazione araba e il panarabismo richiedono un serio lavoro per allontanare alcuni concetti che minano le relazioni tra l’arabismo e l’Islam sottolineando come il primo, insieme al panarabismo, sia una condizione umana, culturale ed evoluta”.
Al-Asad è apparso sereno: le sue truppe continuano ad avanzare nei territori occupati precedentemente dall’autoproclamato Stato Islamico e l’endorsement iraniano e russo, vera bombola di ossigeno per il regime, continua ad essere forte. Emblematico quanto detto ieri dal ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov. Il diplomatico russo, infatti, ha dichiarato che la presenza di Russa e Iran sul suolo siriano è “legale” perché è richiesta esplicitamente del governo siriano “nella guerra contro il terrore”. Tutt’altro che “legittima” invece, ha poi aggiunto, quella della coalizione a guida statunitense che “compie operazioni militari, anche indipendenti, soprattutto per fornire aiuto ai gruppi armati di opposizione”. Sul ruolo svolto dagli statunitensi in Siria è stato molto netto ieri anche il ministero degli esteri siriano secondo cui la presenza di forze Usa senza l’approvazione del governo è nei fatti “un atto di aggressione, un attacco alla sovranità della Repubblica araba siriana”. La presenza di Washington, si legge ancora nella nota, sta soltanto “prolungando e complicando la crisi”.
Ma la presenza “legittima” di Lavrov degli iraniani preoccupa (e non poco) Tel Aviv. In un comunicato rilasciato ieri dall’ufficio del premier israeliano, si legge infatti che “Israele ha già chiarito la sua posizione con i suoi amici a Mosca. Il primo ministro Netanyahu ha detto al presidente Putin che, in qualunque eventualità, lo stato ebraico continuerà ad occuparsi della propria sicurezza [da sola]”.
Il comunicato giunge a distanza di alcuni giorni dall’accordo Trump-Putin che prevede un ritiro delle forze straniere in Siria e la creazione di una zona cuscinetto tra i ribelli e le forze di al-Asad e dei suoi alleati filo-iraniani. Secondo i termini dell’intesa, temono gli israeliani, questa “buffer zone” potrebbe tenere a 5-7 chilometri forze iraniane, quindi milizie nemiche dello stato ebraico. Uno scenario che Tel Aviv respinge con forza, soprattutto alla luce del fatto che la base iraniana a soli 60 chilometri dal territorio israeliano non verrà smantellata.
Netanyahu, intanto, è pressato anche dai drusi. Ieri la guida religiosa della comunità drusa d’Israele, shaykh Mowafak Tarif, ha chiesto al premier una riunione di emergenza per discutere su quanto accade nella cittadina siriana drusa di Hader, attaccata recentemente da gruppi jihadisti. Tarif chiede al governo che i suoi correligionari siano protetti da future aggressioni e che siano predisporti piani per il futuro della cittadina. Nena News
Ma ti sembra decoroso, oltrechè credibile, riprendere, diffondere e così avallare le porcherie di quella centrale di disinformazione del Dipartimento di Stato che è Amnesty?