Un ministro saudita si è precipitato a Raqqa appena strappata dalle Fds allo Stato islamico assieme all’inviato speciale Usa. Sul piatto il futuro del nord della Siria e le aspirazioni del popolo curdo
di Michele Giorgio il Manifesto
Roma, 23 ottobre 2017, Nena News – È impossibile non vedere un collegamento tra le parole pronunciate venerdì dal generale e portavoce delle Forze democratiche siriane, Talal Sillo – «Il futuro politico di Raqqa sarà determinato nel quadro di una Siria decentrata, federale e democratica», ha detto – e la visita alla città appena strappata allo Stato Islamico del ministro saudita per gli affari del Golfo Thamer as Sabhan, accompagnato dall’inviato speciale Usa, generale Brett McGurk. E non è insignificante che i liberatori, in gran parte curdi delle Ypg, abbiano subito consegnato il controllo di Raqqa, città araba oltre i confini del Rojava, non al governo bensì al “Consiglio Civile di Raqqa” formato dai rappresentanti di clan sunniti locali. Il riferimento di Sillo alla «Siria federale» ha fatto scattare l’allarme a Damasco. «Il futuro di Raqqa sarà deciso all’interno della struttura dello Stato siriano», ha replicato il ministro siriano per la riconciliazione nazionale Ali Haidar.
La preoccupazione delle autorità siriane è ben fondata. Se da un lato i curdi da tempo teorizzano una nuova Siria, “federale”, in cui potrà trovare realizzazione la loro aspirazione alla piena autodeterminazione, dall’altro il sostegno diretto che ricevono dagli Stati uniti e l’arrivo a Raqqa del ministro saudita, indicano che è in corso una partita a scacchi dagli esiti incerti e pericolosi. La visita di as Sabhan non può essere letta come un sincero interesse di Riyadh per la ricostruzione di Raqqa distrutta per l’80% da bombardamenti aerei e combattimenti. Il ministro non ha solo incontrato i membri del Consiglio Civile. Ha anche avuto un lungo colloquio con l’ex capo della Coalizione siriana dell’opposizione, Ahmad al Jarba, che aveva reclutato tanti combattenti sunniti per farli unire ai curdi nelle Fds.
Con al Jarba, secondo indiscrezioni di fonte siriana, il ministro avrebbe discusso dell’appoggio saudita, anche economico, alla separazione dalla Siria attuale di Raqqa e di altre porzioni del nord del Paese. Per il giornale online Raia al Youm, l’Arabia saudita mettendo subito piede a Raqqa e mostrandosi vicina ai curdi siriani, segnala a Turchia e Iran, suoi avversari, che avrà un ruolo di primo piano nella definizione del futuro del nord della Siria in armonia, naturalmente, con gli interessi degli Stati Uniti. «Riyadh – spiega Raia al Youm – così facendo ha anche voluto ringraziare il presidente Donald Trump per il suo rifiuto di certificare l’accordo sul programma nucleare iraniano e per le accuse di sostenere il terrorismo e minare la stabilità della regione che ha rivolto a Tehran».
Cosa l’Arabia saudita stia concretamente cucinando non è del tutto visibile. Certo è che l’appoggio della monarchia Saud alla causa curda ha ben poco a vedere con la realizzazione dei diritti dei popoli oppressi. I curdi, pensa Riyadh, con la loro lotta per l’autodeterminazione possono indebolire Siria e Iraq e aiutare indirettamente a contenere l’influenza iraniana in quei Paesi. Per questo, quattro mesi fa, Saleh Muslim, capo delle Fds, è stato ricevuto con tutti gli onori dall’Arabia saudita, dove aveva vissuto per 13 anni tra gli anni ’70 e ’80. In queste ore inoltre i media vicini all’Arabia saudita denunciano il sostegno che Tehran sta offrendo all’offensiva militare di Baghdad nel nord contro i curdi rappresentati come vittime dell’espansionismo iraniano.
I disegni e le speranze dei sauditi però potrebbero rivelarsi inconsistenti, dice l’analista Nidal Hamadeh, alla luce della «inaffidabilità» di Washington «resa evidente – spiega – proprio dalla vicenda di Kirkuk, dove gli americani non hanno mosso un dito per aiutare gli storici alleati curdi iracheni». E lo stesso, aggiunge l’analista, potrebbe accadere anche a Raqqa se Damasco, con l’appoggio del gruppo di Astana (Russia, Turchia e Iran), deciderà di togliere con la forza alle Fds e ai curdi il controllo di quella città. Nena News
Mi spiegate che analisi sarebbe definire l’interesse saudita come rilevante nelle decisioni dei confederalisti con tanto di grassetto “non al governo bensì al “Consiglio Civile di Raqqa” “.
Beh grazie tante, sono le forze confederaliste e stanno facendo questo da anni, semplicemente la stampa italiana evita di parlarne e anche voi ne parlate solo quando la notizia è abbastanza grande da essere inevitabile.
Le forze confederaliste procedono secondo il loro modello politico, che poi ci siano interessati ad appoggiarle pur di togliere a damasco più posizioni possibili è ovvio ma questo non significa che le decisioni delle sdf siano prese in base a questo (come testimoniano sul piano militare le offensive di manbiji e di deir ez zor ma soprattutto come dimostrano le scelte economiche che non sono certo in direzione di collaborare con le potenze di cui si parla).
Per cui l’arabia saudita può cucinare quello che vuole ma sempre la solita risposta troverà in rojava.
Ad ogni modo a differenza dell’iraq in siria se gli alleati usa perdono territori vanno diretti a siria, iran e russia. quindi al momento non sembra un’opzione che nessuno voglia affrontare, tanto più che gli alleati in zona restano solo i confederalisti.
Magari se vi sfugge fra un approfondimento sulla palestina e l’altro potreste raccontare quali sono le idee dietro il confederalismo democratico, e magari qualcuno potrebbe capirci qualcosa per sbaglio, si, può essere contagioso ma è la prima cosa da decenni con cui si rischierebbe di cambiare qualcosa piuttosto che ripetersi.
Alcuni degli approfondimenti sul confederalismo democratico pubblicati in questi anni:
http://nena-news.it/un-medio-oriente-in-comune/
http://nena-news.it/perche-lautonomia-di-rojava-non-e-la-separazione-della-siria/
http://nena-news.it/dentro-haseke-il-progetto-rojava-oltre-il-popolo-kurdo/
qui una selezione di pezzi su Rojava: http://nena-news.it/?s=rojava