L’episodio è avvenuto due giorni fa ad al-Khan al-Ahmar dove si trova la struttura scolastica realizzata con pneumatici, argilla e legno.
della redazione
Roma, 3 aprile 2015, Nena News – Due giorni fa le forze armate israeliane hanno fatto irruzione nel villaggio beduino di al-Khan al-Ahmar e, secondo un ufficiale di Fatah, avrebbero sequestrato 12 pannelli solari portatili donati agli abitanti dall’Istituto di Ricerca Applicata di Gerusalemme. Nel corso del raid militare un bambino è stato aggredito ed è stato portato all’ospedale di Gerico in stato di incoscienza.
Sul suo sito l’ong italiana “Vento di Terra”, ideatrice del progetto Scuola di Gomma ad al-Khan al-Ahmar, smentisce “per il momento” il furto dei pannelli solari che sono utilizzati dalla struttura scolastica. Tuttavia, ricorda che “solo un anno fa Israele sequestrò i giochi della Scuola di Gomme appena donati dal governo italiano”.
La “scuola di Gomme” si trova a Khan al-Ahmar (un campo beduino tra Gerusalemme e Gerico) e ospita cento bambini della comunità Jahalin. La scuola in architettura bioclimatica e dotata di un impianto fotovoltaico, è stata progettata dal gruppo ARCò (Architettura e Cooperazione). Realizzata in due settimane nel 2009, la struttura è riconosciuta dal Ministero dell’Istruzione palestinese e ospita al momento cinque classi elementari. L’edificio, “non permanente” dal punto di vista strutturale, è stato realizzato con pneumatici, argilla e legno per non contravvenire ai regolamenti militari israeliani che vietano la costruzione non autorizzata di edifici in area C (quello sotto il totale controllo israeliano).
L’accampamento di al-Khan al-Ahmar si trova nell’area di Jahalin in cui vi sono altri 20 villaggi beduini. I militari israeliani hanno più volte chiuso diverse strade in questa zona nel tentativo di allontanare la popolazione che vi risiede. Jahalin, infatti, si trova nel corridoio E1 che collega Gerusalemme e la colonia di Maale Adumim, un territorio su cui Tel Aviv da tempo mira a costruire nuove unità abitative per coloni.
L’incombente minaccia che grava sui beduini ha generato una vasta rete di solidarietà tra i palestinesi che, dall’inizio di febbraio, mantengono un sit-in di protesta denunciando il piano di deportazione della popolazione locale. In un progetto di legge presentato la scorsa estate, infatti, il governo Netanyahu ha proposto di liberare l’area dalla presenza beduina (distruggendo i loro 20 villaggi) così da disporre delle terre necessarie per costruire la cintura di colonie. Le associazioni umanitarie locali sono insorte sostenendo che il trasferimento forzato di popolazione equivale a un “furto di terra” e che “il tentativo di Tel Aviv di annettere l’area E, è cruciale ed efficace per tagliare la Cisgiordania in due”.
Parole simili sono state pronunciate già lo scorso settembre quando 42 organizzazioni palestinesi, internazionali e israeliane hanno denunciato “lo spostamento coatto dei beduini fuori dalla zona politicamente sensibile, denominata ‘periferia di Gerusalemme’ o ‘E1′, in cui Israele da tempo intende demolire 23 villaggi beduini così da ampliare e collegare gli insediamenti costruiti in violazione del diritto internazionale”.
La maggior parte dei beduini in Israele e in Cisgiordania si è ormai sedentarizzata. Tuttavia, alcuni di loro mantengono uno stile di vita semi-nomade risiedendo sì in villaggi permanenti, ma spostandosi nelle zone adiacenti per il pascolo del bestiame. Le restrizioni di movimento imposte dagli israeliani ai palestinesi, i progetti di costruzione di nuove colonie sulle terre precedentemente utilizzate dai beduini e la costruzione del Muro di Separazione per tagliare la Cisgiordania, hanno gravemente ridotto la tradizione del nomadismo beduino. Nena News