Ieri a gran maggioranza i parlamentari europei hanno espresso “grave preoccupazione” per il duro giro di vite recentemente attuato da Manama contro l’opposizione. Il direttore dell’Istituto per i diritti umani nella piccola monarchia sunita, Sayed Ahmed al-Wadei, esulta: “è una decisione storica”

Nel cartello Shaykh Ali Salman, leader di al-Wefaaq (Foto: Mohammed al-Shaikh/Agence France-Presse/Getty Images)
della redazione
Roma, 8 luglio 2016, Nena News – Ieri il parlamento europeo ha condannato a grande maggioranza la dura repressione attuata dalle autorità bahrenite nei confronti dell’opposizione. La risoluzione passata ieri a Bruxelles ha espresso “grave preoccupazione per la campagna di repressione” in corso nel piccolo arcipelago del Golfo e ha chiesto l’immediata liberazione dell’attivista per i diritti umani Nabeel Rajab e del leader del maggior partito di opposizione (al-Wefaaq), Sheykh Ali Salman.
Il testo votato ieri, inoltre, ha invitato Manama a rilasciare i prigionieri detenuti “arbitrariamente” e a porre fine alla pratica della rimozione della cittadinanza utlizzata dalle autorità locali per silenziare il dissenso. Ad essere colpito recentemente da questa disposizione è stato l’importante leader religioso sciita Shaykh Isa Qassim. Il caso di Qassim, ha sottolineato Bruxelles, non costituisce però una eccezione: più di 300 bahreniti (tra cui politici, giornalisti e figure religiose) sono stati “ingiustamente” privati della cittadinanza.
Il voto europeo di ieri è stato accolto con soddisfazione dal direttore dell’Istituto per i diritti umani e la democrazia nel Bahrein, Sayed Ahmed al-Wadaei, che ha parlato a tal proposito di decisione “storica“. “La maggioranza dei parlamentari dell’Unione Europea – ha detto in una nota – ha condannato il Bahrain per il suo terribile record nel campo dei diritti umani e per la sua repressione”. “Ciò – ha aggiunto – si deve ora tradurre in azione da parte degli stati membri”.
Nell’ultimo mese il giro di vite deciso da re Hamad al-Khalifa (monarca sunnita in un Paese a maggioranza sciita) è stato durissimo. A inizio giugno la nota attivista Zainab al-Khawajah è stata costretta ad andare in esilio in Danimarca perché minacciata di essere nuovamente arrestata per un periodo di tempo “indefinito” e separata così dai suoi figli. Una settimana dopo è stato il turno del difensore dei diritti umani Nabeel Rajab che è stato incarcerato per “aver insultato gli organi dello stato” e “diffuso dicerie in tempo di guerra”. Messo in isolamento, dopo 15 giorni Rajab è stato trasportato d’urgenza in ospedale perché il battito del cuore era irregolare. Le sue condizioni precarie di salute non hanno prodotto alcun gesto di clemenza da parte degli al-Khalifa: una volta dimesso, infatti, è stato condotto nuovamente in cella.
Il 14 giugno una corte amministrativa locale ha decretato la sospensione di al-Wefaaq, il maggiore blocco di opposizione all’interno del parlamento bahrenita. Non paga, Manama ha poi tolto, come detto, la cittadinanza ad al-Qassim generando profonda rabbia tra i suoi sostenitori che sono scesi numerosi nelle strade del suo villaggio per protestare contro la misura adottata dalla monarchia. Una protesta che non è piaciuta affatto a re Hamad: secondo i residenti, per ritorsione il piccolo centro è “sistematicamente” privato di Internet e di copertura telefonica.
Sebbene il testo passato ieri rappresenti un duro attacco alla gestione autoritaria del potere degli al-Khalifa, concretamente nulla cambierà. Gli interessi economici in ballo per le forze europee e stutunitensi sono troppi nel piccolo Paese del Golfo: gli Usa hanno qui la V flotta della Marina e Londra sta finendo di costruire la sua base militare (grazie ai soldi forniti per lo più da Manama). Le critiche diventeranno calorose strette di mano quando i leader europei incontreranno a fine luglio i ministri del Consiglio di Cooperazione del Golfo (di cui fa parte anche il Bahrain) per discutere di nuovi progetti di cooperazione e della stabilità della regione. Nena News